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La lunga marcia di "Alberto da Giussano" in Sicilia

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La lunga marcia della Lega in Sicilia, che in queste ore entra nel governo dell’isola conquistando l’assessorato ai beni Culturali, cominciò nel 2016 con le mosse di Alessandro Pagano, il deputato oggi salito alla ribalta per aver definito “neo terrorista” Silvia Romano. Fu lui a innamorarsi della “Progetto dei Popoli” di Matteo Salvini, indicando in esso la strada per liberare l’isola da “migliaia di finti profughi”, ovvero dai migranti che approdano sulle sue coste.

Nel corso dei mesi Pagano procede nella sua missione impossibile: mettere in piedi nel profondo sud un partito che ha radici e cultura politica nella parte opposta del Paese, e nel simbolo ha ancora Alberto da Giussano, figura simbolica poco comprensibile per i siciliani.

Pagano non demorde, e intrecciando slogan cari alla Lega con le proprie conoscenze sul territorio costruisce una macchina del consenso che, pian piano – attingendo alla rete elettorale di Forza Italia, da cui proviene, e poi di Ncd e Ap di Angelino Alfano in cui transita –  comincia a fruttare voti.

La Lega in Sicilia cresce, ma non sfonda, restando inchiodata poco sopra il 5% alle regionali del 2017. Quanto basta, però, per gioire del successo di Nello Musumeci, e presentare all’attuale presidente della Regione il conto del proprio sostegno: oggi, forte di tre deputati (erano quattro, ma uno di essi è tornato all’Udc nella continua transumanza di parlamentari da un punto all’altro dell’Assemblea regionale siciliana), la Lega può mettere in cassaforte un assessorato importante e permettere che il leggendario guerriero della battaglia di Legnano promuova e tuteli l’Identità Siciliana, settore agganciato all’assessorato ai Beni Culturali.

Alessandro Pagano, però, non ha potuto godere pienamente di questo successo politico. I primi giorni di aprile del 2018, il 4 aprile per l’esattezza, Matteo Salvini lo convocò a Roma per avviare, in modo non si sa quanto concordato, il commissariamento del partito in Sicilia. Cosa era successo? Pagano era finito dentro una inchiesta per voto di scambio messa a punto dalla procura di Termini Imerese, indagato insieme ad  Angelo Attaguile, perchè entrambi, affermavano i pm, ritenuti “istigatori” del reato.

La procura ha chiesto il rinvio a giudizio, e si è ancora nella fase di udienza preliminare: si sarebbe dovuto discutere il 29 aprile scorso, ma tutto è saltato per l’emergenza sanitaria. Rassicurato da Pagano, ma preoccupato da una costola della Lega troppo legata alle reti clientelari dei partiti tradizionali, Salvini provvide in modo soft a prenderne in mano personalmente le redini, fino a porgli alla guida Stefano Candiani, senatore di Varese.

“Ci sono state – disse poi quest’ultimo – delle sbavature, in passato, che ritengo errori di gioventù, magari per non volere dire di no o per superficialità, nella fretta di chiudere le liste alle regionali”. E’ stato l’uomo del nord Candiani, fino a qualche giorno fa, a negoziare l’ingresso della Lega nella giunta Musumeci, sottraendo un sorriso a colui che oggi è nella bufera per altri motivi.

Vedi: La lunga marcia di "Alberto da Giussano" in Sicilia
Fonte: politica agi


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