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Musumeci, quel Ministero senza portafoglio, stravince il Nord e perde il Sud

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Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e al povero ministro del Sud, Nello Musumeci, rimarranno le briciole, gestirà un ministero in buona parte svuotato, visto il passaggio della gestione della politica di coesione al ministero degli Affari Ue,. Significa perdere i fondi strutturali residui 2014-2020 e quelli nuovi 2021-2027 oltre che sulla programmazione del Fondo nazionale per lo sviluppo e la coesione.

 

 

Di Ettore Minniti*

 

Con il governo Meloni nasce il Ministero del Mare ma è, di fatto, un dicastero svuotato di tutto, un Ministero povero e senza senso.  Più di facciata che di sostanza. Vince il Nord con Matteo Salvini, perde il Sud con Nello Musumeci.

Un ministero molto più povero del passato, perché privo dei fondi di coesione. Anche se rimane potenzialmente delicato sul fronte politico, se dovesse incorporare, nell’ambito delle politiche del mare, anche il controllo del comando generale delle capitanerie di porto, strategico nella gestione dell’immigrazione, argomento tanto caro a Lega e a Salvini. Nello Musumeci, ex presidente della Regione Siciliana, ora ministro per le Politiche del mare e per il Sud, si muoverà in questo spazio ristretto e vuoto. Un ministro senza portafoglio, condizione che rende la delega molto difficile.

Giorgia Meloni alla Camera e da Adolfo Urso al Senato, nella scorsa legislatura, avevano presentato un disegno di legge per la riforma del settore, con la costituzione di ministero del Mare, oltre la “blue economy”, l’economia che va dalla pesca alla cantieristica, con tanto di risorse finanziarie, strumentali e di personale, la direzione generale per la vigilanza delle autorità portuali oggi del Mims, il Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto e in generale l’area funzionale della navigazione del trasporto marittimo. Ma quel disegno presupponeva la costituzione di un ministero con portafoglio.

Purtroppo, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare e al povero ministro del Sud, Nello Musumeci, rimarranno le briciole, gestirà un ministero in buona parte svuotato, visto il passaggio della gestione della politica di coesione al ministero degli Affari Ue, del neoministro da Raffaele Fitto. Significa perdere il pallino sui fondi strutturali residui 2014-2020 e su quelli nuovi 2021-2027 oltre che sulla programmazione del Fondo nazionale per lo sviluppo e la coesione.

L’idea del ministero del Mare era nata per consentire al nostro Paese di poter valorizzare quell’economia che deriva appunto dalla sua collocazione geografica, storica e sociale, dal fatto che l’Italia è nata sul mare e attorno al mare.

Nella proposta di legge si prevedeva una riorganizzazione di compiti e funzioni in materia di protezione del mare, intesa come tutela, difesa, vigilanza e controllo dell’ecosistema marino e costiero, di navigazione marittima, pesca e acquacoltura e di valorizzazione del sistema marittimo nazionale.

Quello del Mare quindi si candida a essere  un ministero a mezzo servizio, con competenze in materia soprattutto ambientale e di pesca. Poca cosa!

Eppure, i numeri ci sono dal momento che lungo gli oltre ottomila chilometri di costa italiana sono dislocati 54 scali di rilevanza nazionale raggruppati in 16 Autorità portuali. Il Governo Draghi aveva stanziato importanti investimenti sostanziali attraverso il Pnrr.

Da non sottovalutare che i porti sono connessi con autostrade, ferrovie, valichi, retroporti, magazzini, innestati in contesti urbani variegati, e talvolta in concorrenza con gli scali vicini, in poco tempo sarebbe divenuto un Ministero importante e di peso.

Così, privo di risorse economiche e di competenze, stravince il Nord e perde il sud che può contare due ministri su ventiquattro, di cui uno senza portafoglio.

 

 

Segretario nazionale della Confedercontribuenti