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Nel ricordo del terremoto dell’Irpinia un monito per la coesione del Paese

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di Civismundi

Erano le 19,34 del 23 novembre 1980 quando un’improvvisa scossa di terremoto di magnitudo 6,9 della scala Mercalli sconvolse l’Irpinia e parte della Basilicata.
Il drammatico bilancio del sisma fu di 2.914 morti, 8.848 feriti, 280.000 sfollati, interi paesi rasi al suolo, gran parte delle strade e delle altre infrastrutture distrutte.
Nei quarant’anni trascorsi l’Irpinia non solo si è lentamente e faticosamente ricostruita, ma ha saputo sfruttare la massa di aiuti, anche internazionali, ricevuti per creare un piccolo miracolo economico, con la nascita di importanti poli industriali che hanno portato a quella terra posti di lavoro ed un processo di sviluppo notevole per gli standard del Mezzogiorno d’Italia.
Neanche a dirlo, non sono mancati sprechi, malversazioni, speculazioni. Però va anche ricordato che la gente irpina ha dato nei lunghi e travagliati anni della ricostruzione una prova mirabile di alacrità e di forza morale, si è rimboccata le maniche ed ha lavorato duramente per risollevare la propria terra dalle rovine del terremoto.
Oggi la crisi economica, prima, e la pandemia dopo hanno colpito duramente anche quella parte del Paese. E le ferite non sono tutte rimarginate, come ha ricordato ieri Papa Francesco nel consueto saluto del dopo Angelus in Piazza San Pietro, rivolgendo un pensiero alle popolazioni della Campania e della Basilicata, le cui vite ancora portano il segno di inaudite sofferenze e inenarrabili disagi.
Il Pontefice, alludendo alla memorabile corsa a portare aiuto e solidarietà da tutte le parti d’Italia, ha detto che “quell’evento drammatico, le cui ferite anche materiali non sono ancora del tutto rimarginate, ha evidenziato generosità e solidarietà degli italiani. Ne sono testimonianza i gemellaggi tra i paesi terremotati e quelli del nord e del centro i cui legami ancora sussistono. Queste iniziative hanno favorito il faticoso cammino della ricostruzione e soprattutto la fraternità tra le diverse comunità della penisola”.
Il medesimo concetto è stato ripreso anche dal Presidente della Repubblica, Mattarella, che ha ricordato come il terremoto dell’Irpinia unì l’Italia.
Ed ecco che l’anniversario della tragedia nazionale vissuta nel 1980 diventa un monito alla coesione del Paese, mai come adesso messa a rischio da una politica scriteriata.


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