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MANCINI, L’AUTOGRILL, RENZI: 007 E DISSERVIZI SEGRETI

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L’insegnante anonima, l’inchiesta chiusa in fretta e furia, le carte secretate passate al Fatto quotidiano senza l’apertura di un’inchiesta sull’abile manina. Gabrielli & C. non se ne occupano
Aldo Torchiaro

Due mesi fa il giornale di Travaglio annunciava a tutti, divulgando un’informativa della Digos, che il celebre filmato di Report, costato caro ai due protagonisti, “non aveva mandanti politici”. Chi l’ha trafugata e consegnata ai giornalisti?
L’estate volge al termine, le distrazioni finiscono e le ombre lunghe si mostrano lì dove le avevamo lasciate. Il giallo delle liste di proscrizione pubblicato dal Corriere è rimasto lettera morta. Abbiamo aspettato quasi due mesi per vedere se qualcuno tipo il capo della polizia Lamberto Giannini o il sottosegretario per i servizi segreti Franco Gabrielli, che a giugno aveva denunciato con studiata ira «qualche solerte mano» che passava carte segrete a giornali amici, convocasse una conferenza stampa come quella del giugno scorso. Niente. Eppure, un caso eclatante di commistione quasi familiare tra grande stampa e servizi segreti si è consumato con allegria plateale. E non è il primo, in questo periodo di troppi disservizi e pochi segreti.
Pag. 15 de Il Fatto Quotidiano, 25 giugno. Due mesi fa. Sotto la foto a colori del celebre incontro filmato alll’Autogrill, il titolo: «Renzi-Mancini, Digos smentisce il senatore: “Chi ha filmato non aveva mandanti politici”». Scrive Vincenzo Bisbiglia, (nome quanto mai appropriato): «Non è emerso alcun collegamento degno di nota tra la donna che registrò il video dell’incontro tra Matteo Renzi e l’ex 007 Marco Mancini, avvenuto il 23 dicembre 2020 all’autogrill di Fiano Romano, e formazioni politiche o personaggi legati ai servizi segreti». Bisbiglia riferisce che, a proposito del filmato poi andato in onda il 3 maggio successivo su Report «la Digos ha inviato un’informativa in cui smentisce» Matteo Renzi che aveva presentato a Firenze un esposto in cui denunciava «la grottesca e falsa» ricostruzione dell’insegnante chiedendo ai pm di indagare ipotizzando «una vicenda accuratamente orchestrata». La Procura di Roma ha proceduto contro ignoti, nessun indagato, e Sigfrido Ranucci, autore di Report, e la Innominata Insegnante, sono stati perciò interrogati «come persone informate sui fatti». Nel frattempo la Digos indagava, e ha scoperto che nessun agente dei servizi segreti ha mai frequentato la donna. Dunque, indagine chiusa, «nessun pedinamento», come asserito da Renzi nel suo libro Il Mostro. Che c’è che non va? Nulla, secondo Procura e Digos, nessun reato in quella intercettazione video del 23 dicembre e nella sua diffusione dopo 130 giorni di beato sonno. Sicuri che non sia finita, magari in stato di sonnambulismo, sulla scrivania degli alti papaveri che l’hanno usata come arma di guerra politica e spionistica; e al diavolo la Sicurezza della Repubblica? Il Fatto non è stato smentito da nessuno e nessuno ha eccepito sull’effrazione dei segreti d’ufficio. In conclusione: è stata, secondo le autorità inquirenti e i suoi formidabili segugi, una stupenda casualità a consentire di abbattere due grossi piccioni con una fava. Si comincia dal colombaccio più grosso, segue l’altro.
Matteo Renzi. Un ex presidente del Consiglio, trattato come un oscuro cospiratore su Rai Tre (notoriamente in appalto a Pd e M5s), con danno reputazionale (mostrificazione) programmato come irreparabile. La sua colpa è di essere riuscito a portare Mario Draghi a Palazzo Chigi a discapito di Giuseppe Conte, al quale, altra stupenda casualità, dovevano la nomina i capi di Aisi e Aise, nonché i rispettivi vicedirettori, che nulla asseritamente sapevano di quei filmati. A sceglierli tutti era stato Conte, e ora Marco Travaglio che ne è l’indomito alfiere li definisce «i capi dell’intelligence più stupida del mondo». (Che fa, insubordinazione?) A proposito, Il Fatto sa che è Conte ad aver rinnovato, alla scadenza dei 15 anni, il segreto di Stato su Abu Omar, e che Draghi, tramite Gabrielli e Belloni, lo ha confermato? Facciamo una campagna insieme per farglielo togliere? Marco Mancini. Defenestrato. Prima di quel 23 dicembre era stato convocato da Di Maio e Conte per comunicargli che sarebbe presto stato direttore o vicedirettore di Aise o Dis. Che cosa è successo dopo il fatal Autogrill, che cosa hanno riferito e mostrato a Conte? E soprattutto chi? Fatto sta che lo 007 è stato escluso dalle promozioni di Conte, e per giunta si è trovato