Type to search

La bidonville pugliese dove muoiono i bambini tra omertà, omissioni e sfruttamento

Share

Prima di chiudere l’anno, ricordiamo la storia tremenda dei fratellini bulgari di due e quattro anni bruciati mentre dormivano nella baraccopoli di Stornara, a una quarantina di chilometri da Foggia. Il presidente della Puglia Michele Emiliano ha dichiarato: “Abbiamo preso un impegno sulla memoria di Birka e Christian e nei confronti di tutti i bambini che sono in questi campi e che hanno il diritto ad una vita diversa”. Ma sarebbe bastato, con poco, assicurare loro semplicemente la vita

di Cosimo Forina

C’è una storia, questa, la morte dei fratellini bulgari di due e quattro anni, Christian e Birka, bruciati mentre dormivano nella baraccopoli di Stornara (Foggia) sulla via che porta a Cerignola, che più che scuotere le coscienze le ha schiaffeggiate.

Dopo la commozione e lo sconforto di circostanza per la disgrazia è sopraggiunta la vergogna verso le istituzioni di uno Stato che si dichiara civile, ma lascia “vivere” in condizioni disumane, di cui tutti sapevano, centinaia di persone.

La ricostruzione della tragedia: verso le nove di venerdì 17 dicembre, la madre dei piccoli va dalla vicina per prendere del caffè. Dal bidoncino in latta utilizzato come stufa partono le fiamme che avvolgono senza lasciare scampo la baracca dove i bambini stavano dormendo. La notizia raggiunge il papà dei piccoli nei campi dove era a lavoro come bracciante a giornata per la raccolta delle olive.

Il pianto straziante della donna, 25 anni lei e 28 lui, porta i Vigili del Fuoco intervenuti per domare l’incendio che si era propagato ad altre baracche, alla scoperta dei corpicini sepolti sotto lamiere e pezzi di legna ancora fumanti.

Christian e Birka erano arrivati lo scorso anno con i genitori da Burgas, a bordo di uno dei pulmini che fanno la spola tra Italia e Bulgaria, attraversata la Grecia si erano imbarcati a Igoumentisa per poi traghettare fino a Brindisi. Da qui il viaggio era proseguito fino alla bidonville di Stornara, priva delle condizione igienico-sanitarie, non meno di 200 baracche che raggiunge anche tremila presenze nel pieno della campagna agricola.

Tuguri costruiti con materiali di fortuna: travi in legno, lamiere, pannelli di faesite, teli di polietilene probabilmente provenienti dai tendoni di uva contaminati da trattamenti chimici. Luogo, quello della località Contessa, tratturello Regio Ponte Bovino, che ci si affretta a definire un campo Rom, mentre ad abitarlo sono bulgari provenienti da diverse città: Sofia, Sliven, Stara Zagora, tutti con i documenti in regola. Sono braccianti stagionali.

Intorno alla loro stamberga Christian e Birka, come parco giochi da condividere con altri bambini, hanno tonnellate di rifiuti di ogni genere che si sono accumulati da un decennio, da quando è sorto il campo. A fare da colonna sonora il rumore delle pale eoliche piazzate poco distante.

Christian e Birka, molto probabilmente non hanno mai conosciuto altro, questo è stato il loro mondo.

A marzo 2020 ad andare a fuoco su un terreno adiacente al campo furono ecoballe, sostanze plastiche, tessuti, scarti di edilizia abbandonate dalla criminalità campana con la complicità di quella locale.

Troppo piccoli, Christian e Birka, per comprendere che per restare in quell’inferno da quarto mondo – come mantenendo l’anonimato qualcuno inizia a raccontare – anche i loro genitori pagavano un «fitto» a chi vanta «diritti» sull’area della baraccopoli. La famiglia dei Masciavè del clan mafioso omonimo, che vanta qualcuno al soggiorno obbligato, deferiti all’Autorità giudiziaria per “gestione di rifiuti non autorizzata”, violazioni in materia di armi e violazione delle prescrizioni di sorveglianza speciale. Nel 2015 beni sequestrati per oltre 1milione dopo l’operazione “Pecunia”, quattordici gli arresti, con accuse di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e porto abusivo di armi, estorsione, usura, ricettazione, furti aggravati ed altro.

