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La riforma fiscale è necessaria e urgente .Confedercontribuenti, serve un fisco equo che non strozzi le imprese

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Di Antonello Longo
La seconda ondata di contagi ha messo in ombra il dibattito sulla riforma fiscale, eppure i dati pubblicati dall’Agenzia delle Entrate Riscossione sugli introiti provenienti dal “saldo e stralcio” nel 2019 che dichiarano un incasso di appena 300 milioni di euro, ben al di sotto di ogni previsione, rendono ancora più evidente la necessità di riscrivere un sistema tanto vessatorio quanto inefficace.
Confedercontribuenti ha rilanciato in questi mesi la proposta di una nuova rottamazione e di un saldo e stralcio diversamente configurato, con rate non eccedenti il quinto del reddito personale o d’impresa e, di fronte alla forte recrudescenza della pandemia, mette con forza l’accento sulla necessità di rateizzare, anche dopo la ripresa, i debiti fiscali di milioni di contribuenti.
Il timore è quello di un gioco al massacro del fisco, che non ferma la sua “macchina infernale” nell’agire per pignoramenti e procedure fallimentari.
Per ipotizzare, dopo la grande emergenza sanitaria che stiamo vivendo, un rilancio dell’economia italiana, è urgente una riforma fiscale strutturale che riduca la pressione sui contribuenti creando un fisco equo, trasparente, efficiente, semplice.
Il governo presenta un disegno di legge delega, collegato alla Legge di Bilancio 2021, che delinea per grandi linee gli elementi della riforma, prevedendo almeno tre anni per portare a regime un nuovo sistema di tasse e contributi. Ma non c’è alcuna certezza né sui contenuti né sul rispetto dei tempi.
Le parole del governo dicono di voler premiare i contribuenti fedeli stabilendo un “patto fiscale con imprese e lavoratori”. Il concetto è quello della cosiddetta “compliance fiscale” che, in pratica, significa la possibilità per il contribuente di controdedurre alla contestazione di eventuali infrazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate senza che si instauri un contenzioso, e arrivare al pagamento con sanzioni ridotte.
Le maggiori entrate che il governo immagina di ricavare dalla “compliance” dovrebbero essere convogliate in un fondo con lo scopo di restituirle ai contribuenti sotto forma di riduzione delle tasse. Se è tutto qui, si tratta di ben poca cosa.
Certo, ridurre il contenzioso è fondamentale per il fisco e va garantita la riscossione delle entrate. Ma il problema di fondo del sistema fiscale italiano è la sua estrema complicazione che, alla fine, scoraggia gli investimenti e, mentre pressa in modo vessatorio tutti coloro che le tasse le pagano, fa il gioco degli evasori. Semplificare gli adempimenti è indispensabile, a questo fine serve un codice tributario che riformuli ed unisca in una sintesi organica la materia fiscale, oggi intricata in un dedalo di circa mille norme diverse.
Nel momento che stiamo vivendo il fisco non può essere implacabile con le violazioni in stato di necessità, la priorità deve essere garantire la continuità delle imprese. Poter programmare un percorso d’uscita dalla crisi, per le medie, piccole e micro imprese è fondamentale: senza una rateazione diluita in tempi congrui e con importi sostenibili rispetto al fatturato la strada porta, fatalmente, davanti al giudice fallimentare.
Uno Stato che aiuta le imprese a sopravvivere alla crisi fa il proprio interesse, perché si assicura entrate fiscali per il domani. Se, al contrario, il fisco trascina le imprese in difficoltà verso il fallimento, ci troviamo di fronte ad uno Stato miope ed autolesionista.