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Quando Castellammare era Stabiae, il luogo dell'otium della nobiltà imperiale

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AGI – È intitolato a Libero d’Orsi, l’archeologo che negli anni ’50 studiò il territorio con grande amore scoprendo le prime ville patrizie, il nuovo museo dell’area archeologica intorno a Pompei, quella di Stabiae, l’attuale Castellammare di Stabia, in epoca imperiale luogo privilegiato di villeggiatura e riposo dell’alta nobiltà romana.

Un museo in una reggia

Il nuovo spazio museale è negli storici ambienti della Reggia di Quisisana, dalla cui terrazza si può ammirare un panorama del golfo di Napoli  da cartolina, lo stesso visto da Plinio il vecchio mentre moriva, e permette di conoscere un patrimonio custodito negli ultimi 30 anni in depositi non visitabili.

Il percorso, curato dagli specialisti del Parco Archeologico di Pompei, offre un quadro complessivo di Stabiae e del suo ager dall’età arcaica fino all’eruzione del 79 dopo Cristo. Le prime sale sono però dedicate alla storia della Reggia e delle ricerche archeologiche, soprattutto quelle di epoca borbonica e poi proprio quelle di d’Orsi. Ci sono poi le collezioni della Stabia preromana, in particolare materiali che vengono dal santuario in località Privati, datati da metà IV secolo a.C. fino alla fine del II secolo a.C., riferibile al culto di una divinità femminile non meglio identificata; e i corredi funerari della necropoli arcaica di via Madonna delle Grazie, che risalgono alla seconda metà del VII secolo avanti Cristo fino alla fine del III secolo avanti Cristo.

Le ville romane ricostruite

Il periodo romano, fino appunto ai giorni dell’eruzione del Vesuvio, è ricostruito con un criterio espositivo non solo cronologico ma anche topografico e attraverso approfondimenti tematici. Infatti nell’area dell’odierna Castellammare di Stabia sorgevano ville cosiddette d’otium in posizione panoramica, con giardini, peristili, ampi quartieri abitativi, strutture termali, portici e ninfei splendidamente decorati.

Tra i reperti esposti, quelli che provengono da Villa San Marco ma anche la Villa del Pastore, dal Secondo complesso e da Villa Arianna. Villa San Marco aveva una superficie di 11000 metri quadrati ed era una delle più grandi, mentre Villa Arianna è quella con le decorazioni più raffinate. In questa sezione, c’è un primo approfondimento tematico dedicato all’alimentazione ed è esposto il triclinio della villa di Carmiano, una delle 50 ville rustiche sul territorio, allestito con piatti di terracotta, oggetti di vetro, vasellame da cucina e anfore. Esposte anche le pareti affrescate di questo triclinio, pitture a tema dionisiaco che si riferiscono alla produzione del vino, attività principale proprio in questa villa rustica.

Il carro di bronzo e i finimenti

Ma tra i reperti che possono essere di nuovo visti, c’è anche il carro in bronzo di Villa Arianna, esposto per la prima volta con i finimenti per gli animali, approfondimento tematico sui lavori agricoli e sulle produzioni tipiche del territorio stabiese, illustrato anche con un campionario di attrezzi e anfore. Di alcune ville poi viene proposta la ricostruzione completa di ambienti fin dalla decorazione parietale.

“E’ un momento storico perche finalmente riusciamo a dare un utilizzo dignitoso a questo contenitore straordinario – spiega Massimo Osanna, direttore dei Musei italiani – finalmente restituiamo alla comunità un patrimonio per troppo tempo chiuso in casse e che andava all’estero ma che qui non poteva essere fruito. E’ stato anche fatto un piccolo miracolo, riutilizzando antiche vetrine dell’Antiquarium degli anni ’50”. Per la seconda parte del museo, di cui deve iniziare la progettazione, anticipa Osanna, “c’è un’ala del primo piano. E faremo serie di convenzione con le università. Questo luogo si deve popolare di turisti, visitatori, studenti docenti, cittadini”.  
 

Vedi: Quando Castellammare era Stabiae, il luogo dell'otium della nobiltà imperiale
Fonte: cultura agi


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