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LE DONNE DI KABUL

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Dalla riconquista di Kabul da parte dei Talebani in Afghanistan è l’inferno. Non vogliamo più vedere donne e uomini che scappano dal proprio Paese, per la mera sopravvivenza fisica, rischiando di morire appesi alle ruote di un aereo in volo. E non vogliamo più rivedere madri che lanciano i propri figli, i propri bambini, oltre il filo spinato, per consegnarli al futuro

di Anna La Mattina

Tutte le guerre sono un atto supremo di follia… Ma la guerra genera un grande giro di soldi: la cosiddetta economia di guerra…

Giuliana Musso, attrice drammatica

La ritirata programmata delle forze occidentali, che hanno garantito per vent’anni la pace e l’introduzione dei principi democratici nel Paese, la conquista dei diritti civili delle donne, che hanno sempre pagato caro il prezzo della cultura fondamentalista islamica, che le vede mero oggetto d’uso, alla mercé degli uomini, ha provocato un nuovo disastro umanitario.

In questi ultimi vent’anni, il governo di Kabul, grazie all’operazione NATO denominata “Resolute Support Mission”, aveva trovato supporto nelle forze occidentali operanti, che erano divenute una postazione di garanzia per il popolo afghano, il che aveva reso possibile l’introduzione di riforme democratiche e di uno stato di diritto in quella nazione.

La conquista di diritti civili, come l’accesso all’istruzione per tutti, il diritto al lavoro fuori casa per le donne nonché la loro partecipazione alla vita sociale e politica del Paese, erano divenuti una realtà: solo nella serenità di una vita giusta e pacifica l’essere umano può costruire la sua vita e il suo futuro.

Ma l’accordo di Doha, capitale del Qatar, firmato tra la fazione afghana dei Talebani e gli Stati Uniti d’America, sotto la presidenza Trump, il 29 febbraio 2020, getta tutto alle ortiche: il trattato prevede il ritiro delle forze armate statunitensi entro il 31 agosto 2021, contro il porre fine al conflitto armato in Afghanistan, in piedi dal 2001. In seguito a tale accordo si decise anche il progressivo ritiro delle forze militari internazionali, dell’Operazione sostegno risoluto della NATO: fu annunciato che dal 1° maggio 2021 sarebbe cominciato il progressivo ritiro dei militari occidentali, per finire formalmente il 12 luglio 2021.

La domanda è: perché tutto questo?

Visto che all’indomani del suddetto ritiro i talebani hanno preso possesso del governo di Kabul, senza troppa fatica e con i metodi violenti di sempre, imponendo il solito regime fondamentalista antidemocratico, sorge spontanea un’altra domanda, che preme in ognuno di noi per avere una risposta: il governo del Presidente afghano Ashraf Ghani, che se l’è data a gambe levate, dimostra chiaramente che in vent’anni non vi è stato nessun impegno per la formazione di una classe dirigente che potesse governare democraticamente e con coraggio il Paese.

Le mentalità sono dure a morire… e forse quella gente non era pronta per essere abbandonata a sé stessa. Ma allora perché le forze NATO mollano? Perché, con ogni probabilità, i loschi interessi internazionali, quelli che mai nessuno rivelerà, se non la Storia un giorno, hanno permesso e stanno ancora permettendo che la popolazione afghana venisse nuovamente gabbata, ridotta allo stremo delle forze, alla fame, in preda alla paura e alla disperazione per i pericoli incombenti, conseguenza della restaurazione del regime talebano. Soprattutto (e sottolineo soprattutto!) per le donne e le bambine di quel Paese.

In questi ultimi vent’anni le donne afghane avevano conquistato diritti ineguagliabili con il loro passato: vi erano magistrate, sindache, giornaliste, interpreti, ma anche semplici lavoratrici che potevano mantenersi e mantenere i propri figli, senza per forza sottostare al volere degli uomini di famiglia, dei padri-padroni. L’accesso alla cultura aveva dato loro la vera libertà, quella dell’animo, nell’acquisizione di nuove consapevolezze. E adesso tutto questo è finito! Ma non solo è finito: queste donne rischiano la vita per ciò che hanno conquistato, per ciò che pensano e che fanno.

Le donne che hanno esercitato un potere nel paese oggi rischiano la vita, così come la rischia ogni afghano, per aver collaborato con gli occidentali: vi sono in corso rastrellamenti casa per casa, per scovare chi ha osato tanto! I rastrellamenti anti-ebrei si ripetono, in diverso tempo e in diverso luogo, in barba a quanto è stato studiato in questi settantacinque anni che ci separano dalla Seconda guerra Mondiale.

Non vogliamo più vedere donne e uomini che scappano dal proprio Paese, per la mera sopravvivenza fisica, rischiando di morire appesi alle ruote di un aereo in volo. E non vogliamo più rivedere madri che lanciano i propri figli, i propri bambini oltre il filo spinato, per consegnarli al futuro, nelle braccia dei militari occidentali, alcuni dei quali hanno confessato di aver pianto, come abbiamo pianto noi guardando quelle immagini inverosimili al telegiornale, mentre ci si immedesimava, pensando ai nostri figli e ai nostri nipotini. Cosa avremmo provato noi se fossimo stati al loro posto?

Tutto questo deve essere fermato subito! Non bastano accordi e promesse: le donne e le madri afghane necessitano di atti concreti immediati, per essere salvate.

Io voglio pensare che quelle mamme abbiano nascosto un biglietto con il loro nome ed un loro recapito, nelle tasche dei loro bambini, affinché qualcuno possa presto, un giorno, contattarle e non perdere mai definitivamente i loro figli.

Tuttavia rimangono quei perché senza una risposta certa e chiara, ma soprattutto vera, che vada ben al di là della banale e offensiva propaganda!