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Le interviste degli altri (Il Riformista – Vietti: «Dopo Palamara tante parole e nessuna riforma»)

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«Non ci si può illudere di superare le degenerazioni affidandosi a patetiche “autoriforme” del Csm. Serve un’assunzione di responsabilità della politica»

Il Riformista (Italy)

9 marzo 2021

Aldo Torchiaro

Michele Vietti, avvocato e giurista, in politica prima nel Ccd e poi nell’Udc, ha assunto la carica di vicepresidente del Csm dall’agosto 2010 al 2014, dopo esserne stato componente laico sin dal mandato 1998-2001. Il suo nome ricorre in diverse pagine del libro Il Sistema, in cui Alessandro Sallusti raccoglie le confessioni di Luca Palamara.

Il sistema Palamara che cos’era?

Una degenerazione delle correnti della magistratura che, messa in secondo piano la loro vocazione ad essere luoghi di elaborazione e confronto di idee e proposte di politica giudiziaria, si sono concentrate sulla spartizione di incarichi.

Sì, ma possiamo parlarne al passato?

Credo che la tentazione dell’autoreferenzialità sia forte, nella magistratura come in tutte le corporazioni e che non ci si possa affidare solo a predicozzi moralistici per invertire una tendenza che si è rivelata molto radicata e dagli effetti dirompenti. Solo una riforma che sia frutto finalmente dell’assunzione di responsabilità da parte della politica, può porre rimedio alle distorsioni che il “caso Palamara” ha portato alla luce e che non ci si può illudere di superare, come è successo in passato, affidandosi a patetiche “autoriforme” del CSM.

E questo in concreto come si traduce?

Certo se ci si continua a scandalizzare per quello che è successo senza fare assolutamente nulla, tra qualche tempo non dovrà stupire lo scoppio di una nuova puntata. Sono quasi due anni che si parla di Palamara ma non ho visto un solo intervento riformatore messo in campo da chi ne aveva la titolarità.

Nel libro di Palamara lei viene citato più volte. Quali furono i rapporti tra voi?

Non esito a dire che gli sono stato amico e l’ho frequentato a lungo nei vari ruoli istituzionali che ho ricoperto. Ne ho apprezzato la passione per il suo lavoro associativo e la capacità di rappresentare le istanze dei suoi colleghi. Avevamo sensibilità e stili diversi, ma questo non ci ha impedito di collaborare. Comunque il giudizio di onestà che mi rivolge in quella sede lo considero un complimento.

Anche lei fu parte di un sistema, era possibile andarvi contro?

Continuo a pensare che le correnti possano essere governate e non necessariamente subite: certo ci vuole autorevolezza, senso istituzionale e dignità del ruolo. E ci vogliono riforme incisive.

Una cosa che lei avrebbe dovuto fare e invece non ha fatto, all’epoca?

Avrei voluto convincere i miei consiglieri ad essere più rigorosi nelle valutazioni periodiche, nelle progressioni in carriera e nel giudizio disciplinare: la legittimazione dei magistrati non viene dal consenso, come per gli esponenti degli altri due poteri, ma dalla selezione, dalla professionalità, dall’equilibrio, in una parola dalla credibilità, che l’organo di governo autonomo deve preservare come il bene più prezioso.

Una riforma complessiva del Csm è possibile? Quale?

Riforma della legge elettorale, incompatibilità tra ruolo amministrativo e disciplinare del consigliere, snellimento dei pareri, norma primaria sintetica per la nomina degli uffici direttivi che consenta di scegliere i migliori in forza di un atto politico e non di uno slalom tra requisiti contraddittori che giustificano forzature in nome di un ossequio formale, attribuendo al giudice amministrativo il ruolo di ultima istanza rispetto alle decisioni di chi la magistratura ordinaria dovrebbe governare. Queste e tante altre proposte sono sul tavolo. Non vedo però la volontà politica di attuarle.

Questo suo impegno di oggi in Finlombarda segna un taglio col passato?

Per la verità di diritto dell’economia mi sono occupato all’epoca della riforma del diritto societario e di quello fallimentare. Essere alla guida della prima finanziaria regionale italiana nonché dell’Associazione di tutte le finanziarie regionali mi onora e mi stimola per il grande ruolo che questi istituti potranno avere per la ripresa economica del Paese, anche veicolando le ingenti risorse del Recovery fund.

La Lombardia rappresenta ancora un esempio di innovazione?

La Lombardia è una tra le prime regioni d’Europa per produttività, innovazione, movimentazioni finanziarie, investimenti, ricerca e sviluppo.