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Partiti cauti su Draghi a Palazzo Chigi, solo Salvini lo invoca 

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Un po’ per tattica un po’ per buonsenso, le forze politiche – fatta eccezione per la Lega – appaiono caute sull’ipotesi di un governo di unità nazionale guidato dall’ex governatore della Bce, Mario Draghi. Anche nell’opposizione dove, almeno sulla carta, l’opzione Draghi rappresenterebbe una grande occasione per porre fine al governo giallo-rosso l’idea non entusiasma.

Tutti sono concordi nel ritenere che quella sorta di ‘manifesto’ programmatico che il professore ha inviato al Financial Times rappresenti la via da seguire per uscire dalla crisi economica in cui il coronavirus ha infilato l’Italia. I cori di apprezzamento tuttavia si estinguono nel momento in cui si comincia a parlare di avvicendamento a Palazzo Chigi.

“Se serve un governo Draghi? Noi adesso pensiamo solo all’emergenza, non speculiamo, non facciamo trame né polemiche e farebbe bene anche la maggioranza ad evitarle”, sottolinea il vice presidente di Forza Italia, Antonio Tajani. Ancora più netta Giorgia Meloni: “I governi non si fanno per alchimie. Preferisco il voto popolare”.

Persino Matteo Renzi, che fa il nome di Draghi già prima dell’esplodere dell’emergenza, non scopre ancora le sue carte e, a domanda diretta sul governo di unità nazionale, risponde: “Non tiro per la giacchetta Mario Draghi. Non lo candido a nulla, ma dico: lui che è stato il custode delle regole europee, con tempismo ci indica la strada giusta, dicendoci che serve un’economia di guerra”. 

Torna il ‘tiro della giacchetta’

L’immagine della giacchetta è quella che più ricorre nei commenti politici (oltre a Renzi la utilizzano tra gli altri il capo politico del M5s, Vito Crimi, e la presidente dei senatori di Forza Italia, Anna Maria Bernini), e rimanda immediatamente all’arrivo a Palazzo Chigi di un altro professor Mario che con Draghi condivideva la frequentazione dei palazzi di Bruxelles e una certa confidenza con le cancellerie europee.

Era il 2011 quando il senatore Mario Monti fu chiamato da Giorgio Napolitano, dopo la nomina a senatore a vita da parte dello stesso Capo dello Stato, a rimettere in piedi i conti italiani esposti alle speculazioni internazionali. Anche in quel caso, i più proclamavano di non volere tirare Monti per la giacchetta. Monti arrivò comunque a Palazzo Chigi.

L’unico a chiamare a gran voce il nome di mario Draghi è Matteo Salvini che ha già avuto modo di spiegare perchè l’ex numero uno di Eurotower sarebbe per lui la carta da giocare in questo momento: “Ha il fisico per reggere il confronto con Merkel e Macron”. 

La fumata nera al Consiglio Ue

In realtà, come è emerso ieri durante il Consiglio Europeo in video-conferenza, l’Italia in questo momento è schierata con Francia e Spagna per chiedere all’Europa un immediato e importante impegno per finanziare gli investimenti e immettere liquidità nel sistema economico e produttivo dei Paesi europei, attraverso strumenti come gli eurobond, quindi con il debito. Una posizione osteggiata dai ‘rigoristi’ Olanda e Austria, con la Cancelliera tedesca Angela Merkel a cercare di mediare a favore dei Paesi mediterranei.

Poco importa a Salvini che, chiedendo a gran voce la discesa in campo dell’europeista Mario Draghi, dice contemporaneamente che se l’Europa continuerà a non decidere l’Italia dovrebbe dirle “addio”. A Salvini risponde il ministro dem agli Affari Europei con un laconico “per andare dove? Una classe dirigente”, aggiunge Amendola, “non può un giorno incensare Draghi e il giorno dopo pensare all’Italexit”.

Polemiche a parte, quello di Salvini è uno sfogo che nasce dalla fumata nera arrivata ieri dal vertice dei capi di stato e di governo europei. Ci si attendeva che, di fronte all’emergenza, venissero accantonate rivalità e pregiudizi fra Paesi del Nord e del Sud. Non è stato così e, di fatto, la riunione è stata aggiornata. I leader si rivedranno fra due settimane, ere geologiche in un momento di emergenza sanitaria ed economica come quello vissuto dal Vecchio Continente.

Conte tiene il punto

Ed è andata pure bene, perché inizialmente Olanda e Austria avrebbero voluto far passare tre settimane prima di rivedersi. È stata Merkel, ancora una volta, a fare da mediatrice fra le richiesta di Italia, Francia, Spagna e altri sei Paesi di rimandare il vertice alla prossima settimana e quella dei rigoristi.