a dover fare i conti con un Gabrielli deciso ad essere circondato solo da fedelissimi. Quelle immagini sgranate e l’interpretazione datane da Report sono così diventate la mannaia per tagliare la testa all’agente considerato la punta di diamante del controspionaggio occidentale, specie in direzione della Russia. Avrebbe fatto molto comodo a tener viva una rete di fonti ucraine costruite nei decenni. Ma avrebbe fatto ombra a Gabrielli, che ha preferito non credere ai dossier di americani e inglesi sull’immanente invasione, con il risultato di lasciare l’Italia in mutande davanti alle restrizioni energetiche. Secondo quanto rivelato, senza smentita, da Dagospia, ad agire e avviare al prepensionamento “spintaneo” è stato il vice direttore del Dis Bruno Valenzise (nomina, ovviamente, di Conte), che non ha mai nascosto la legittima amicizia personale e politica con il presidente del Copasir Adolfo Urso. Un allontanamento coattivo che è stato giustificato formalmente sulla base di una circolare applicata retroattivamente, come vedremo tra poco.
Un momento: qualcosa non ci convince. Proviamo a focalizzare qualche punto.
1) Grande come una casa è la violazione del segreto di ufficio da parte di un pubblico ufficiale, essendo difficile che le informative depositate in un’inchiesta della Procura di Roma camminino da sole come nei cartoni animati. Qualcuno ha preso quei fogli e li ha trasmessi al Fatto. E non possono essere stati gli avvocati di Renzi o di Mancini e neppure quelli di Ranucci e della celeberrima e Anonima Insegnante, essendo questi ultimi «non indagati». O è la Digos oppure qualcuno in Procura o forse la ormai leggendaria «solerte mano» dei servizi segreti coinvolti, come abbiamo visto, nell’indagine. Art. 326 cp, pena da 6 mesi a 3 anni. E chi ne usufruisce? Forse forse è ricettazione. 2) Apprendiamo che senza alcun contraddittorio della parte offesa Ranucci e XY hanno ovviamente ripetuto la versione della curiosità e della casualità, pur avendo la signora fornito pubblicamente tre versioni contraddittorie. Partita chiusa, secondo il Fatto. Ma che razza di procedura ci viene propinata?
3) A questo punto ci domandiamo come la Digos, e la procura con essa, ha potuto stabilire che la signora non è mai stata frequentata da «personaggi legati ai servizi segreti». Due sono gli atti possibili: il primo è chiederlo alla film-maker, la quale ha risposto ovviamente negando. Del resto, non è che l’idraulico o l’assicuratore o il collega quando le parlino tirino fuori il tesserino dell’Aisi, se mai lo fossero: non crediamo si usi così. Evidentemente la notizia del non coinvolgimento dei servizi arriva dai servizi. Cos’hanno fatto gli agenti della Digos? Hanno perquisito gli uffici dei direttori e dei vice di Aise, Aisi e Dis? Hanno chiesto a Gabrielli se ne sapeva qualcosa? Hanno comunicato il nome dell’Anonima Fiorentina e i dirigenti hanno messo alle strette capireparto, giù giù fino all’ultima fonte, per sapere se avevano avuto collegamenti con lei? Magari una domandina da parte del Copasir sarebbe opportuna o no? Domande un po’ ingenue. Quante manine ci sono nei servizi segreti e in generale nei comparti della sicurezza che passano roba «classificata», la quale cioè dovrebbe rimanere segreta? Essendo questa pratica un reato, come da articolo 262 del codice penale («Chiunque rivela notizie delle quali l’Autorità competente ha vietato la divulgazione è punito con la reclusione non inferiore a tre anni»), è stata trasmessa denuncia da parte del sottosegretario prefetto Franco Gabrielli o dell’ambasciatrice Elisabetta Belloni alla polizia giudiziaria e/o alla Procura di Roma, o magari addirittura, per la conclamata evidenza dei fatti, si sono già mosse da sole? A che punto è l’indagine della polizia giudiziaria, o degli organi interni ai servizi, che si sta conducendo (ma davvero?) per individuare gli spioni che spiano le spie dall’interno e poi ne trasferiscono i segreti alla consueta tribù di giornalisti amici?
Ci sarebbe un’altra domanda: perché coloro che si definiscono volentieri «cani da guardia», pronti ad azzannare per lettori e spettatori il Potere (e non c’è Potere più grande del distillare e distribuire selettivamente segreti), si sono accucciolati rinunciando a mordere i polpacci dell’ «Autorità competente» con i quesiti di cui sopra? Abbiamo il sospetto che nessuno che sia ospite fisso di questa favolosa giostra dei segreti abbia interesse nel tagliare la «benedetta mano» che porge il pane e forse anche il salame di notizie ghiotte ed «esclusive». Altro che le schiacciatine dell’Autogrill.
Parte 1 – Continua

Fonte: Il Riformista