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La magia dei giardini-labirinti per smarrirsi tra piante e fiori

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I giardini-labirinti rinascimentali e moderni, a differenza dei labirinti medievali, hanno normalmente significati e finalità positivi, poiché per i loro ricchi e gaudenti proprietari essi costituivano un invito alla trasgressione e alle avventure amorose. Un viaggio intrigante e inedito tra questi gioielli di architettura del paesaggio

di Ignazio Burgio

Quando si parla di giardino-labirinto più o meno si sa cosa si intende: una struttura botanica con dei sentieri interni delimitati – in genere – da siepi di bosso che si inoltrano verso un punto centrale. I primi esempi (oggi non più esistenti) apparvero per la prima volta negli ultimi secoli del medioevo in Francia e, a giudicare dalle scarse notizie sui rari documenti dell’epoca, erano sicuramente costituiti da un unico percorso, da un ingresso/uscita fino al centro, unico punto cieco. Questo schema era in realtà comune a tutti i labirinti  – nessuno escluso – dell’età antica e medievale.

I primi labirinti, come vengono comunemente intesi, con falsi percorsi e vicoli ciechi “dove ci si può smarrire”, appaiono in realtà solo a partire dalla prima metà del ‘500, e proprio nell’ambito dei giardini-labirinti. La residenza estiva dei duchi Gonzaga, costruita tra il 1525 ed il 1534 su di un’isoletta del Po vicino Mantova – chiamata Tejero o Te – prevedeva anche il progetto di un giardino-labirinto di siepi con falsi percorsi, il primo del genere di cui sino ad oggi se ne abbia conoscenza. Non sembra tuttavia che fu mai realizzato, ma la piantina diversi anni dopo venne ricopiata da un anonimo olandese sul suo taccuino ed è questa l’unica documentazione rimastaci.

L’idea del giardino-labirinto con percorsi ingannevoli comunque si diffuse ben presto anche all’estero, e probabilmente il primo esempio, realizzato nel 1540 e tuttora esistente, fu quello di forma quadrata dell’imperatore Carlo V, nell’Alcazar di Siviglia.

Ma anche da noi in Italia vennero realizzati nei giardini di Villa d’Este a Tivoli (Roma) quattro labirinti di siepi di forma quadrata poi scomparsi ma esistenti perlomeno fino al 1573, come risulta da una litografia di Etienne Duperac proprio di quell’anno. Loro caratteristica era la presenza di un albero al centro, forse, secondo alcuni studiosi, come richiamo all’Albero di Maggio e quindi alle feste di primavera o, secondo altri, all’Albero della Vita del biblico Eden. In ogni caso i giardini-labirinti rinascimentali e moderni, a differenza dei labirinti medievali, avevano normalmente significati e finalità positive, poiché per i loro ricchi e gaudenti proprietari essi costituivano un invito alla trasgressione e alle avventure amorose. Certamente con tale intento vennero creati in provincia di Viterbo sia il labirinto di siepi di Villa Lante a Bagnaia del XVI sec., sia quello di siepi di bosso di Villa Ruspoli di Vignanello del XVII sec. O ancora il famoso labirinto circolare di Villa Pisani a Stra (Venezia) del 1721, e quello esclusivamente floreale di Villa La Pescigola a Fivizzano (Massa Carrara) sempre del XVIII sec. composto da narcisi che fioriscono solo tra marzo e aprile.

All’opposto tuttavia, il cinquecentesco labirinto di Villa Giusti a Verona, quadrato e con un unico percorso (come quelli delle chiese medievali) intendeva probabilmente richiamarsi al significato negativo del simbolo. Ed allo stesso modo, anche il labirinto quadrato di Villa Barbarigo a Valsanzibio (Padova), risalente al 1669 e inserito in un grande giardino ermetico – anche se rigorosamente cattolico – coi suoi percorsi fallaci riprendeva il tradizionale significato medievale di esistenza nel peccato e nell’errore.

