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Perché la crisi in Libano rischia di creare una nuova emergenza migranti

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Sono trascorsi oltre sei mesi dalle elezioni parlamentari libanesi del 6 maggio e lo stallo sulla formazione di un nuovo governo sembra più profondo che mai. Alcune settimane fa, il principale ostacolo all’interno dei rappresentanti di religione cristiana sembrava essere stato chiarito, ma ne è emerso uno nuovo quando Hezbollah ha insistito affinché un ministro sunnita venisse nominato al di fuori del blocco a sostegno del premier Hariri.

Qualcuno intravede la mano dell’Iran

Una richiesta ritenuta inaccettabile per il primo ministro designato e che ha portato a un nuovo blocco nel processo di formazione del governo. Secondo i nemici di Hezbollah questo nuovo ostacolo sarebbe stato ispirato dall’Iran, e i diplomatici occidentali presenti a Beirut sono dello stesso avviso, secondo quanto riportato dalla fondazione Carnegie. I diplomatici – secondo la fondazione – ritengono che l’Iran abbia interesse a mantenere lo stallo nella formazione del governo libanese come risposta alle sanzioni statunitensi. Teheran mira infatti a respingere le sanzioni di Washington e accelerare le misure dell’Unione europee per salvaguardare così l’accordo sul nucleare e impedire un brusco calo delle vendite petrolifere.

Una situazione finanziaria molto precaria

Al di là di quali siano le ragioni del lungo stallo di governo, esso sta avendo risvolti negativi sull’economia libanese. Il Paese ha al momento il terzo rapporto debito/PIL a livello mondiale, ed esso è attualmente in aumento. Secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, le condizioni macrofinanziarie del Libano sono sottoposte a severi controlli e il debito continuerà a salire in un percorso insostenibile verso il 155 per cento del PIL entro la fine di quest’anno.

 Nel rapporto vengono inoltre declassate le previsioni di crescita del Libano per il 2018 dal 2 all’1 per cento. Secondo i finanziatori internazionali di Beirut, sono necessarie in tempi brevi riforme fiscali e del settore pubblico, impossibili senza la formazione di un governo e senza le quali il Paese può precipitare in un tracollo economico.

In fuga verso Cipro

L’attuale situazione economica del Libano sta avendo un impatto sulla parte più vulnerabile della sua popolazione, in primo luogo sui rifugiati. In questa situazione, molti siriani e palestinesi stanno cercando di raggiungere Cipro, distante via mare circa 260 chilometri dalle coste libanesi. Lo scorso settembre questa situazione è divenuta di dominio pubblico quando un’imbarcazione è affondata al largo delle coste del Paese, causando la morte di un bambino. A ottobre, invece, la forza ad interim delle Nazioni Unite in Libano ha salvato 32 rifugiati rimasti per giorni senza carburante né cibo.

Cipro sta già affrontando l’aumento di richieste di asilo in Europa durante quest’anno. Nel periodo 1-4 settembre, 140 rifugiati sono arrivati sull’isola, e nei primi otto mesi del 2018 sono state presentate circa quattromila richieste asilo, in aumento del 55 percento rispetto all’anno scorso. 

Vedi: Perché la crisi in Libano rischia di creare una nuova emergenza migranti
Fonte: estero agi


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