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L'estate caldissima del mercato NBA

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Anche Kawhi Leonard è un “unrestricted free agent”. Dal 30 giugno, il Deus Ex Machina che ha portato per la prima volta i Toronto Raptors nel paradiso del basket, cioé al titolo Nba, è libero di firmare per la sua prossima squadra che dovrebbe essere ancora la prima franchigia non statunitense capace di aggiudicarsi il famoso anello, ma con un contratto superiore a quello da 21.3 milioni di dollari già abbozzato: si parla di un quinquennale da 190 milioni.

Il due volte miglior difensore della Lega, già MVP – most valuable player, in pratica: il giocatore più completo – delle finali 2014 con gli Spurs si avvale del nulla osta che, dal 1975, quando il baseball professionistico si è ribellato allo strapotere delle franchigie, ha cancellato l’holdout, come unica possibilità di svincolo per gli atleti: rifiutarsi di giocare fino al raggiungimento delle condizioni volute.

Le correzioni, a favore dei proprietari sono state i draft (la possibilità di scegliere nuovi giocatori) e il salary cap (il tetto salariale), fissato a circa 109 milioni di euro per le 30 squadre. Ma la free agency, con circa 200 giocatori a disposizione, è sicuramente il sale del mercato delle stelle Nba che scatta domenica e si conclude il 6 luglio. Con le due squadre di Los Angeles e le due di New York, più  Philadelphia, Utah Jazz e Indiana Pacers che hanno più denaro da mettere sul piatto per i giocatori “liberi”.

Tra i nomi da collocare nelle varie quadre ci sono stelle che possono cambiare gli equilibri, come Kyrie Irving (da Boston ai Lakers di LeBron James o a Knicks?), Kemba Walker (ai Lakers per far coppia di stelle con Anthony Davis?), Klay Thompson (tentato dalle sirene di Los Angeles, Lakers e Clippers) e, soprattutto, Kevin Durant. Che, però, dopo l’infortunio, la relativa operazione al tendine d’Achille, la finale interrotta così bruscamente e la lunga rieducazione che pregiudicherà la prossima stagione, è ormai probabile che resti ai Golden State Warriors. Franchigia che lo ha accolto a braccia aperte nel 2016 e con cui ha conquistato due anelli e due MVP consecutivi. Tutto dopo aver sfogliato la margherita di pretendenti che partiva dalla conferma ad Oklahoma e passava per le lusinghiere proposte di San Antonio e Boston Celtics. 

Top 25 NBA free agents, based on @ESPNInsider future projections:
1. LeBron
2. Durant
3. Drummond
4. Whiteside
5-25: https://t.co/52TGevuwJi

— ESPN (@espn)
28 giugno 2016

Fra i free agent ci sono altri personaggi di spicco. Al Horford dei Celtics che ha rifiutato 25 milioni di dollari per restare a Boston, puntando a un quadriennale da 100 milioni, un affare anche per i Celtics: meno soldi subito, più anni di contratto che significa al giocatore complessivamente più soldi e alla dirigenza più spazio salariale per attirare giocatori. Jimmy Butler in bilico fra tante quadre, da Philadelphia ai Lakers, da Houston a Miami ai Brooklyn Nets. DeMarcus Cousins chiede fiducia dopo l’infortunio: un centro esperto di 2.11 può essere utile a tanti, anche come cambio, a cominciare dai Bucks. In casa Milwaukee, Khris Middleton vuole farsi un nome non come tappabuchi ma come protagonista: a Milwaukee o a Dallas? Poi c’è Tobias Harris che è arrivato a Philadelphia come merce di scambio e ora chiede soddisfazione e tranquillità economico. Esattamente come D’Angelo Russell, magari ai Phoenix Suns.

Nella storia della NBA ci sono stati free agent che hanno fatto epoca. Come LeBron James, e ben due volte: nel 2010, quando, addirittura in diretta tv Espn, annunciò The Decision, la decisione, da neo free agent, di giocare per i Miami Heat lasciando la sua casa Cleveland, e l’anno scorso, quando, convinto da Magic Johnson è passato ai Los Angeles Lakers per 153 milioni di dollari per 4 anni, anche se poi la stagione è stata fallimentare. Nel secondo caso, però, il trasferimento è stato meno doloroso visto che James aveva ormai portato quel titolo promesso ai suoi Cavaliers. 

Fece scalpore nel 2004 anche Steve Nash, uno dei playmaker più famosi dell’Nba, unico non-statunitense (è nato in Canada) a vincere l’MVP per due stagioni consecutive, che passò clamorosamente da Dallas a Phoenix, per 63 milioni in sei anni. Non vinse come l’ancor più famoso free agent Shaquille O’Neal che, nel 1996, fra i 117 milioni dei suoi Orlando Magic e i 122 dei Los Angeles Lakers, per sette anni, scelse la California, conquistando tre titoli Nba di fila accanto a Kobe Bryant. Storie e scelte, a volte clamorose, che solo un mercato complesso come quello della NBA può regalare.

 

Vedi: L'estate caldissima del mercato NBA
Fonte: sport agi


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