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Le prossime elezioni Usa si giocheranno su un'insolita parola chiave: socialismo 

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Nel giorno in cui Bernie Sanders ha annunciato la discesa in campo, cresce la sensazione che una parola di dieci lettere segnerà la campagna per le presidenziali 2020: socialista. La prima dichiarazione di Sanders è stata “sono un democratico socialista”, in risposta a Kamala Harris, candidata californiana per i Dem, che ieri aveva chiarito di non esserlo. Mentre Alexandria Ocasio-Cortez, dopo il lancio del Green New Deal, è stata attaccata da Donald Trump con una promessa: “Gli Stati Uniti non diventeranno mai un Paese socialista”. 

Ventotto anni dopo la fine dell’Unione Sovietica, la parola tabù per gli americani è al centro di ogni dibattito. Trump e i repubblicani la usano come tormentone per tenere unito l’elettorato. “Socialista” è stata definita la proposta di Elizabeth Warren, altra candidata dem alla Casa Bianca, di tassare i super redditi per garantire cure gratis a dodici milioni di bambini. E socialista la proposta di rendere le università gratuite, lanciata da Sanders. La battaglia vinta da Ocasio-Cortez contro l’insediamento del quartier generale di Amazon a New York ha rappresentato un punto di rottura con il passato: dagli anni Trenta, i democratici erano sempre stati a favore degli investimenti industriali. I repubblicani sono pronti a impostare tutta la campagna sulla contrapposizione tra “socialismo” e “libertà” come ai tempi del maccartismo.

Ma il Paese da quale parte sta?

Secondo un sondaggio Gallup, presentato l’anno scorso dalla Cnbc, i giovani americani sono meno affascinati dal capitalismo: solo meno del 45 per cento lo vede come un valore positivo. Nel 2010 era il 68 per cento. Il 51 per cento, invece, considera il socialismo un elemento positivo, stessa percentuale di nove anni fa. In un altro sondaggio, del 2016, era emerso che tra gli elettori democratici il 45 per cento, tra quelli sotto i 45 anni, preferiva il socialismo, contro il 19 per cento di sostenitori del capitalismo. Per il 60 per cento degli intervistati il socialismo poteva avere un “impatto positivo”.

Nonostante la parola crei inquietudine in gran parte dell’America rurale, che pesa sul risultato elettorale ben oltre il sessanta per cento, molti, dentro i Democratici, cominciano a considerare la parola “socialismo” con meno diffidenza. Ritengono che, forse, li definisca meglio e sia capace di incrinare l’immagine di partito espressione dell’elite al tempo di Hillary Clinton. Il fatto che i due miliardari, Howard Schultz, fondatore di Starbucks, e Michael Bloomberg, abbiano attaccato la “politica socialista” di tassare i super ricchi, potrebbe disorientare qualche elettore tradizionale, ma catalizzare l’attenzione dei giovani verso un partito che, negli ultimi anni, si era un po’ allontanato

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Fonte: estero agi


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