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La Lega frena ma resta il primo partito, Fdi insegue, poi il Pd

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AGI – Nell’ultima settimana abbiamo assistito a una polemica politica alquanto singolare. Oggetto della contesa era infatti un sondaggio, una stima delle attuali intenzioni di voto, realizzata dall’istituto Ipsos diretto da Nando Pagnoncelli. Secondo questa rilevazione, i primi tre partiti sarebbero ormai praticamente equivalenti in termini di consenso, ma in prima posizione vi sarebbe il Partito Democratico, con Fratelli d’Italia in seconda posizione e la Lega scesa addirittura in terza.

Quanto c’è di verosimile in una stima come questa? Per capirlo, vediamo innanzitutto cosa dice la nostra Supermedia. Che, nelle ultime due settimane, ha potuto prendere in considerazione ben 6 istituti (compreso Ipsos). Ebbene, una prima risposta possiamo averla immediatamente: la “classifica” riservata alle liste risulta (per ora) invariata. La Lega resta in prima posizione con il 21% (ma in calo di mezzo punto), seguita da FdI (19,6%) e dal Pd (stabile con il 18,8%).

Ma, nonostante l’assenza di “sorpassi”, è pur vero che i primi 3 partiti sono racchiusi in poco più di 2 punti percentuali. Menzione a parte per il Movimento 5 Stelle, che – nonostante abbia finalmente risolto la querelle con Davide Casaleggio e l’associazione Rousseau – continua a perdere terreno: ora i pentastellati sono al 16,1%, a quasi 5 punti dalla vetta. Tra i partiti minori, Forza Italia è stabile (7,4%) mentre recuperano terreno i due soggetti di ispirazione “liberal” degli ex PD Renzi e Calenda, ossia Azione (+0,2%) e Italia Viva (+0,3%). Tutti gli altri rimangono sotto il 2%.

Ad una prima occhiata, quindi, la Supermedia sembrerebbe smentire la “notizia” che ha fatto battibeccare la politica: in realtà, se si guarda con più attenzione, essa mostra anche come questo tipo di discrepanze, apparentemente clamorose, siano in realtà perfettamente normali. I dati di ogni singolo sondaggio, è bene ricordarlo, sono soggetti ad un margine di errore statistico. Di norma, nei sondaggi politici, questo margine d’errore è pari a circa il +/-3%. Quindi, quando diciamo che il partito X ha il 20% dei voti, stiamo leggendo il dato centrale di una stima (in gergo “forchetta”) che va dal 17% al 23%. I sondaggi si basano su campioni rappresentativi, ma molto ridotti, di una popolazione: non possono quindi fotografare la realtà con estrema precisione, ma solo scattare un’istantanea i cui bordi sono un po’ sfocati.

Ed è proprio per cercare di “mettere a fuoco le immagini” che esiste la nostra Supermedia, che analizza e ricalcola le stime di molti istituti di sondaggio diversi in modo da fornire il dato più verosimile possibile. Questo, naturalmente, non vuol dire che la Supermedia sia a sua volta infallibile. Ma il punto è che anche il dato odierno della Supermedia dipinge un quadro in cui l’unica certezza che abbiamo è che ad oggi ci sono 3 partiti che hanno più consenso degli altri, e che ciascuno di questi 3 partiti oggi sarebbe votato da circa un elettore su cinque. E, con 3 partiti così vicini, basterebbe ipotizzare un margine di errore ridottissimo (ad esempio, di un misero punto percentuale) per “rivoluzionare” la classifica.

Se guardiamo al trend storico della Supermedia, inoltre, possiamo capire ancora meglio come siamo entrati in una sorta di “campo minato”: con i partiti così vicini, non è più possibile dire con esattezza chi è il primo, chi è il secondo, e così via. Quando esiste una chiara gerarchia, i sondaggi possono differire tra loro al massimo sulla quantificazione esatta del consenso ai partiti. Oggi, che così non è, appare decisamente impossibile affermare con certezza quale sia l’effettivo ordine con cui si distribuiscono le preferenze politiche degli italiani.

