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L’azienda “Cavone” di Spinazzola dichiarata inagibile. Una sciatteria che si poteva prevedere

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L’utilizzo dell’Azienda “Cavone” rientrava nella collaborazione tra l’Ente Parco e il Comune di Spinazzola per il progetto: “Realizzazione di interventi finalizzati alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici da parte degli Enti Parco Nazionali” e gestione del flusso turistico delle “Cave Bauxite”. Ora sono infranti i sogni di gloria e le aspettative di sviluppo dell’area interna murgiana

di Cosimo Forina

L’Azienda Pilota Silvo Pastorale Cavone di Spinazzola (Bt) ricadente nell’area protetta del Parco Nazionale dell’Alta Murgia, di proprietà del Demanio Regione Puglia e in comodato d’uso da dieci anni all’Agenzia Regionale Attività Irrigue e Forestali (Arif), chiude i battenti. La riapertura è “a data da destinarsi” perché il complesso immobiliare è stato dichiarato inagibile.

L’Arif per la Regione Puglia – di concerto con la Giunta – si occupa di attività antincendio, vivai, agrometeorologia e fitosanitari, xylella, impianti irrigui e forestazione.

Inoltre, l’azienda “Cavone” avrebbe dovuto fungere anche da info point e parcheggio funzionale per agevolare la fruizione delle “Cave di Bauxite su cui recentemente sono stati effettuati lavori. Si tratta di uno tra i luoghi che hanno permesso la candidatura del Parco dell’Alta Murgia a geoparco, e che è stato riprodotto in un francobollo emesso da Poste Italiane.

L’utilizzo dell’Azienda “Cavone” (istanza 2020 che aveva ricevuto parere positivo da Arif), rientrava nella collaborazione tra l’Ente Parco e il Comune di Spinazzola per il progetto: “Realizzazione di interventi finalizzati alla mitigazione e all’adattamento ai cambiamenti climatici da parte degli Enti Parco Nazionali” e gestione del flusso turistico delle “Cave Bauxite”.

Ora sono infranti i sogni di gloria e le aspettative di sviluppo dell’area interna murgiana.

La delibera di chiusura dei quattordici fabbricati che compongono il vasto complesso del “Cavone” è arrivata il 30 dicembre 2021 a firma di Francesco Ferraro (direttore generale dell’Arif) ed è scaturita dopo la relazione tecnica, datata 27 dicembre, dell’ing. Domenico Curci il quale dopo una ispezione ha rilevato problematiche su finiture e impianti, dichiarando gli immobili parzialmente inagibili.

Inoltre, al fine di assicurare la totale sicurezza durante gli eventuali lavori di adeguamento che dovrebbero essere assunti dalla proprietà, ha ritenuto incompatibile la presenza nell’Azienda “Cavone” degli operatori dell’Arif e delle imprese esecutrici che presenziano gli ingressi e per le visite guidate.

In pratica allo storico complesso dell’Azienda Pilota Silvo Pastorale Cavone mancherebbe il certificato di agibilità, quello di sicurezza degli impianti elettrici-idrici-fognari-termici e non sarebbero state abbattute le barriere architettoniche per agevolare l’accesso ai disabili e perfino l’attestazione di azienda agricola.

Pronti allo sgombero. Ad Ottavio Lischio, responsabile della struttura, il compito di organizzarsi per “trasferire scorte vive e scorte morte presso altra struttura di ARIF”, ossia animali e cose. Sempre a Lischio, di concerto con il dirigente del personale Francesco Vurchio, “l’organizzazione della ricollocazione del personale presente nell’Azienda “Cavone” presso altre sedi in funzione delle esigenze tecniche delle attività dell’Arif”.

Il preludio dell’abbandono. A venir meno dopo questa decisione – nella sostanza – sono: il contrasto agli incendi boschivi (Bosco di Acquatetta e Sanarico), la valorizzazione del patrimonio ambientale effettuato dall’Arif in questi anni, la tutela dell’inghiottitoio del Cavone che scende nell’abisso sino a novanta metri, quella del sito archeologico dell’età del bronzo e delle incisioni rupestri risalenti all’età dei Metalli. È appena il caso di ricordare che quella del Cavone è una delle aree più suggestive del Parco Nazionale dell’Alta Murgia.

Ed ovviamente quanto successo non poteva che far scaturire polemiche politiche, qualche pianto di coccodrillo e appelli per la perdita di un presidio importante candidato tra l’altro a Fattoria didattica aperta al territorio.

In una nota congiunta il consigliere e il capogruppo regionali di Fratelli d’Italia, Francesco Ventola e Ignazio Zullo, sottolineano: «l’Azienda Cavone sarebbe totalmente abusiva e i 10 anni di gestione dell’Arif fallimentari». Gli stessi hanno chiesto ispezioni su tutti i beni dati in gestione all’Arif al fine di tutelare oltre al patrimonio anche la salute e sicurezza dei lavoratori.

A fargli eco Francesco Tarantini presidente dell’Ente Parco: «Masseria Cavone non può restare chiusa. L’area non può rimanere priva di controllo e in balia dell’illegalità». Sempre Tarantini ha chiesto un urgente tavolo tecnico per accelerare la riapertura all’assessore all’Agricoltura regionale Donato Pentassuglia e al direttore generale dell’Arif.

Cosa sorprende in questa storia paradossale. Con la presa in carico del bene in comodato d’uso l’Arif avrebbe dovuto quanto meno inventariare, con il servizio regionale del patrimonio, lo stato dei luoghi e richiedere alla Regione Puglia gli interventi necessari per superare le carenze strutturali e l’assenza della certificazione di abitabilità, prima o durante il corso di questi dieci anni. Stesso discorso vale per l’Ente Parco e il Comune di Spinazzola in ragione della loro collaborazione di utilizzo del complesso “Cavone”. Come si fa a progettare e richiedere l’affidamento di un bene privo di abitabilità e con carenze strutturali? Un po’ tutto, come si suol dire alla “carlona”.

L’Azienda Pilota Silvo Pastorale Cavone prima di questo declino ha avuto tutt’altra storia a partire dal 1972 quando è stato un centro sperimentale che vedeva coinvolta la Provincia di Bari e il Dipartimento di Produzione Animale della Facoltà di Agraria della Università di Bari sugli arieti meticci con sangue “Gentile di Puglia”, razza “Leccese” e “Comisana” per l’incrocio industriale e il miglioramento genetico delle greggi.

Lo scopo quello di far accrescere la redditività degli allevamenti ovini dell’Alta Murgia Barese perlopiù scomparsi dopo il dissodamento dei pascoli per lasciar spazio ad una coltivazione intensiva e poco redditizia, nella cerealicoltura. Un sapere che avrebbe dovuto avere ricaduta sulla economia a supporto delle peculiarità e identità del territorio davvero importante.

Il centro “Cavone” disponeva a vario titolo di una superficie complessiva aziendale di Ha 457 circa, di cui Ha. 202. bosco, e 235 pascolo nudo oltre a Ha. 20 di seminativo, più i fabbricati destinati alle attività di allevamento ora dichiarati privi di abitabilità.

Presso il centro venivano allevati circa 450 capi ovini di razze diverse come “Comisana”, “Altamura”, “Gentile di Puglia”, e la “Leccese”, oltre a diversi incroci ottenuti tra le stesse razze con l’impiego anche di arieti riproduttori di razze estere.

Adesso sarà una scatola vuota. Su una cosa ha davvero ragione Tarantini: sul rischio che senza una adeguata sorveglianza ad imperare nel complesso potranno essere la criminalità e gli autori di atti vandalici. Ma questa non è una novità per la Murgia.