Mafiosi a parte, di quel campo tutti sapevano o meglio non potevano non sapere e in pochi hanno cercato di saperne di più. Come l’ex comandante dei vigili Angela Rutigliano, oggi ad Orta Nova dopo aver visto il suo incarico non più rinnovato dal sindaco Rocco Calamita di Stornara.

La Rutigliano nel 2020, come ricostruisce la testata “foggiacittaaperta.it” invia dopo l’incendio delle ecoballe una informativa a Prefettura, Carabinieri, Arpa, Asl e Sindaco di Stornara, segnalando l’esistenza dell’accampamento, situazione aggravata dalla presenza di molti minori e dal fatto che sull’intera area vi erano cavi elettrici e allacci abusivi. A giugno, sempre del 2020, il Dirigente del Servizio Igiene e Prevenzione Area Sud, Michele De Simone, sollecitato dalla Rutigliano, chiede al Comune di “voler urgentemente bonificare tali aree” e, in particolare, “allontanare ogni tipo di rifiuto che potrebbe essere nuovamente interessato da incendi di probabile natura dolosa”.

Ma non si muove nulla. Come nulla succede dopo i quattro interventi che i vigili supportati dall’Asl e altri organi provano ad effettuare nel campo, sollecitati dalla Procura dei Minori di Bari, giudice Rosario Plotino, il quale chiede di conoscere quanti minori esattamente si trovano al suo interno.

Forse 150, per farne la conta i vigili adoperano uno stratagemma, si presentono con una busta piena di palloni per permette ai piccoli di giocare ed uscire dalle stamberghe.

Ma il censimento non va in porto.

Poi è arrivata la tragedia. Tra i primi a precipitarsi a Stornara il prefetto Carmine Esposito, napoletano, da un anno a Foggia, il quale, dice chi era presente: “si è messo a piangere e si è abbracciato i genitori dei piccoli”. Immediatamente dopo il lancio della prima agenzia, giornalisti e troupe televisive si sono precipitate per documentare l’accaduto, taluni mantenendosi all’esterno del campo, mostrando all’Italia l’indicibile situazione in cui vivono i bulgari, cittadini europei, in terra di Puglia.

Sui social alle manifestazioni di pietas si sono contrapposti pigli di razzismo e accuse: “quello è il loro vivere, è la loro cultura vivere in quel modo, tu che fai tanto il buonista parlando così, ti ci porto io davanti a quel campo di cui si sono appropriati Rom, Zingari e Bulgari. Vedi riesci ad entrare? Vedi riesci a passare di lì al buio per andare a Stornara? A piedi e nudo ti fanno ritirare, purtroppo è la loro cultura vivere così, questo non è né il primo e né l’ultimo caso, tu devi vedere quando si prendono a mazzate in quel campo, non sono capaci neanche i carabinieri ad intervenire, non riescono nemmeno ad entrare. Ma che dite, parlate parlate per far la vostra bella figura, ma statv cet”.

Ed ancora: “è il loro modo di vivere e non vogliono migliorare, vivere nei rifiuti”.

Altri commenti: “Bulgare? perché si trovano in Italia, a non fare niente, e non in Bulgaria?”. “Agli Italiani tolgono i figli, ai nomadi lasciano i figli, e li lasciano con genitori molte volte ladri. Bell’insegnamento!”

Quel che resta dei corpicini di Christian e Birka è rimasto a lungo a disposizione dell’autorità giudiziaria, poi l’ultimo saluto di due genitori che non troveranno pace. Per loro il coro della Questura di Foggia ha eseguito un concerto devolvendo il ricavato.

Mentre il presidente della Puglia Michele Emiliano dopo un vertice con il prefetto Esposito ha dichiarato: “Abbiamo preso un impegno sulla memoria di Birka e Christian e nei confronti di tutti i bambini che sono in questi campi e che hanno il diritto ad una vita diversa”.

Sarebbe bastato, con poco, veramente poco, assicurare loro semplicemente la vita.