Per quanto sia diverso da quello registrato da altri istituti, quindi, il dato rilevato da Ipsos non è affatto così strano: anzi, è decisamente verosimile che – visto il trend dell’ultimo periodo – nelle prossime settimane vengano pubblicati ulteriori sondaggi in cui si registra qualche clamoroso sorpasso nelle prime 3 posizioni. Staremo a vedere.

Nel frattempo, proprio il grafico sullo storico, con tutte quelle traiettorie fatte di saliscendi, ci dà l’occasione per una riflessione: da dove vengono le variazioni del consenso ai partiti? Sappiamo che oggi il consenso politico è molto più volatile che in passato: gli elettori cambiano idea (e partito) con grande frequenza. E a dirci questo non sono soltanto i sondaggi, ma le stesse elezioni nazionali, che ormai fanno di registrare ogni volta dei piccoli “terremoti” politici.

Dove sono andati tutti i voti persi dal Movimento 5 Stelle dalle elezioni Politiche del 2018? E quelli ottenuti dalla Lega in occasione delle Europee 2019? E viceversa, da dove vengono tutti i voti guadagnati da Fratelli d’Italia negli ultimi due anni? E quelli ai partiti che sono nati durante questa legislatura, come Italia Viva e Azione? In parte, la risposta è semplice: i voti (e le intenzioni di voto) “in entrata” a un partito vengono dai voti “in uscita” da altri partiti. E questo è certamente vero, almeno in parte.

Sondaggio @swg_research

Coloro che alle europee 2019 si astennero oggi sarebbero ancora in larga parte astenuti (48%) o indecisi (21%). I restanti voterebbero partiti di centrosinistra (12%), di centrodestra (12%) o il Movimento 5 Stelle (5%).

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— YouTrend (@you_trend)
June 15, 2021

Ma c’è un altro elemento, una sorta di “camera di compensazione” per così dire, non immediatamente visibile: si tratta della grande area grigia dell’astensionismo e degli indecisi. Molto spesso gli elettori non cambiano idea di punto in bianco su quale partito votare. Talvolta possono dichiararsi indecisi per un periodo, e poi tornare a dichiarare la propria preferenza per un partito diverso; altre volte possono iscriversi al partito dei non votanti, e poi maturare una scelta diversa.

Come mostra un recente sondaggio SWG, però, questa dinamica non riguarda tutti i partiti in egual modo. Dal grande bacino degli astenuti in occasione delle Europee 2019 (ben il 45% degli aventi diritto), oggi una parte consistente – quasi metà – sarebbe orientata a votare. Al netto degli indecisi, i due principali “mercati” di destinazione sembrano essere le due grandi aree di centrosinistra (PD e altri) e di centrodestra (Lega, FdI e FI). In particolare, Pd e FdI sembrerebbero i partiti in grado di attrarre, da soli, il maggior numero di ex astensionisti (6%). Un po’ più piccola sarebbe la quota che sceglierebbe invece di votare per il Movimento 5 Stelle, oggi guidato da quel Giuseppe Conte che due anni fa era ancora il premier a capo di un governo giallo-verde.

Le cose, quindi, cambiano. Quando si parla di politica, nei sondaggi e non solo, bisogna sempre aspettarsi cambiamenti e sorprese, anche quelle apparentemente inspiegabili e che magari, proprio studiando i sondaggi, si rivelano avere invece una spiegazione perfettamente sensata. Che è un po’ quello che cerchiamo di fare ogni settimana, con un occhio ai numeri e un altro all’attualità politica che c’è dietro quei numeri.

NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto, realizzati dal 2 al 16 giugno dagli istituti Demopolis, EMG, Euromedia, Ipsos, SWG e Tecnè. La ponderazione è stata effettuata il giorno 17 giugno sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.

Source: agi


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