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Lennon batte McCartney, lo dice l'intelligenza artificiale

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Federer o Nadal, panettone o pandoro, Lennon o McCartney. Questione di gusti. Ma tra i due Beatles non solo. Hanno firmato decine di brani insieme. Spesso la paternità, solare, coincide con le dichiarazione di John e Sir Paul. Altre volte, i due hanno fornito versioni contrastanti e il principale autore non è stato stabilito con certezza. Non sapremo mai se – oggettivamente – il panettone sia più buono del pandoro. Ma l’intelligenza artificiale ha provato a capire cosa sia di Lennon e cosa di McCartney.

Lennon contro McCartney

Il punto di partenza, come sempre, è il dato. I ricercatori delle università di Harvard e Dalhousie hanno lavorato per tre anni a un algoritmo. E gli hanno dato in pasto i brani attribuiti con certezza all’uno e all’altro. L’intelligenza artificiale non è però ancora così intelligente. Non è sufficiente farle ascoltare qualche decina di canzoni: le servono molte più informazioni.

I ricercatori sono allora partiti dalla convinzione che un autore possa essere riconosciuto in base a singoli elementi di una canzone. E così hanno “scomposto” 70 pezzi (o porzioni di pezzi) dei Beatles in versi, parole, melodie, ritornelli, transizioni. In questo modo l’algoritmo si è fatto un’idea di quale fosse lo stile di Lennon e quale di McCartney.  

Chi ha scritto cosa

Sono venute fuori due cose: una riguarda i brani già attribuiti, più o meno pacificamente; l’altra (che è la vera novità della ricerca) dà un’etichetta alle opere tutt’ora contese. Tra i pezzi dei Beatles attribuiti a uno dei due (anche se firmati da entrambi), l’intelligenza artificiale ci ha azzeccato tre volte su quattro. Ci sono canzoni assegnate con estrema decisione, altre che sembrano il frutto di una collaborazione alla pari e altre ancora che sono state date al Beatles sbagliato. Ad esempio: l’intelligenza artificiale non ha avuto alcun dubbio ad attribuire (correttamente) a Lennon “No Reply”, “Help”, “All I’ve Got To Do”, “You’re Going to Lose that Girl”, “Ticket to Ride”, “Day Tripper”.

Allo stesso modo, non ha avuto tentennamenti nell’assegnare (giustamente) a McCartney “Love Me Do”, “I Wanna Be Your Man”, versi e ritornello di “Michelle”, “Yellow Submarine” e “Yesterday”. Ci sono stati però anche i casi in cui l’algoritmo non ha saputo “decidere”, dividendo le probabilità in parti uguali, come per Eleanor Rigby (di McCartney) e “You’ve Got to Hide Your Love Away” (di Lennon). In altri ancora si è sbagliata in pieno, attribuendo “She Said She Said” a sir Paul e “You Won’t See Me” a Lennon. Errori, certo. Che dicono però anche quanto lo stile dell’uno abbia influenzato l’altro.  

John batte Paul 8 a 0

Lo studio, a questo punto, ha fatto un passo avanti: ha provato a dare una risposta alle domande che non ne hanno ancora una. Cioè dire chi sia il principale autore di undici brani scritti (e non solo firmati) a quattro mani e di otto la cui paternità è discussa. Per quanto riguarda i pezzi frutto di collaborazione, l’algoritmo riconosce soprattutto la mano di Lennon in “I’ll Get You”, “Thank You Girl”, “I Want to Hold Your Hand”. Ci sarebbe invece un maggiore contributo di McCartney in “Baby’s in Black”, “The Word”, “From Me To You” e “She Loves You”. Ultimo capitolo, il più controverso. Ci sono brani, reclamati da entrambi, nei quali le versioni dei due Beatles non collimano. La ricerca ne ha individuati otto. E qui c’è una brutta notizia per i fan di sir Paul: in nessun caso l’algoritmo attribuisce la paternità al baronetto. Avrebbe sempre ragione Lennon. O, almeno, ci sono più probabilità che ce l’abbia. Esempio: l’origine di “In My Life”, pubblicato nel 1965, è dibattuta.

McCartney ha raccontato di una piena collaborazione sia sul testo che sulla musica. Lennon ha invece parlato di una partecipazione più defilata di Paul. La versione combacia con la scelta dell’intelligenza artificiale. Che ha pochi dubbi anche su “Ask me why”, “Do You Want to Know a Secret”, “Wait”, il “bridge” (una porzione di brano che affianca il ritornello) di “What Goes On” e quello (celebre) di “A Hard Day’s Night” (When I’m home everything seems to be right/When I’m home feeling you holding me tight, tight, yeah). È cantato da McCartney, che ne reclama anche la genesi. Lennon non era d’accordo. E neppure l’intelligenza artificiale lo è. Anche il bridge di “Michelle” è conteso, ma a parti invertite. Paul è sicuramente il principale autore del brano, ma Lennon si è intestato l’elemento di raccordo cui ha dato voce (“I love you, I love you, I love you/That’s all I want to say/Until I find a way). Per l’algoritmo, è molto probabile che abbia ragione.

 

Vedi: Lennon batte McCartney, lo dice l'intelligenza artificiale
Fonte: innovazione agi


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