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Migranti: Amnesty, sbarchi aumenteranno, no criminalizzarli

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(AGI) – Roma, 11 mar. – “I numeri sono in aumento e, dietro questi numeri, ci sono tragedie personali e collettive. Se prendiamo una per una le persone che arrivano, scopriamo che ci sono motivi di fuga impellente e di ricerca di una salvezza altrettanto impellente”. A dirlo all’AGI è Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International. Nelle stesse ore in cui le coste italiane fanno registrare un record di sbarchi a Lampedusa e in Calabria, Amnesty invita ad accendere i riflettori sulle cause all’origine di queste partenze. “Se guardiamo ai Paesi di origine – spiega ancora Noury all’AGI -, vediamo che queste persone arrivano dall’Africa Sub Sahariana, da luoghi tormentati da guerre, colpiti da colpi di Stato e da crisi climatiche, un fattore non secondario. Inoltre, la situazione politica in Tunisia e i discorsi razzisti del Presidente stanno alimentando una caccia al migrante nero e africano. Questo vuol dire che, dalla Tunisia, partiranno sia tunisini che persone provenienti dai Paesi subsahariani”. “Per quanto riguarda gli arrivi dall’Est, invece, basta guardare alla composizione dell’imbarcazione naufragata a ridosso delle coste di Cutro, erano siriani in fuga da guerra e terremoto, afghani e iraniani, che sappiamo bene da cosa fuggano e le nostre istituzioni sono sempre pronte a condannare certi avvenimenti, più altri provenienti dal Pakistan, dove c’è stata la peggiore alluvione nella storia del Paese con il 30 per cento del territorio finito sott’acqua”.Secondo Amnesty, l’informazione dovrebbe dedicare maggiore attenzione alle cause delle migrazioni mentre, invece, proprio in questo senso si registra un corto circuito. “Ci vorrebbe più responsabilità anche da parte dei media, che dovrebbero informare di più su cosa accade nei paesi di partenza”. Le strategie del governo, secondo Noury, non possono rappresentare una soluzione. “Il provvedimento migranti è pura propaganda – spiega, aggiungendo che – le imprese criminali stanno sulla terraferma e a volte, come nel caso della Libia, le istituzioni italiane ci collaborano pure. Chiunque conosca la situazione, sa bene che i cosiddetti scafisti spesso sono migranti che così si pagano il viaggio, oppure sono costretti a guidare l’imbarcazione”. Per il portavoce, anche la volontà annunciata dal governo di avviare nei Paesi di partenza campagne di comunicazione sui pericoli del viaggio “non è assolutamente un deterrente”. “Le persone si mettono in viaggio perché in viaggio hanno comunque qualche speranza di salvarsi, rispetto al 100 per 100 di possibilità di morire rimanendo a casa. È inutile avvertirli, non serve a nulla”. Per l’organizzazione internazionale, la soluzione è chiara. “Se vogliamo combattere le organizzazioni criminali dobbiamo togliere loro questo business. Va bene aumentare il numero di persone nei cosiddetti flussi, però ci sono persone che non saranno comunque comprese e sono quelle che cercano asilo politico, non lavoro. A queste persone deve essere garantita una condizione di sicurezza. Sono necessari, quindi, corridoi umanitari, visti d’ingresso, percorsi legali e sicuri. Alle persone che fuggono da regimi feroci dovrebbe essere permesso di ottenere un visto e fuggire il prima possibile, non su un’imbarcazione ma su mezzi più sicuri”. “Ciò che serve – rincara – sono soluzioni di medio periodo. Nel frattempo, le partenze aumenteranno per forza e, quindi, dobbiamo evitare le morti in mare e, per farlo servono asset istituzionali e non, come quelli che sono ora nel Mediterraneo e stanno salvando un migliaio di persone. Però bisogna finire di criminalizzare le ong, se il mare è vuoto di soccorsi, è anche perché da anni c’è una politica che criminalizza chi fa ricerca e soccorso in mare”. “Le autorità dovrebbero smettere di colpevolizzare chi parte. Piuttosto – conclude -, si dovrebbero cercare percorsi legali sicuri, ampliando anche i corridoi umanitari perché è evidente che non bastano, e trovare soluzioni che garantiscano a queste persone di uscire dall’unica opzione che hanno, ossia imbarcarsi affidandosi a viaggi pericolosi”. (AGI)