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L’uomo sulla Luna. Breve storia dell’allunaggio compiuto dagli USA il 20-21 luglio 1969

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Lo sbarco sulla Luna della missione Apollo 11, con a bordo Neil Armstrong, Buzz Aldrin e Michael Collins, avvenuto tra il 20 e il 21 luglio 1969, è stato il punto più alto raggiunto dall’esplorazione spaziale. Sintetizziamo l’impresa.

 

A cura di Erminio Fonzo fonte@geopop.it

Il 21 luglio 1969 due astronauti statunitensi, Neil Armstrong e Buzz Aldrin, membri della missione Apollo 11, misero piede sulla Luna e camminarono per la prima volta sul suolo lunare. L’impresa era stata pianificata dal presidente Kennedy sin dal 1961, allo scopo di recuperare lo svantaggio accumulato dagli Stati Uniti nella corsa allo spazio. Il successo della missione rappresentò il sorpasso americano sull’Unione Sovietica, che negli anni precedenti aveva mandato in orbita il primo satellite artificiale, uno dei primi esseri viventi e il primo uomo. Inoltre, ebbe conseguenze significative sulle dinamiche della Guerra Fredda, facendo crescere in tutto il mondo il prestigio degli USA.

 

Dopo l’Apollo 11, gli Stati Uniti mandarono altre cinque missioni umane nello spazio, ma nel 1972 il presidente Nixon decise di interrompere il programma Apollo, perché i costi erano molto elevati e, avendo raggiunto l’obiettivo prima dell’URSS, non c’era motivo per sostenerli. Da allora, nessun essere umano ha più passeggiato sul suolo lunare.

Gli effetti del programma Apollo e la fine delle missioni

Le prime missioni lunari

La Luna è il corpo celeste più vicino alla Terra e l’idea di raggiungerla ha sempre affascinato gli esseri umani. L’ipotesi divenne una possibilità concreta negli anni ’50 e ’60, quando USA e URSS si confrontarono nella corsa allo spazio e svilupparono la tecnologia necessaria per i viaggi spaziali: le navicelle e i razzi per portarle oltre l’atmosfera terrestre. Le prime missioni lunari furono realizzate dai sovietici con il programma Luna (in Occidente chiamato spesso Lunik), che portò sul satellite diversi veicoli senza equipaggio. Il primo, la sonda Luna 2, arrivò a destinazione nel 1959.

La sonda sovietica Luna 9

Perché gli americani andarono sulla Luna

Gli Stati Uniti guardavano con preoccupazione alle imprese dei loro rivali e decisero di reagire. Il 25 maggio 1961 il presidente Kennedy annunciò al Congresso il progetto di portare un equipaggio umano sulla Luna entro la fine del decennio. Il progetto avrebbe avuto costi esorbitanti, ma gli Stati Uniti avevano bisogno di riaffermare il loro prestigio. Nel precedente mese di aprile, infatti, erano stati umiliati dal fallimento dell’invasione di Cuba, organizzata dalla CIA per rovesciare il regime di Fidel Castro, e dal successo dell’URSS nell’invio del primo uomo nello spazio.

 

 

Kennedy, che in precedenza non si era mostrato propenso a investire troppo denaro nei viaggi spaziali, si rese conto che non poteva lasciare il primato delle esplorazioni all’Unione Sovietica: in un confronto come quello della Guerra Fredda, mostrare la superiorità, o almeno la non inferiorità, del proprio sistema era un’esigenza imprescindibile.

 

A Kennedy sarebbe bastato che l’allunaggio non fosse compiuto prima dall’URSS, tanto che nel giugno del 1961 il presidente americano propose al leader sovietico Nikita Kruscëv di organizzarlo congiuntamente. Kruscëv, però, lasciò cadere la proposta e la NASA iniziò a lavorare a un programma autonomo, che fu battezzato Apollo (lo stesso nome fu dato alla navicella sulla quale avrebbero viaggiato gli astronauti).

Il programma Apollo

Nel 1962 la NASA decise di usare il sistema del rendez-vous in orbita lunare, cioè mandare una navicella intorno alla Luna e fare discendere da essa un veicolo che, dopo aver raggiunto il suolo lunare, avrebbe dovuto risalire e riagganciarsi alla navicella, per poi tornare sulla Terra. Per tale ragione fu progettata una navicella composta da due parti: un modulo di comando-servizio, che sarebbe restato in orbita, e un modulo lunare, il Lem (Lunar excursion module). Per portare la navicella nello spazio fu progettato il razzo Saturn V, il più potente mai costruito.

Il programma prevedeva alcune missioni preliminari e molte esercitazioni, una delle quali si trasformò in un disastro: nel 1967 una navicella, poi battezzata Apollo 1, esplose e provocò la morte dell’equipaggio. Le missioni, però, proseguirono e nel 1968 l’Apollo 8 portò per la prima volta degli astronauti in orbita intorno alla Luna. Le due missioni successive, la 9 e la 10, consentirono di testare il rendez-vous lunare e il Lem. Tutto era pronto per il grande passo.

