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Non c’è parità nella retribuzione salariale tra uomini e donne

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Nel nostro Paese esiste una forte disuguaglianza tra i redditi di uomini e donne, anche nelle fasce di vertice. Un divario che aumenta perché il sistema fiscale non incentiva la partecipazione delle donne al mercato del lavoro

 

di Ettore Minniti

 

Il Report 2021 sull’equità di genere, pubblicato a marzo 2021 dalla Commissione europea, mostra come la pandemia abbia ampliato le disuguaglianze di genere in tutte le aree di vita considerate e, aggravando contesti e condizioni già caratterizzati da ampi divari, abbia rallentato il già lento percorso verso la parità di genere.

Nel nostro Paese esiste una forte disuguaglianza tra i redditi di uomini e donne, anche nelle fasce di vertice. Un divario che aumenta perché il sistema fiscale non incentiva la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

L’occupazione femminile ha fortemente subito l’impatto della crisi pandemica. Con il PNRR vi erano tutte le possibilità per gettare le basi di una ripresa fondata su una crescita economica equa ed efficace. In questo ambito la questione della parità di genere era stata inizialmente integrata come una missione specifica ma relegata all’ambito delle politiche sociali e di sostegno alla famiglia, con un approccio tradizionale, senza porre al tema dell’occupazione femminile la necessaria attenzione. Nelle versioni successive del Piano la quota di rappresentanza femminile è un requisito obbligatorio per l’esecuzione dei progetti, vale a dire una misura con funzione di azione positiva finalizzata ad intervenire sul divario strutturale che caratterizza l’occupazione femminile. Ciò non di meno, sappiano tutti che ci sono differenze nei salari e nei redditi di lavoro tra uomini e donne.

Il reddito che le donne dichiarano al fisco è mediamente pari a due terzi di quello dei contribuenti di sesso maschile (16.550 euro contro 24.285). E la pandemia non sembra avere cambiato significativamente l’equilibrio nel concorrere alla formazione del reddito complessivo. È ciò che risulta elaborando i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2021 (anno d’imposta 2020).

La popolazione italiana è composta un po’ più da donne che da uomini. Le prime sono circa 52 su 100, ma sono poco meno del 48% di tutte le persone che nel 2021 hanno dichiarato al Fisco di aver prodotto un reddito soggetto a Irpef: le donne prevalgono nella demografia, gli uomini nel reddito. Il rapporto percentuale tra numero di contribuenti e popolazione per le donne è del 64,3%, mentre per gli uomini è di una decina di punti più alto: 74,1 per cento. Dato che la distribuzione per età dei contribuenti non si discosta molto da quella della popolazione, questa distanza resta la stessa anche considerando solo la popolazione “adulta”, con più di 14 anni, cioè quella potenzialmente in grado di lavorare e percepire un reddito. La forbice si trascina nel tempo e può essere considerata una delle manifestazioni più evidenti delle maggiori difficoltà delle donne di accedere al mercato del lavoro e allo svolgimento di attività remunerate in regola con il Fisco (fonte Il sole 24 ore).

Prendendo ad esempio il settore sanitario, che rappresenta una parte consistente del mondo del lavoro, si nota come sia prevalentemente il lavoro femminile. Si stima che la forza lavoro sanitaria e assistenziale rappresenti addirittura il 10% dell’occupazione complessiva nei paesi ad alto reddito. Le donne rappresentano circa il 67% dell’occupazione, il 73% nei paesi ricchi.

Il divario retributivo di genere nel settore sanitario e assistenziale varia da circa il 15% (nel caso della retribuzione oraria mediana) a circa il 24% (nel caso della retribuzione media mensile). Nel complesso è emerso che le lavoratrici salariate guadagnano circa il 20% in meno rispetto agli uomini nel settore sanitario e assistenziale.

L’agenda politica italiana, impegnata al momento in altre faccende, non sembra molto attenta a questa ingiustizia sociale. L’ingiustizia sociale è lo squilibrio nella distribuzione di beni e diritti sociali in una società.

In conclusione, e si potrà non esser d’accordo, l’ingiustizia sociale si verifica a causa di discriminazione, intolleranza e mancanza di rispetto nei confronti di un’altra persona per nazionalità, razza, genere, classe sociale o gerarchia.

L’ingiustizia sociale accade quando non c’è giustizia morale. In questo senso, senza moralità non c’è giustizia, quindi l’ingiustizia sociale è la mancanza di moralità sociale.

E le donne, per questa ingiustizia sociale e assenza di morale, pagano un prezzo altissimo.