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L'invidiabile primato della ditta Ancelotti & Figlio

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Padri e figli si ritrovano spesso, col calcio. Quando i piccoli sono davvero piccoli e colpiscono una palla coi piedi, e quando grandi e piccoli guardano una partita sul divano o in tribuna.

La situazione più comune, per questioni anagrafiche, è quella di padre-allenatore e figlio-giocatore, come avversari o anche con la stessa maglia, non solo come tifo per la medesima squadra ma anche di uguale appartenenza ad un identico club.

Padri e figli nel calcio

Nel complicato mondo del calcio e nelle ancor più complicate relazioni padre-figlio, il calcio di famiglia, con due consanguinei che lavorano insieme ha avuto il suo acme coi Maldini, il commissario tecnico della nazionale azzurra, Cesare, e il figlio Paolo, terzino-fuoriclasse, mentre la differenza è stata troppo grande fra i Cruyff (Johan e Jordy) e gli Zidane (Zinedine ed Enzo), facendo scadere la situazione in parole antipatiche come nepotismo e favoritismo.

Papà Carlo Ancelotti come primo allenatore e il figlio Davide come secondo della stessa squadra, prima il Bayern Monaco ed oggi il Napoli, somigliamo tanto ad un imbattibile primato. Non solo per l’insolita circostanza ma per l’inattaccabilità della situazione. 

Davide, 29 anni appena, dopo gli esordi da calciatore con le giovanili del Milan e del Borgomanero, si è guadagnato sul campo e sui libri una credibilità assoluta per sostenere quella, altrettanto certificato di papà Carlo, che di anni ne ha 59 anni.

Storia di un 'privilegiato'

Ancelotti junior è  stato “un privilegiato”, come ammette lui stesso, ma è cresciuto dal basso, ed ha aggiunto strada facendo pezzi fondamentali nel curriculum lavorando a fianco di papà: nel 2012, da preparatore delle giovanili del Psg, in Francia, poi della prima squadra del Real Madrid, in Spagna, quindi da vice allenatore di Carlo del Bayern Monaco, in Germania, posizione che sta replicando quest’anno a Napoli. Con in più la laurea in Scienze Motorie all’Università di Parma e un master in Germania.

Un allenatore che piace a tutti

A cementare la sua credibilità c’è quella di papà Carlo dalla faccia onesta che, con la sua sincera e autorevole amabilità, si fa voler bene dappertutto, dispensando esperienza e conoscenza. Il rapporto fra padre e figlio è sicuramente più diretto, e quindi aiuta ed accelera le comunicazioni, in partita come in allenamento. Magari creerà qualche problema con chi gioca meno e chi mugugna in panchina proprio col secondo allenatore: situazione che, col binomio tecnico Ancelotti, non avrà questa valvola di sfogo.

Il peso (e il piacere) di essere 'figlio di'

Ma, a parte la evidenza somiglianza fra i due, si vede che la situazione rasserena papà Carlo, già pressato da mille responsabilità come primo allenatore di una squadra dalle grandi ambizioni. Così come responsabilizza moltissimo Davide, che ha sempre studiato la lingua del paese dove ha collaborato col famoso papà e ha sempre studiato per essere all’altezza del compito ed evitare facili critiche: "Essere il 'figlio di' è soprattutto una opportunità: devo fare tutto meglio". 

E’ evidente che Davide nutre una grande ammirazione per Carlo, e ha avuto pochi incidenti di percorso nella sua educazione alla-Ancelotti. Come ha ricordato al Corriere della Sera: “Ero in quarta, al Leopardi di Milano, liceo scientifico: avevo mancato di rispetto al prof di latino. Stavo facendo lo scemo e lui mi aveva mandato fuori. Io avevo nello zaino un blocchetto di buoni Esselunga, a quei tempi li davano al Milan, e glieli lasciai sulla scrivania dicendo: “Comprati la camomilla al supermercato: “Papà mi chiese il telefono dell’insegnante, e si scusò con lui. Lo feci anch’io”. Perché l’amore padre-figlio è fortissimo, ma anche quello figlio-padre non scherza: “Non mi vergogno di abbracciarlo o dargli un bacio davanti agli altri. E’ impossibile litigare con lui”. 

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Fonte: sport agi


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