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Cosa scrivono gli altri (AGI -Le mafie sono mutate, come le varianti di un virus. "Vaccinare le imprese")

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AGI – “Potenziare gli interventi patrimoniali a sostegno dell’economia sana contro le aggressioni della criminalita’ organizzata nell’epoca post pandemica”. La Conferenza dell’Onu di Kyoto sulla prevenzione del crimine, che si e’ tenuta questa settimana, ha preso atto nella dichiarazione finale che in un anno il mondo e’ cambiato e che, soprattutto, la criminalita’ organizzata e’ piu’ svelta degli Stati nell’adeguarsi al mutamento e cogliere le opportunita’ per fare piu’ soldi. “Dovremmo rispondere con una cooperazione giudiziaria veloce almeno quanto i loro trasferimenti internazionali di cocaina”, ha detto nel corso di una recente conferenza della Commissione europea il procuratore Nazionale Animafia, Federico Cafiero De Raho.

Uno degli strumenti per farlo e’ la Convenzione di Palermo, che oggi, a distanza di vent’anni dalla sua formulazione, assume “sempre piu’ un ruolo cardine, nel diritto internazionale, nella lotta ai profitti illeciti”, spiega Costantino Visconti, ordinario di diritto penale all’Universita’ di Palermo, facendo con l’AGI il punto sulla lotta transnazionale contro le mafie. La Convenzione di Palermo fu siglata il 15 novembre del 2000. Entro’ in vigore il 29 settembre 2003 con l’adesione, ad oggi, di 190 Stati dell’Onu su 193. Essa rappresenta la cornice giuridica piu’ ampia e lo strumento piu’ attuale e importante per la cooperazione di polizia nel contrasto al crimine organizzato.

“E’ il massimo strumento di cooperazione giudiziaria a nostra disposizione – spiega Visconti, con De Raho da poco nel gruppo di esperti che per due anni sono chiamati a dare un giudizio sulla Convenzione stessa e sui passi avanti, o indietro, fatti dagli Stati che l’hanno siglata. “Il sistema valutativo – prosegue – e’ articolato: ogni Stato si fa valutare da due Stati e a sua volta ne valuta altri due. Spero che in questo meccanismo di revisione si apra anche un ragionamento piu’ ampio, in cui l’Italia puo’ assumere ancora una volta una leadership“.

La lotta transnazionale contro le mafie, infatti, ha un imprinting tricolore, e incornicia la vita di un magistrato come Giovanni Falcone, protagonista di un drammatico “passaggio del testimone” nel 1984. Fu lui, infatti, a prendere il posto di Rocco Chinnici all’incontro operativo sulle attivita’ della criminalita’ organizzata, messo a punto da Italia, Usa e Canada, che si tenne a Ottawa nel gennaio di quell’anno. Inizialmente l’incontro era stato fissato per il mese di giugno del 1983. Poi venne spostato. Chinnici aveva confermato il 7 aprile la propria partecipazione. Nel luglio del 1983 fu ucciso. Un simile intreccio di date e appuntamenti internazionali ha segnato la vita e la morte di Falcone: poche settimane prima di essere ucciso il giudice aveva partecipato a Vienna alla prima sessione delle Nazioni Unite sulla prevenzione del crimine e sulla giustizia penale e in quella sede chiese con forza un impegno globale nella lotta alle mafie.

Lo scorso anno l’Untoc (United Nations Convention against Transnational Organized Crime) ha approvato la “risoluzione Falcone” presentata dall’Italia, che riconosce il suo ruolo pionieristico e come il suo “lavoro e sacrificio abbiano aperto la strada all’adozione della Convenzione”. “Le organizzazioni criminali tendono a travalicare i confini degli Stati – afferma Visconti, che insegna Mafie, economia e prevenzione penale – cosi’ come li ha travalicati da tempo il commercio globalizzato. Falcone si accorge, seguendo il filo dei soldi, che Cosa Nostra ha interessi dovunque. Oggi sono concordi tutti: mai come adeso Cosa Nostra palermitana, in 150 anni di vita, e’ sotto stress. Mai ha ricevuto tali e tanti colpi. Ci furono 17.000 condannati nell’era Mori, ma per pene non superiori ai quattro anni e non furono intaccati i patrimoni dei mafiosi. Oggi, quando un mafioso di rango entra in carcere, prima di vent’anni non esce. E riusciamo a impadronirci dei loro patrimoni di milioni di euro. Per Cosa Nostra tutto questo e’ una grandissima novita’, e spero che sia l’inizio della fine“.

