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Le ragioni per cui la Cassazione ha detto 'no' a un nuovo processo sul delitto di Garlasco

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AGI – Non ci sono “prove nuove” alla base dell’istanza di revisione presentata da Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco nell’agosto 2007. Così la Cassazione, condividendo quanto sostenuto dalla Corte d’appello di Brescia, spiega perché, lo scorso 19 marzo, ha rigettato il ricorso della difesa di Stasi contro il ‘no’ alla revisione già pronunciato dai giudici lombardi nell’ottobre 2020.

Le tracce sul dispenser e i capelli sul lavandino

La Suprema Corte, nella sentenza depositata oggi dalla prima sezione penale, affronta subito la questione delle tracce sul dispenser di sapone, rilevando che “da una parte la convinzione dei giudici del rinvio dell’avvenuta pulitura del dispenser dopo che l’assassino si era lavato le mani derivava anche da ragionamenti di tipo logico discendenti da nuove emergenze probatorie, dall’altra era stata valorizzata la posizione delle impronte di Stasi sul dispenser e il dito coinvolto per dedurre che le impronte fossero state lasciate dopo il lavaggio delle mani, del lavandino e del dispenser stesso; il tutto nella consapevolezza che sull’oggetto fosse presente il dna di Chiara Poggi e che, quindi, il lavaggio non aveva reso l’oggetto totalmente immune da tracce”: per questo, “non si può ritenere che i giudici non avessero presenti le condizioni del dispenser“. E ancora: la presenza di capelli nel lavandino – si legge ancora nella sentenza – “era stata valutata implicitamente dai giudici, che non avevano ritenuto decisiva la presenza di quei capelli per ritenere non avvenuto il lavaggio del lavandino, dimostrato dall’assenza del sangue della vittima”.

Il filmato sulla testimonianza

Infine, i giudici di piazza Cavour non ritengono possa essere considerata quale prova nuova il filmato, trasmesso dalla trasmissione tv ‘Le Iene’, sull”esperimento’ riguardante la possibilità per una testimone di vedere, mentre passava davanti a casa Poggi, la portafinestra della cucina. “Il filmato – scrive la Cassazione – dimostra esattamente quanto mostravano le fotografie” già prodotte in precedenza dalla difesa: “il conducente dell’autovettura che si trovava nella condizione della testimone poteva astrattamente vedere la portafinestra della cucina; l’unico ‘arricchimento’ del dato fornito dal filmato è il lasso di tempo in cui questa astratta visione era possibile: due secondi”.

Quindi, secondo la Corte, “il filmato non fornisce alcuna prova nuova sul fatto che la testimone avesse effettivamente notato che la portafinestra della cucina, girando la testa mente guidava, e tanto meno che ella avesse effettivamente notato che la portafinestra della cucina era chiusa”. Per questo, concludono i giudici del ‘Palazzaccio’, l’ora del passaggio “diventa ininfluente” in quanto la testimone “non è stata in grado di fornire certezza sul fatto che, nel momento in cui passava con la sua autovettura davanti alla casa dei Poggi, le persiane della portafinestra della cucina fossero chiuse; quindi non può affermarsi, come non hanno fatto i giudici della condanna di Stasi, che il delitto fosse avvenuto dopo il passaggio dell’autovettura” della testimone, “cioè in un momento incompatibile con il rientro di Stasi nella sua abitazione e l’accensione del computer alle 9:35”.

Source: agi


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