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Le mosse delle Big Tech e delle case automobilistiche per affrontare la crisi dei microchip

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AGI – Fino al 2024. Tanto la crisi di chip e dei semiconduttori potrebbe durare, almeno stando alle parole del CEO di IntelPat Gelsinger. In base ad una serie di stime interne, la multinazionale statunitense specializzata nella produzione di semiconduttori e microchip prevede che le problematiche di approvvigionamento di chip e semiconduttori vadano avanti altri due anni, mentre fino a qualche mese fa in tanti ipotizzavano un miglioramento della situazione per l’inizio del 2023. 

A pesare anche le incertezze su palladio e neon

In generale, ha spiegato il CEO del colosso di Santa Clara (California), fabbriche e apparecchiature sono messe a dura prova da numerosi fattori esterni, tra cui il conflitto fra Russia e Ucraina, che ha posto nuovi dubbi sul futuro dei semiconduttori a causa delle incertezze su palladio e neon, materie prime di cui quel territorio è ricco.  

Proprio Intel a marzo aveva presentato un piano di investimenti per lo sviluppo e la produzione di chip in Europa (80 miliardi in 10 anni, 4 e mezzo in Italia). I primi 17 miliardi di euro serviranno per la realizzazione di un mega-impianto all’avanguardia in Germania per la produzione di semiconduttori, la creazione di un nuovo hub di ricerca e sviluppo (R&D) e di design in Francia, e investimenti nell’R&D, nella produzione, nei servizi di fonderia e nelle fasi di backend della produzione in Irlanda, Italia, Polonia e Spagna. 

Una crisi, tante cause

La carenza globale di chip è stata generata da un mix di fattori che includono l’aumento della domanda di tecnologia durante la pandemia, l’interruzione della produzione legata al COVID, la crescente domanda di chip da parte dei produttori di automobili. E ora la crisi internazionale successiva all’aggressione russa ai danni dell’Ucraina. A condividere le preoccupazioni (e le scelte) di Intel è tutto il settore dell’elettronica di consumo (dai tostapane ai bollitori ai jet da combattimento alle console di gioco, passando ovviamente per smartphone, tablet e personal computer) e proprio dell’automotive, costringendo le grandi aziende a ridimensionare (o ricalibrare) i propri obiettivi. 

Mancano anche le macchine per produrre chip

A scarseggiare non sono solo i chip ma anche i chip per le macchine per la produzione di chip. L’acquisto di nuove macchine per la produzione di chip non è mai stato un processo veloce, data la loro complessità e delicatezza, ma i tempi di consegna prima della pandemia si misuravano in mesi. Ora, dicono Intel e TSMC (l’azienda che produce i chip di Apple a 5 nm e che ha prodotto lo scorso anno il Qualcomm Snapdragon 865 con processo produttivo a 7nm), quel tempo può durare anche 2-3 anni.

Qui Cupertino. l’analisi di Luca Maestri

Il CEO di Apple Tim Cook ha segnalato la scorsa settimana, in occasione della pubblicazione dei dati trimestrali, che la società «non è immune» dalle sfide della catena di approvvigionamento, osservando che il business dell’iPad ha avuto «vincoli di fornitura molto significativi» durante l’ultimo trimestre. In particolare l’analisi del CFO di Apple, Luca Maestri, si è soffermata sui vincoli di fornitura legati all’emergenza Covid-19: secondo Maestri potrebbero danneggiare le vendite per un importo compreso tra i 4 e gli 8 miliardi di dollari.

Nokia, freno alla crescita

Secondo il CEO di Nokia Pekka Lundmark le società di telecomunicazioni finlandesi sarebbero cresciute più velocemente nell’ultimo trimestre se non fosse stato per problemi di catena di approvvigionamento. Lundmark vede però miglioramenti per la fine dell’anno.

Daimler e Volvo

Le aziende automobilistiche, che tendono a utilizzare chip meno avanzati, sono tra quelle che più risentono dell’impatto della crisi dei chip. Il CEO di Daimler Ola Källenius ha dichiarato che le continue carenze di forniture, in particolare per quanto riguarda i semiconduttori, sono una delle tre sfide principali nell’attuale contesto economico. Källenius ha aggiunto che i nuovi blocchi Covid in Cina, uno dei più grandi mercati di Daimler, potrebbero influenzare le catene di approvvigionamento in tutto il mondo. Il CEO di Volvo Cars, Jim Rowan, ha detto che la società sarà interessata dal problema nel secondo trimestre.

Source: agi


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