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Le pari opportunità come motore dell'innovazione 

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Innovazione è la parola d’ordine di un ecosistema in cui la competizione si gioca su scala globale. Per riuscire a innestare la marcia giusta per trovare soluzioni alternative nei propri business, tuttavia, le aziende non possono più limitarsi ad assumere i cervelli migliori: serve una cultura dell’uguaglianza.

È quanto emerge da uno studio condotto da Accenture: la ricerca, nata da un sondaggio rivolto a 18.200 tra manager e dipendenti di aziende di 27 Paesi tra cui l’Italia, prova anche a offrire una stima dei vantaggi economici derivanti da ambienti di lavoro dove le opportunità siano uguali per tutti.

Se le aziende incoraggiassero i propri dipendenti ad innovare, in dieci anni il Pil globale potrebbe aumentare di 8 trilioni, cioè 8 miliardi di miliardi di dollari. Stime fantascientifiche ma che rivelano come il motore economico, oggi più che un tempo, risieda nella capacità di modificare i processi produttivi tradizionali.

Per innovare serve una cultura dell’uguaglianza: ecco come

Sviluppare una cultura dell’uguaglianza sul posto di lavoro, si legge nel rapporto Getting to equal 2019, significa offrire “a tutti le stesse condizioni per avanzare professionalmente”.

Accenture ha individuato 40 fattori, racchiudendoli in tre macro-categorie: un ambiente responsabilizzante, che offra quindi la libertà di essere creativi e di lavorare in maniera flessibile; una leadership coraggiosa che ponga l’uguaglianza in termini di obiettivi misurabili; infine, un’azione inclusiva che supporti gli interessi di tutti, cancellando i pregiudizi che rappresentano le barriere di accesso al lavoro.

Sono questi i cardini per innovare: una cultura dell’uguaglianza, secondo lo studio, sarebbe la condizione per sviluppare una mentalità innovativa, che poi altro non è che avere la libertà di sperimentare, di mettere a punto e testare nuove idee senza il timore del fallimento, di usare nuovi strumenti e di guardare dentro e fuori dalla propria organizzazione per cercare nuovi spunti.

Già oggi, sostiene Accenture, questa capacità d’innovazione è sei volte più marcata nelle società dove l’uguaglianza viene rispettata. In Italia il 46% degli intervistati sostiene di non avere impedimenti ad innovare, un dato che precipita al 4% nelle culture con minor propensione alle pari opportunità.

 

Tutti pensiamo che innovare sia importante, ma non tutti lo fanno

“Innovare è bello”: su questo sembra che quasi tutti siano d’accordo. Il sondaggio rivela infatti che il 95% dei dirigenti pensa che sia vitale per sopravvivere nella competizione, e il 91% dei dipendenti desideri contribuire. Ma non c’è convergenza quando, invece che di intenzioni, si parla di innovare per davvero: mentre tre manager su quattro sono convinti di aver innescato una spirale di cambiamento nella propria azienda, meno di un lavoratore su due ritiene di essere aiutato a farlo. Come a dire che a parole siamo tutti innovatori, ma alla prova dei fatti gli effetti non sono proprio gli stessi.

La ragione potrebbe risiedere negli incentivi offerti ai dipendenti: più che un bonus in busta paga, ciò che serve è proprio la cultura dell’uguaglianza. Che in questo caso si traduce nel coinvolgimento diretto del personale nelle strategie societarie.

Vedi: Le pari opportunità come motore dell'innovazione 
Fonte: innovazione agi


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