“Ma – avverte Visconti – dobbiamo fare attenzione: la ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e le camorre restano formazioni potentissime, che lavorano su diversi canali, e piu’ vengono colpite in Italia piu’ si rafforzano all’estero. La ‘Ndrangheta e’ forse la piu’ potente organizzazione criminale nel mondo, per capacita’ patrimoniali e per essere in grado di riprodursi in modo uguale in diverse parti del pianeta. Le mafie italiane hanno toccato il punto piu basso di vitalita’, ma la pressione permanente degli Stati le spinge a favorire il rapporto con l’estero. Gli utili poi rientrano in Italia. E numerosi colletti bianchi a Genova, Milano, Bologna – sono disponibili a fornire loro il know-how necessario per reinvestire i capitali”.

La Convenzione di Palermo “parte proprio da questa premessa: esistono caratteristiche analoghe tra i gruppi criminali. Solidita’ interna e capacita’ di infiltrazione all’esterno, nelle attivita’ economiche, sono i punti comuni delle mafie internazionali, su cui far convergere la pressione degli Stati: se devo beccare qualcuno in Norvegia, li’ non esiste reato associativo; se devo far estradare un mafioso condannato per reato associativo dal Canada, ho difficolta’. E’ su questi snodi che si deve intervenire, con un elemento strategico: la cooperazione”. Su questi temi “si puo’ far parlare tra loro sistemi giudiziari diversi come il Sole e la Luna, come quello cinese e quello italiano, ad esempio”.

E’ stato De Raho a ricordare che “in una indagine sviluppata di recente e’ emerso come soggetti contigui alla ‘Ndrangheta abbiano creato societa’ in alcuni Paesi extraeuropei per la compravendita di dispositivi di protezione individuale. In alcuni casi l’acquisto di tali dispositivi era quasi pari al loro prezzo di vendita: attraverso il passaggio di ordinativi e di flussi finanziari dall’uno all’altro soggetto si e’ portata in Cina una grossa disponibilita’ finanziaria. In quel Paese, e’ evidente, sono stati creati soggetti referenti di quelli che operavano nei Paesi europei, gestiti dalla stessa triangolazione criminale”.

Bisogna avere in mente l’obiettivo, se i Paesi vogliono intendersi tra loro: “Colpire sempre e comunque – insiste Visconti – gruppi organizzati stabili nel tempo, coesi al loro interno e dediti ad attivita’ criminali del profitto. Avere una convergenza su questo dato e’ fondamentale” La tratta degli esseri umani, i traffici di rifiuti e adesso anche quelli legati alla pandemia richiedono “soluzioni integrate dal punto di vista internazionale. La grande ricchezza che ci ha lasciato Falcone e’ proprio questa saggezza”.

Nel corso di un anno, dall’inizio della pandemia, le mafie sono mutate, come un virus che aggiorna i propri modi di aggredire l’economia sana attraverso le varianti. “Nel corso di un anno sono state segnalate 11.000 operazioni sospette di riciclaggio – ha detto De Raho – e 200 casi anno dato impulso a attivita’ giudiziarie”.

A Kyoto sono stati sottolineati il diverso “modus operandi” e “le differenti forme ed estensioni dei gruppi criminali organizzati”, pronti ad appropriarsi di imprese sane, che afferma De Raho, senza aiuti da parte dello Stato diventano “ostaggi”. “Oggi le mafie – ha affermato – scelgono la forma delle societa’ di capitali per mascherarsi e infiltrarsi nell’economia. Esse sono pronte ad offrire il loro danaro agli imprenditori che si trovano di piu’ in difficolta’. Attraverso false fatturazioni o documentazioni entrano nei soggetti economici che hanno bisogno di sostegno, si mimetizzano e aiutano a quella attivita’ a riprendere, ad andare avanti. Cosi’ quello stesso soggetto economico finisce per essere ostaggio della criminalita’ organizzata”.

In Italia, spiega Visconti, e’ stato messo in piedi negli anni un “sistema binario” per difendere l’economia sana dalle aggressioni. “Esiste – sottolinea – un piano aggressivo, che prevede la sottrazione dell’impresa ai proprietari e il suo incameramento; e ne esiste un altro, terapeutico: l’impresa sana non viene sequestrata ma sottoposta a controllo. E’ una sorta di tutoraggio, con l’alleanza degli stessi proprietari. Con il nostro codice antimafia noi siamo molto avanti, e possiamo proporlo come modello internazionale: si entra nell’azienda per tre anni, la si ‘vaccina’ e la si restituisce ai proprietari. Siamo agli inizi di questo modello, ma sta dando grandi risultati. E sa chi e’ il padre di questo modello? Giovanni Falcone, un visionario, che aveva questo progetto in un cassetto del ministero della Giustizia”.

Source: agi


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