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Nel Pd le donne aprono la questione femminile. Cuppi: “Partito maschilista e chiuso”

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Tensione in direzione, dove è stato chiesto maggiore spazio nelle liste. Ok della direzione del partito ad un congresso costituente da concludere entro l’inverno o all’inizio della primavera

AGI – Un congresso costituente da portare avanti parallelamente a un lavoro di opposizione parlamentare “duro e intransigente” e da concludere entro l’inverno o all’inizio della primavera. Una formula che tra i big dem viene tradotta con “a metà marzo”.

Questa la proposta che Enrico Letta porta alla direzione del Pd e che il parlamentino dem approva con un solo voto contrario e due astenuti.

Dal Nazareno arriva la soddisfazione del segretario per il via libera alla proposta del congresso in quattro fasi, aperto ben oltre il Pd, con momenti di approfondimento sui principali nodi e che si concluda con le primarie, alla fine dell’inverno. A brevissimo, Letta convocherà una nuova direzione per fissare il timing di ogni singola tappa.

È l’avvio del percorso che dovrebbe portare, almeno nelle intenzioni, a un profondo cambiamento del partito e del suo gruppo dirigente. Una riunione fiume, più di ottanta interventi per oltre dieci ore, a tratti molto tesa e nella quale non sono mancate critiche e attacchi al gruppo dirigente dem.

Come sulla questione femminile, con la presidente Valentina Cuppi a parlare esplicitamente di “maschilismo” all’interno del partito. Il segretario raccoglie e rilancia: sì, quello della rappresentanza di genere nel partito è un tema centrale sul quale “è giusto che ci sia stata una discussione cruda”. Per questo, è la proposta del segretario, anche le prossime capigruppo al Senato e alla Camera devono essere donne.

Proposta che non piace a Luigi Zanda, per il quale devono essere i gruppi parlamentari a decidere.

Il voto della direzione, in ogni caso, blinda la linea Letta in vista del passaggio parlamentare. La soluzione che si prospetta, a sentire alcuni esponenti dem, è quella di una prorogatio delle due presidenti dei gruppi, Malpezzi e Serracchiani, almeno fino all’elezione della nuova segreteria.

Anche perché ci sarà, nel frattempo, da organizzare una opposizione che Letta vuole “dura e intransigente” e per la quale chiama alla mobilitazione il partito, sia in Parlamento che fuori: “Togliamoci il doppiopetto, vestiamo subito le vesti dell’opposizione, cambiamo subito mentalità. Per essere opposizione dobbiamo essere istituzionali, propositivi, ma essere opposizione. L’opposizione ci farà bene, ci consentirà di rigenerarci e ripensare nostro futuro in raccordo con il nostro Paese”.

Un Pd rigenerato anche attraverso un congresso costituente in “tempi congrui”, da concludere tra “la fine dell’inverno e l’inizio della primavera”.

Con una dichiarazione d’amore Letta spazza via dal tavolo qualsiasi ipotesi di scioglimento del partito o di modifica del simbolo: “Ne sono innamorato”.

Quello che va cambiato è anzitutto il gruppo dirigente: “Serve un nuovo gruppo dirigente formato da nuove generazioni, dice Letta: “È giusto mettere in campo una classe dirigente più giovane, che il Pd ha, in grado di contrastare un governo guidato da una donna giovane, sebbene con una lunga militanza alle spalle. Una nuova generazione legittimata dal congresso, che metta in pratica i nostri valori”, sottolinea ancora il segretario.

Letta è determinato a guidare questa fase, lasciando il posto al nuovo segretario che sarà scelto dalle primarie, strumento principe del Pd finito nel mirino di una parte della sinistra dem nelle ultime ore. “Non concorsi di bellezza”, avverte il leader dem, “ma un percorso che ci consenta di affrontare i nodi che abbiamo davanti in profondità. Il confronto fra candidature farà bene al partito”. Per arrivare a questo, tuttavia, è necessario fare chiarezza all’interno del Pd che ha perso le elezioni. Letta non nasconde la sconfitta, se ne assume la responsabilità, ma non accetta la drammatizzazione di chi dice che è tutto da gettare a mare e di sciogliere il partito. “Io credo che sia stato un successo far nascere il Pd, è stato e sarà una storia positiva per il Paese”, premette il segretario.

“Siamo gli unici ad aver fatto elezioni in alternativa alla destra, tutti gli altri hanno fatto elezioni in alternativa a noi. Noi siamo gli unici ad aver costruito un progetto alternativo alla destra”.

Una alternativa confermata da un risultato che, nella sconfitta, attribuisce al Pd il ruolo di “partito guida dell’opposizione”, in quanto secondo partito in Italia e primo fra quelli che non stanno in maggioranza. Un risultato figlio di un percorso non concluso, quello di ricostruzione e crescita del partito e di suo innervamento nella società, attraverso il lavoro delle Agorà.

Soprattutto figlio del 24 febbraio, questo passo falso seguito a una serie di successi alle amministrative e alle regionali: “Quando abbiamo eletto Mattarella eravamo in una condizione diversa da quella che poi si è verificata. La guerra, per le responsabilità di governo che ci siamo assunti, ci ha messo in una condizione nella quale la nostra capacità espansiva è stata interrotta. Non rinnego la nostra scelta, c’è bisogno di assumersi delle responsabilità”, spiega il segretario. La guerra, ma non solo.

A pesare sulla sconfitta del Pd c’è stata anche l’implosione del ‘campo largo’, che ha reso impossibile il presentarsi all’appuntamento con il voto dentro a una alleanza larga. “Un campo ha vinto perché è stato unito, il nostro campo invece non lo è stato nonostante il lavoro di mesi ed anni per costruire il campo largo, una larga unità, unica condizione con la quale si sarebbe potuto vincere”.

Quello che il Pd deve fare ora, per Letta, è tornare ad essere quel “partito pugnace” che era all’origine e ricominciare a parlare con “quelle fasce di popolazione che non ce la fanno, non solo con quelli che ce la fanno”.

Intanto organizzando l’opposizione i parlamento. Il primo nodo è quello dell’elezione dei o delle capigruppo. Letta chiede che siano, ancora, delle donne a guidare le fila parlamentari dem. Perché il segretario ammette che la scarsa rappresentanza femminile alle Camere “è stata una sconfitta”, ma aggiunge anche che “il Pd non deve fare passi indietro” rispetto alla valorizzazione delle donne nel partito.

Il percorso congressuale, dunque, dovrà marciare di pari passo con l’organizzazione di una “opposizione intransigente” contro “un governo che mostra già adesso le sue difficoltà. E non è ancora nato.

Giudicheremo il governo per quello che farà, ma qualunque idea programmatica è venuta già meno rispetto alle tante promesse di campagna elettorale”. Per questo Letta azzarda una previsione: “La luna di miele del governo con il paese sarà breve: la situazione sociale nel paese è fortemente deteriorata dalla guerra e dalla crisi economica”.