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Pubblico impiego: l’Italia non è un paese per giovani

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Di Daiana De Luca (Responsabile Comunicazione Confedercontribuenti)


 

Mentre la disoccupazione under 35 torna a salire per la prima volta dopo quattro anni e l’Italia si conferma tra i paesi col più basso tasso di natalità d’Europa, la Pubblica Amministrazione perde circa 190 mila dipendenti, esodo che è destinato a proseguire.

Lo scenario prospettato nella ricerca che apre il Forum P.A. di quest’anno fotografa una vera e propria “fuga dall’Amministrazione”  che potrebbe, si stima, vedere nel 2021 il superamento dei pensionati pubblici sui dipendenti. Pare che il cosiddetto turn over, auspicato da tanti giovani laureati e disoccupati, possa subire dei rallentamenti, a causa dei lunghi tempi previsti per l’espletamento delle procedure concorsuali.

Nel frattempo, in una Pubblica Amministrazione sempre più invecchiata dalla lunga fase di assunzioni contingentate, si stima che un lavoratore su quattro abbia più di 62 anni; il dato è ancor più sconfortante se si auspica di avere a che  fare con un’Amministrazione “smart”,  e se consideriamo che negli ultimi 10 anni, a fronte di scelte istituzionali non proprio strategiche, sono stati fatti tagli del 41% per le spese di formazione del personale alle dipendenze della P.A. Dunque, “a fronte di quei 3,2 milioni di impiegati pubblici, i pensionati sono già  3 milioni”, vien fatto notare. “Un numero destinato a crescere, è l’avvertimento, perché i “pensionabili” – considerata anche la cosiddetta Quota 100 (ndr) – sono molti”.

Sarebbe, a questo punto, auspicabile un vero e proprio piano di assunzioni qualificate per favorire il ricambio generazionale e dare ossigeno soprattutto ai giovani che da tanto, ormai, attendono lo “sblocco” dei concorsi pubblici, in un paese, il nostro, sempre più anacronistico.


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