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Miti estivi. PROMETEO – II di Gianni De Iuliis

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(Parte seconda)

Zeus aveva deciso di distruggere gli uomini e mal tollerava la gentilezza di Prometeo per le sue creature; inoltre considerava i doni del titano troppo pericolosi perché gli uomini, in questo modo, sarebbero diventati sempre più potenti e capaci.

A quell’epoca, gli uomini erano ammessi alla presenza degli dèi, con i quali trascorrevano momenti conviviali di grande allegria e serenità. Durante una di queste riunioni fu portato un enorme bue, del quale metà doveva spettare a Zeus e metà agli uomini. Il signore degli dèi affidò l’incarico della spartizione a Prometeo che approfittò dell’occasione per ingannare il re degli dèi. Quando sacrificò l’animale, dei pezzi fece due parti: agli uomini riservò i pezzi di carne migliori, nascondendoli però sotto la disgustosa pelle del ventre del toro, mentre agli dèi riservò le ossa, che mise in un lucido strato di grasso. Fatte le porzioni, invitò Zeus a scegliere la sua parte. Zeus accettò l’invito e prese la parte che luccicava di grasso. Scoprendo le ossa abilmente nascoste, si arrabbiò lanciando una maledizione sugli uomini. Fu da allora che gli uomini cominciarono a lasciare agli dèi le parti immangiabili delle bestie sacrificate, consumandone invece la carne, in cambio della loro mortalità. Lo sfrontato raggiro doveva essere punito e Zeus, senza colpire Prometeo, tolse il fuoco agli uomini e lo nascose.

Prometeo, in uno slancio di generosità, rubò una scintilla di fuoco solare dal carro del dio Elio (in altre versioni rubò una torica ad Efesto) e la donò agli uomini. Venuto a sapere dell’ennesimo smacco giocato contro i celestiali, Zeus punì Prometeo in maniera crudele: lo fece legare ad una colonna e ogni giorno un’aquila gli si sarebbe avventata contro squarciandogli il fegato, il quale ricresceva ogni giorno. Anni dopo il titano verrà liberato da Eracle, che colpì l’aquila con una lancia avvelenata.

L’eroe benefattore dell’umanità godette di un culto molto diffuso ad Atene, tanto che la città gli dedicò delle feste pubbliche, dette Prometheia, nelle quali si percorrevano le strade correndo con fiaccole accese per celebrare il più grande dono che Prometeo aveva fatto all’umanità, il fuoco appunto.

Il mito di Prometeo è diventato nella cultura occidentale la metafora della lotta dell’uomo contro l’autorità, e dell’uomo che cerca di liberarsi dalle paure e dai timori che la religione gli impone.