Al XVII secolo risale anche il labirinto di siepi nel giardino di Villa Garzoni, nel famoso paese di Collodi (Pistoia), dove lavorò come giardiniere proprio il padre di Carlo Lorenzini, l’autore di “Pinocchio”. E sempre nel medesimo paesino (frazione della cittadina di Pescia) esiste un altro labirinto di siepi di bosso proprio nel parco dedicato a Pinocchio, realizzato negli anni ‘50 del secolo scorso.

Fino al 2015 il più grande labirinto vegetale esistente in Italia era quello presente  nei giardini del Castello Di Masino a Caravino (TO). Di forma semicircolare con torretta  al suo interno, risale al 1753, anche se chiaramente nel corso del tempo ha subito diversi restauri.

A Roma fino all’Ottocento esisteva ancora un giardino-labirinto presso Villa Altieri, costruita nel XVII secolo dal papa Clemente X – al secolo Emilio Altieri – ma venne poi smantellato perché infestato dalle volpi. Tuttavia nella capitale sono ancora presenti un labirinto di siepi a Villa Doria Pamphili, risalente al XVIII sec., ed un altro nei giardini del Quirinale, la residenza del Presidente della Repubblica: di forma ellittica, con un obelisco al centro, venne realizzato prima del 1846, al tempo in cui il Quirinale era la residenza di papa Gregorio XVI. Ma il labirinto botanico più suggestivo fra quei pochi realizzati nel XIX secolo è forse quello esistente nei giardini di Villa Revoltella a Trieste voluto dal banchiere (e finanziatore del Canale di Suez) Pasquale Revoltella.

Così come l’Ottocento, anche il XX secolo non fu molto prodigo nella realizzazione di giardini-labirinti. Tra i pochi vi sono: quello floreale (composto da fiori di dalia) nei giardini di Villa Taranto a Pallanza (Verbania); il giardino-labirinto del Castello di Gabiano (Alessandria) del 1930; ed il labirinto di salici (o “vinci”) realizzato nel 1997 nel Museo Ideale di Leonardo, nel paese di Vinci (Firenze), basato sui codici leonardeschi.

A partire dall’anno 2000 tuttavia cambia tutto e la nostra penisola viene percorsa da un vero fervore nella costruzione di giardini-labirinti. Proprio in quell’anno se ne inaugura uno al Castello di San Pelagio (Pordenone). Un altro giardino-labirinto viene realizzato nel 2004 a Cermes in Alto Adige nella Tenuta Kranzel, e sempre nello stesso anno il Parco della Biodiversità Mediterranea a Catanzaro si dota anch’esso di un giardino-labirinto.

Allo scrittore argentino Jorge Luis Borges (1899-1996), appassionato di labirinti, ne sono stati dedicati ben due, uno nel 2011 nell’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, l’altro, composto di siepi di bambù, nel 2015 a Fontanellato (Parma), che con i suoi sette ettari rappresenta al momento il labirinto più grande del mondo. Nel 2009 nella Reggia di Venaria (To) è stato realizzato un grande labirinto di girasoli che riproduce il sistema solare con le orbite ellittiche dei pianeti. E poiché in questo campo la creatività e l’originalità facilmente si scatenano, vengono anche realizzati ogni anno ad Alfonsine (Ravenna, dal 2009) e a Senigallia (Ancona, dal 2015) anche “labirinti effimeri” con le piante di mais, che a fine stagione vengono raccolti secondo i normali lavori agricoli, per poi essere ripiantati con nuove forme e nuovi percorsi l’anno successivo.

E questi non sono gli unici esempi, poiché bisognerebbe menzionare anche il labirinto di siepi nel Parco della Preistoria a Rivolta d’Adda (Cremona), il labirinto del Parco-Giardino Sigurtà a Valeggio sul Mincio (Verona), il labirinto di rose di Palazzo Freschi Piccolomini di Cordovado (Pordenone), ed altri ancora. Sono infatti veramente molti i giardini-labirinti realizzati in Italia in questi ultimi due decenni da parte di un numero sempre crescente di appassionati di questo simbolo e di questo tipo di giardini, troppo spesso trascurati dai mass-media, non si capisce bene il perché.