L’Apollo 11 partì da Cape Canaveral (Florida) il 16 luglio 1969 con a bordo tre uomini: Neil Armstrong, Edwin “Buzz” Aldrin e Michael Collins. Un Saturn V portò l’Apollo 11 in orbita terrestre e si staccò in tre stadi successivi. La navicella iniziò così il viaggio verso la Luna, distante circa 400.000 km, e giunse nell’orbita del satellite il 19 luglio. L’indomani il Lem, con a bordo Armstrong e Aldrin, si separò dal modulo di comando, restato in orbita con Collins, e iniziò la discesa. Alle 20:17 UTC (le 22:17 in Italia) il veicolò si posò nella pianura nota come Mare della Tranquillità e gli astronauti iniziarono i preparativi per uscire.

Dopo alcune ore fu possibile aprire il portellone e scendere. Armstrong poggiò il piede sul suolo lunare alle 2:56 UTC del 21 luglio, seguito da Aldrin dopo alcuni minuti. L’emozione fu enorme in tutto il mondo: per la prima volta gli esseri umani avevano raggiunto un altro corpo celeste. Gli astronauti restarono sulla superficie lunare per due ore e mezza, durante le quali raccolsero campioni di rocce, piantarono la bandiera degli Stati Uniti, scattarono fotografie e lasciarono alcuni oggetti commemorativi. La loro impresa, trasmessa via satellite in diretta televisiva, fu seguita da centinaia di milioni di spettatori.

 

Al termine della “passeggiata” Armstrong e Aldrin rientrarono nel Lem e ripartirono, agganciandosi al modulo di comando il 21 luglio alle 21:35. Iniziò così il ritorno verso la Terra, che si concluse il 24 luglio, quando l’Apollo 11 ammarò nell’Oceano Pacifico.

Il successo della missione fu ampiamente sfruttato sul piano propagandistico dagli Stati Uniti, che mandarono i tre astronauti a tenere conferenze in molti Paesi. Apollo 11, del resto, ebbe un impatto significativo sulle dinamiche della Guerra Fredda, facendo crescere il prestigio degli Stati Uniti e del loro sistema politico ed economico.

Anche l’Unione Sovietica riconobbe il successo degli americani e inviò congratulazioni ufficiali, ma cercò di recuperare il prestigio mandando sulla Luna, dal 1970 in avanti, veicoli senza equipaggio capaci di riportare campioni di rocce sulla Terra. Queste imprese, però, non ebbero lo stesso impatto mediatico delle missioni umane.

Tra il 1969 e il 1972 la NASA inviò sulla Luna altre sei missioni umane (con nomi da Apollo 12 ad Apollo 17). Solo una, l’Apollo 13, fallì, mentre le altre raggiunsero il satellite come previsto. Gli astronauti restarono più lungo sul suolo lunare e nelle ultime tre missioni (Apollo 15, 16 e 17) furono dotati persino di un’automobile, il rover lunare, per esplorare meglio il territorio. Nel complesso, dodici uomini raggiunsero la superficie della Luna. Il programma prevedeva tre ulteriori missioni, ma il presidente Nixon decise di annullarle.

Le missioni Apollo non avevano nessuna utilità “pratica” immediata. Non si pensò, per esempio, a sfruttare le risorse della Luna. Attenzione, però, a non fraintendere: il programma ebbe effetti profondi non solo sul prestigio politico, ma anche sul progresso scientifico e tecnologico. Le missioni, infatti consentirono fondamentali scoperte nel campo dell’astronomia e provocarono un grande sviluppo della tecnologia non solo nella progettazione dei veicoli spaziali, ma anche in altri ambiti. Per esempio, i progetti commissionati dalla Nasa per i computer del programma Apollo fecero migliorare notevolmente le competenze informatiche. Quello che mancava era un uso pratico “immediato” della Luna, come invece si aveva, per esempio, per i satelliti artificiali.

I costi delle missioni, inoltre, erano molto elevati: l’intero programma Apollo era costato 25,8 miliardi di dollari, pari a oltre 250 miliardi di oggi. Nei primi anni ’70 gli Stati Uniti, che si trovarono impantanati nella guerra in Vietnam, non avevano motivo per affrontare le spese (e i rischi) dei viaggi spaziali, perché ormai avevano raggiunto l’obiettivo di battere l’URSS. Inoltre, dopo l’Apollo 11 l’interesse dell’opinione pubblica per la Luna iniziò a scemare.

 

Per queste ragioni dal 1972 non sono più state organizzate missioni umane sulla Luna. Solo in anni recenti Usa e Cina hanno avviato nuovi programmi per portare astronauti sul satellite, come la missione Artemis.