Type to search

Agi

"La crisi è un terreno fertile per le mafie"

Share

“La sfida della ricostruzione economica è tanto complessa dal punto di vista pratico, quanto chiara dal punto di vista concettuale: in primo piano, vi è l’esigenza assoluta di rilanciare l’economia dell’intero Paese, con investimenti e politiche che costituiscano uno ‘shock’ positivo di livello tale da compensare il profondo trauma economico di questo arresto forzato e prolungato. In tre punti: investimenti pubblici e privati; rilancio dei due perni del welfare: sanità e lavoro; e indifferibile semplificazione, anche normativa, dei procedimenti amministrativi. Sull’altro piano ci sono invece i rischi”.

Lo afferma all’AGI il magistrato Roberto Tartaglia, oggi consulente della Commissione Parlamentare Antimafia e già Pm nel processo “Trattativa” a Palermo che però precisa come “in questo momento le priorità assolute del Paese, non solo del nostro, sono evidentemente quelle dell’emergenza sanitaria e della ripartenza economica”. 

E proprio sui rischi, Roberto Tartaglia, si sofferma. “In questo momento si profilano come in una ‘tempesta perfetta‘, i quattro presupposti che chiamerei “classici” e che da sempre invogliano e arricchiscono la criminalità organizzata: una micidiale carenza di liquidità (che le mafie non aspettano altro che colmare, portatrici come sono di immensi capitali illeciti in attesa di “collocazione”); la vera e propria “bomba sociale” che, soprattutto nelle regioni più fragili, rischia di esplodere da un momento all’altro, tra cittadini già deboli ridotti definitivamente allo stremo e lavoratori in nero privi di reali possibilità di ammortizzatori sociali e di assistenza: ed è inutile sottolineare come, da sempre, la criminalità organizzata abbia attinto proprio a questi settori come bacino privilegiato della propria manodopera illecita; la prospettiva di importanti investimenti pubblici in infrastrutture e in settori strategici che da decenni costituiscono la principale “tentazione”  e la più promettente occasione di guadagno della criminalità organizzata; ed infine la possibile sottovalutazione generale di questi rischi, facilitata da una comprensibile (anche se inaccettabile) distrazione, all’insegna di uno slogan – implicito e pericoloso – secondo cui “ora occorre ripartire, in qualsiasi modo e a qualsiasi costo”.

Il problema sono le conseguenze di questi fattori di rischio. “Purtroppo le conosciamo già – risponde all’AGI Roberto Tartaglia -: dalla legge del risanamento napoletano del 1885 – che seguì proprio ad una epidemia di colera e che causò, per dirla in breve, effetti decennali di corruzione, appalti eseguiti male, politiche clientelari e rafforzamento esponenziale della potenza camorristica – a gran parte delle altre emergenze più recenti, la storia del nostro Paese mostra le tracce impietose della cronica sottovalutazione di questi frangenti di vulnerabilità. Ignorarli per inseguire il fine della “ripartenza a qualunque costo” non è solo eticamente inaccettabile, ma anche tremendamente illusorio: significa far finta di non vedere che in questo modo si costruiscono economie malate già in partenza, idonee a sacrificare l’obiettivo dello sviluppo economico in nome del guadagno immediato e indiscriminato, destinate nei prossimi decenni ad entrare nel circuito della repressione penale e dell’ablazione patrimoniale. Significa, in altri termini, puntare all’apparenza di domani, sacrificando il futuro reale del Paese che è in gioco in questo momento”. 

Da quanto abbiamo detto finora, si comprende già quale possa essere uno dei preziosi possibili antidoti: è quello della prevenzione dei rischi, a partire da quelli rappresentati dalla criminalità organizzata e dalla corruzione. “È questo l’unico strumento in grado di accompagnare la crescita e di orientarla in modo sano (invece che inseguirla, a distanza di anni, nel momento problematico della repressione delle patologie). D’altronde – spiega Tartaglia – in questo momento in cui si invoca tanto il famigerato ‘genio italiano’, mi viene in mente la famosa riflessione di Einstein secondo cui ‘gli intellettuali risolvono i problemi, i geni la prevengono’; e proprio sul piano della cultura della prevenzione potremmo avere tanto da mostrare all’Europa e al resto del mondo, arrivando a rappresentare modello serio e pionieristico”.

Ma Tartaglia è chiaro, si tratta di una prevenzione che “però, mai come in questo momento, ha il dovere di essere oculata e intelligente; che non può essere asfissiante e inutilmente paralizzante, che non deve trasformarsi in possibile antagonista della velocità e dello sviluppo, ma che si ispiri a logiche di vigilanza collaborativa, soprattutto nel settore delle grandi opere, e che si vada plasmando sul concetto delle ‘differenziazione’: se sono differenti gli appalti, i distretti finanziari in cui sono banditi, i territori e le esigenze strategiche, è altrettanto innegabile che differenti dovranno rivelarsi gli strumenti e gli standard di intervento preventivo. La grande sfida – quella di sempre, a dire il vero, non solo nel periodo dell’emergenza – resta quella del contemperamento tra il dovere del rispetto delle regole (semplificate, quando è necessario) e lo sviluppo in termini di efficienza del

le procedure di investimento e sviluppo. Resto convinto che una prevenzione intelligente possa essere enzima dello sviluppo, di quello vero e sano, e che possa rivelarsi migliore alleata di una classe Imprenditoriale pulita che non aspetta altro che ripartire. Questo è l’orizzonte – conclude Tartaglia – cui guardare senza esitazioni e con un nuovo patto generazionale inclusivo e chiaro”.

Vedi: "La crisi è un terreno fertile per le mafie"
Fonte: cronaca agi


Tags:

You Might also Like