Il premier Giuseppe Conte, i ogni caso, sembra aver tenuto il punto: no al ricorso al Mes con condizionalità (ovvero con la restituzione del prestito in termini di riforme lacrime e sangue), tanto che il nome del Fondo salva Stati non è nemmeno comparso nel documento finale. “Nessuno pensa a mutualizzare il debito pubblico”, ha chiarito Conte in quello che è apparso come un vero e proprio sfogo: “Ciascun Paese risponde per il proprio debito pubblico e continuerà a risponderne”. ​

Tutti per il ‘bazooka’

Il quadro economico appare, dunque, ancor meno rassicurante di ieri (e le borse europee ancora in sofferenza stanno lì a certificarlo). “Gli Stati membri dell’Unione Europea ce la faranno a contrastare le terribili conseguenze solo con uno sforzo comune. Sono purtroppo le logiche sovraniste che stanno azzoppando l’Unione”, è la linea del Pd esposta dal responsabile Economia Emanuele Felice: “Come ha sottolineato Mario Draghi, la strada da percorrere è quella di mettere da parte le rigidità del debito e di promuovere ad un livello coordinato massicci investimenti pubblici che sostengano, con azioni immediate, il crollo di quelli privati e il blocco temporaneo della produzione. 

Per questo motivo gli strumenti finanziari europei del passato devono essere adeguati al contesto attuale, mai conosciuto fino ad oggi, di una pandemia mondiale”. E se il nome di Draghi per un possibile avvicendamento a Palazzo Chigi viene pronunciato con cautela, il suo ‘bazooka’ anti crisi è invocato da più parti come, del resto, l’istituzione di una cabina di regia per la ripartenza.

Ne parla, tra gli altri, il vice presidente di Forza Italia, già presidente del Parlamento Europeo: “Noi siamo disposti a dare il nostro contributo, ma serve un tavolo politico con Conte e i leader dell’opposizione per confrontarsi sulle grandi decisioni strategiche”, spiega Tajani: “Poi chiediamo un altro luogo di confronto tra il ministro Gualtieri e i responsabili economici dei nostri partiti, e infine un coordinamento parlamentare come quello previsto. In più, serve che ogni provvedimento sia affidato a due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione”.

La cabina di regia

Una cabina di regia con la partecipazione di tutte le forze politiche è invocata anche dall’ex presidente della Camera Pierferdinando Casini: “Il governo dovrebbe istituirla fin da adesso per affiancare il premier e il ministro dell’Economia. E per il dopo bisognerà mettere al capezzale del Paese personalità credibili in grado di rappresentare l’Italia”, dice Casini senza nominare l’ipotesi di un governo guidato da Mario Draghi.

“Sarà il presidente della Repubblica a decidere quale sarà il percorso. Certo io penso che le persone che hanno più credibilità difficilmente possano rifiutare la chiamata della patria”, afferma Casini: “C’è un tempo di guerra e c’è un tempo di pace. Ora siamo in tempo di guerra: le diserzioni non sono possibili. Adesso il governo Conte deve essere sostenuto da un’ampia maggioranza parlamentare perché una crisi oggi finirebbe per aggravare l’emergenza. Poi si farà punto a capo e inizierà una stagione nuova”.     

Il Colle concentrato sull’emergenza

Di certo, il Quirinale in queste settimane è concentrato solo ed esclusivamente sulla battaglia contro l’epidemia e non valuta nel computo delle diverse ipotesi una crisi di governo che, date le condizioni, sarebbe solo un danno per il Paese. Ovviamente l’intervento di Draghi è stato apprezzato, ma come dimostrazione di impegno civico europeo.  

Draghi supercommissario?

Dal Partito Democratico è già arrivato un ‘No’ forte e chiaro a soluzione pasticciate e politicamente strumentali, per usare le parole di Goffredo Bettini. Sul valore di una personalità come Mario Draghi anche il giudizio dei dem è pressochè unanime. Tanto che, viene riferito da fonti parlamentari, fra i dem c’è chi ha avanzato nelle scorse ore di sfruttare la competenza di Mario Draghi senza costringerlo a scendere nell’agone politico.

L’idea è quello di affidargli un incarico da ‘supercommissario’ alla ricostruzione. Al momento si tratta di una suggestione che, però, avrebbe il vantaggio di non esautorare Giuseppe Conte – verso il quale il giudizio dei dem, al netto degli errori nella comunicazione, è ancora positivo, ed evitare i nuovi scossoni all’economia che un periodo di ‘vacanza’ seppure breve di Palazzo Chigi inevitabilmente genererebbe. 

Vedi: Partiti cauti su Draghi a Palazzo Chigi, solo Salvini lo invoca 
Fonte: politica agi


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