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LE PAROLE DELL’ARTE – 14

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Didascalie delle opere a corredo dell’articolo precedente (n. 13)

Immagine n 25

Sandro Botticelli (1445 -1510), La Primavera, 1480 c. Tempera grassa su tavola, m. 2,07 x 3,19, Uffizi Firenze

Immagine n. 26

Umberto Boccioni (1882 – 1916) Antigrazioso, 1913 gesso patinato,   alt. 58, largh. 50, prof. 40, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma

 

 

 

  1. LE PAROLE DELL’ARTE

 

Se non basta guardare per comprendere è legittimo chiedersi cosa guardare per comprendere.

Ci si  può avvicinare all’arte con modalità diverse e personalissime ma, se si vuole comprenderne il senso, il  rapporto non può essere semplicemente emotivo.

La peculiarità della cultura artistica pretende l’acquisizione di competenze storico/artistiche specifiche per l’accesso alla comprensione delle complesse problematiche culturali (interpretazione, riferimenti estetici/filosofici/letterari, referenzialità/autoreferenzialità, analisi stilistica, analisi iconografica …) che non possono essere banalizzate in una serie di luoghi comuni.

 

La Primavera di Botticelli affascina per la grazia dei colori, per il suo perfetto impianto compositivo e, per questo,  merita tutta l’ammirazione che frotte di turisti ogni giorno le dedicano:

l’Antigrazioso di Umberto Boccioni sembra invece aver perso del tutto qualsiasi volontà di comunicazione.

 

Certo qualsiasi confronto è improponibile e poco  sportivo se uno dei corni del dilemma è la perfezione assoluta, cioè il mito.

 

«É un peccato che tanta diligenza non avesse la sua perfezione, né la grazia come avrebbe ai tempi nostri».

I ‘tempi nostri’ (in realtà i tempi di sempre!) sono quelli di Giorgio Vasari (1511/1574) che, contemporaneo e ammiratore di Michelangelo, sanciva  una serie di preconcetti legati proprio all’arte che hanno corso ancora oggi e sono di difficile estirpazione.

Nella ricostruzione storica  imprescindibile di Vasari, iniziatore della critica artistica, è  teorizzato il concetto di evoluzione che non è una problematica di poco conto e comporta una serie di effetti a catena pericolosi nella loro banalità: ‘infanzia dell’arte’ (per Vasari è rappresentata da Giotto), ‘maturità’  (Michelangelo e Leonardo, per Vasari), ‘decadenza’ (tutto il Cinquecento che viene liquidato con la parola Manierismo) ‘ morte’ (teorizzata nel Novecento).

Amen.

 

Personalmente non ho mai creduto nell’artista/mito  (lascio ad altri questa ricerca di inutili assoluti) e confesso che a lungo ho ragionato e  molto ragiono su questi concetti che in realtà, anche se espressi in tempi, in ambiti e in termini diversi, sono la sintesi delle ‘attese deluse’ nel sentire comune che pretende, dall’arte contemporanea, certezze (qualcosa, cioè, che proprio l’arte non può – né deve, a mio parere – dare).

 

Sia La Primavera nella quale tutto si svolge su un proscenio naturale punteggiato da decine di fiori  diversi (per alcuni studiosi, ogni fiore nasconde un simbolo), sia l’Antigrazioso nel quale sembra essere venuto meno qualsiasi legame con la realtà, fanno trapelare altri significati simbolici e/o filosofici che invitano ad ‘andare oltre’ – attraverso necessari approfondimenti –  tutti  coloro che si interrogano sul significato complessivo.

Cosa guardare, quindi,  per comprendere?

Propongo di sostituire la parola ‘certezze’ con la parola ‘relazione’ che potrà suggerire qualche chiave di lettura per entrare, sempre in punta di piedi, anche nell’Antigrazioso di Umberto Boccioni.  (continua)

 

Linguaggi a confronto

 

 

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