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Le interviste degli altri (Corriere della Sera – Professor Locatelli «Lotta alle varianti Con le nuove regole diffusione dei contagi giù dopo le festività»)

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Il professor Locatelli: la copertura offerta dai vaccini produrrà cambiamenti non in settimane ma in mesi

Corriere della Sera

 marzo 2021

di Margherita De Bac  

Professor Franco Locatelli, possiamo ancora fidarci dei vaccini e, in particolare, di quello di AstraZeneca? «Come presidente del Consiglio superiore di sanità non ho esitazione a dire che è indispensabile procedere con tutti gli approfondimenti necessari. In un Paese sanitariamente così evoluto come il nostro, quando arrivano segnalazioni di incidenti gravi o fatali devono essere messe in atto tutte le misure per capire le cause. Il ritiro precauzionale del lotto cui apparteneva la dose somministrata dimostra l’efficienza del sistema di farmacovigilanza».

Perché tutti questi «incidenti»?

«Con altrettanta chiarezza e fermezza, va detto che non vanno tratte conclusioni affrettate sul nesso di causalità. Occorre basarsi sulle evidenze, altrimenti si rischiano reazioni emozionali. E non dimentichiamoci che l’efficacia del vaccino AstraZeneca è assai elevata, essendo superiore all’80% per tutte le manifestazioni di Covid-19 e si avvicina al 100% per la copertura dalle forme gravi». Quindi non dobbiamo rifiutare questo vaccino?

«Nessun dubbio a risponderle no, non dobbiamo rifiutarlo. Milioni di persone in Europa lo hanno ricevuto senza sviluppare problemi e questo dato rassicura sul profilo

di sicurezza, così come anche su quello degli altri oggi disponibili. Il vaccino AstraZeneca contribuirà a proteggerci dall’epidemia».

La variante inglese che ha preso il sopravvento è l’unica causa della recrudescenza dell’epidemia?

«La maggior capacità contagiante della variante inglese, oggi largamente predominante sul territorio nazionale, è fuori discussione e ha giocato un ruolo determinante nel sostenere la ripresa della curva epidemica. Non scordiamoci mai, tuttavia, che contribuiscono anche comportamenti individuali e, pur avendo oggi a disposizione i vaccini, non dobbiamo minimamente deflettere da tutto quello che abbiamo imparato

in questi mesi. La copertura offerta dai vaccini non si tradurrà in un cambiamento totale in pochissime settimane: sarà un processo progressivo che troverà compiuta realizzazione solo tra alcuni mesi».

La nuova fase di forte espansione dell’epidemia era attesa in questa forma «acuta»?

«Vi era certamente il timore legato alla diffusione di varianti connotate da maggior potere contagiante, e l’analisi costante dell’evoluzione della curva epidemiologica ha esattamente lo scopo di intercettare cambiamenti predittivi di impatto sui servizi sanitari, quali, ad esempio, l’occupazione di posti letto nelle terapie intensive. In questa logica, si è valorizzato il criterio dell’incidenza cumulativa a 7 giorni superiore ai 250 casi ogni 100.000 abitanti come parametro addizionale utile a identificare in maniera più tempestiva tutti i contesti territoriali connotati da maggior circolazione virale».

La chiusura di tre settimane, se non accompagnata da una campagna di vaccinazione a raffica, può essere efficace?

«Seguendo il principio di massima cautela, si è deciso d’innalzare il livello delle misure, nella logica di contenere la diffusione del virus, così da trovarci in una situazione epidemiologica più favorevole dopo Pasqua. Al primo posto c’è la tutela della salute, ma è evidente che esiste anche una crisi economico-sociale da non sottovalutare. Ecco perché resto convinto dell’utilità del principio della proporzionalità e dell’adeguatezza degli interventi». Perché la Sardegna è l’unica regione in bianco?

«È un modello da valorizzare, dimostra come si possa scendere sotto la soglia dei 50 casi ogni 100 mila abitanti, ritenuta critica per garantire il tracciamento dei positivi. È possibile che la regione sia stata facilitata da una situazione più gestibile rispetto ad altre aree del Paese, ove la densità di popolazione e i contatti anche lavorativi sono più elevati. Altri fattori, tra cui politiche di testing e screening, hanno contribuito, sposandosi a comportamenti virtuosi dei sardi».