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Parere negativo sulla centrale di Krško: che errore per l’Italia

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di Umberto Minopoli

La produzione elettrica europea, a partire dalle centrali nucleari europee (125), diventa per la Comunità asset strategico per sostituire il gas russo. La Commissione nel RePower EU, la risposta all’emergenza gas russo, ha proposto di elevare subito la quota di elettricità attualmente prodotta dalle centrali nucleari europee di 44 terawattora entro 8 anni. Significa nuove centrali nucleari (quelle già in costruzione), ma soprattutto il prolungamento di attività delle centrali operative che sono nelle condizioni di poterlo fare. La centrale di Krško in Slovenia è una di queste.

Anche per questa ragione, strategica ed europea, è incomprensibile la decisione del Ministero della Transizione di esprimere parere negativo al prolungamento di attività di quella centrale. Parere espresso in difformità da quello favorevole degli organismi tecnici (Enea e Istituto per la sicurezza nucleare) deputati a valutare la questione.

Come è stato possibile? Quali pareri tecnici il MITE ha considerato più informati e vincolanti di quelli delle autorità pubbliche di sicurezza? Quelli delle organizzazioni ambientaliste e di alcuni politici locali che hanno fatto di Krško, la centrale più vicina ai nostri confini, il totem di una battaglia ideologica contro l’energia nucleare?

L’argomento sollevato da sempre verso quella centrale è quello sismico. Infondato e strumentale. Nessun evento sismico, passato e recente (e il territorio del Friuli è stato colpito da eventi significativi) ha causato in quella centrale la benché minima anomalia. Ma, soprattutto, nell’ambito degli stress test post-Fukushima, iniziativa ufficiale della Comunità Europea, per l’impianto di Krško è stato condotto uno studio sismico probabilistico, secondo le più recenti metodologie disponibili, che ha riaggiornato il massimo sisma ipotizzabile sul sito ad un valore di 0,6 g di accelerazione al suolo. Su questa base, l’esercente dell’impianto ha avviato un vasto programma di ammodernamento e rafforzamento dei sistemi di sicurezza della centrale.

Tra tali interventi, in particolare, vogliamo citare la realizzazione di due sistemi addizionali per il raffreddamento dell’impianto dopo incidente, e del relativo edificio che li ospita, progettati cautelativamente ad un valore di sismicità del 20% superiore. Quell’impianto insomma resisterebbe ad un sisma dì intensità superiore ad ogni terremoto mai verificatosi. E ricordando sempre che la reazione di un impianto nucleare al terremoto è, esclusivamente, lo spegnimento dell’impianto: nessuna altra conseguenza.

Sulla base degli stress test, Krško è stata ulteriormente rafforzata verso gli eventi sismici. Una decisione europea, dunque. Che il Ministero italiano sconfessa. Dimenticando che, agli stress test europei, i nostri enti di sicurezza hanno partecipato.

Il governo italiano dovrebbe ritirare quel parere improvvido e dettato dai contestatori del nucleare in spregio ad ogni motivazione tecnica. E fare, nell’interesse dell’Italia, un atto opposto: discutere con la Slovenia (e la Croazia che è comproprietaria) l’utilizzo dell’energia elettrica prodotta da quella centrale (e dalla nuova che la Slovenia intende costruire).

Da un accordo trans frontaliero può venire un grande beneficio ai produttori energivori italiani. Perché il nostro Ministero non si dedica a questo piuttosto che seguire, sulle centrali nucleari al nostro confine, l’insopportabile ipocrisia di importare l’energia da esse prodotte, ma contestandole con argomenti ideologici e privi di motivazioni tecniche?
Fonte: libertà Eguale

Umberto Minopoli