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Joséphine Baker entra al Pantheon, prima donna nera 

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AGI – Martedì prossimo, con una cerimonia solenne presieduta da Emmanuel Macron, l’iconica cantante e militante anti-razzista Joséphine Baker entrerà al Panteon, segnando un doppio primato. Oltre ad essere la prima donna nera, sarà anche la prima artista del mondo dello spettacolo ad aver una sepoltura all’interno del monumento parigino, accanto a grandi uomini e qualche donna che hanno fatto la storia della Francia.

Secondo quanto riferito dall’Eliseo, il presidente Macron renderà omaggio alla sua vita “trascorsa nel segno della ricerca della libertà e della giustizia”. È stata scelta la data del 30 novembre in quanto giorno anniversario del suo matrimonio con Jean Lion, un industriale ebreo, celebrato nel 1937 a Crèvecoeur le Grand nell’Oise, che fu breve ma le consentì di ottenere la cittadinanza francese, allora automatica.  

Martedì entrerà nel grandioso edificio neoclassico, che sorge sulla collina Sainte Geneviève, in piene quartiere latino: un mausoleo repubblicano dedicato ai personaggi che si sono distinti e ai quali la “patria è riconoscente”. Un evento altamente simbolico – mentre negli Usa è attivo il movimento Black Lives Matter – che giunge a 46 anni dalla morte di Baker, deceduta il 12 aprile 1975 all’età di 68 anni.  

“Artista di music-hall di fama mondiale, impegnata nella Resistenza, instancabile militante antirazzista, ha partecipato a tutte le battaglie che mettono insieme tutti i cittadini di buona volontà, in Francia come nel resto del mondo. E’ l’incarnazione dello spirito francese” ha sottolineato il presidente Macron. 

Con il riconoscimento assegnato alla star, il capo di Stato francese infrange le regole finora osservate nell’ingresso al Pantheon, che finora ha accolto per lo più eroi di guerra, uomini che hanno ricoperto le più alte cariche dello Stato oltre a scrittori come Victor Hugo e Emile Zola. Inoltre Baker diventerà la sesta donna, dopo Sophie Berthelot (moglie del chimico Mercellin che non voleva essere separato dalla consorte), Marie Curie (nel 1995), Germaine Tillion, etnologa e resistente, Geneviève de Gaulle-Anthonioz, resistente (nel 2015) e Simone Veil nel 2017.  

Secondo quanto annunciato dall’Eliseo, la cerimonia, di una durata di un’ora e trenta, avrà inizio alle 17.30 con militari delle forze aeree – un omaggio a Baker, sotto luogotenente durante la guerra – che porteranno la bara risalendo la via Soufflot. Sulla facciata del Pantheon saranno proiettate immagini d’archivio della vita della Baker e a fare da colonna sonora la Marsigliese e alcune arie della cantante interpretate da un coro di bambini. Nel corso della cerimonia interverranno solo il presidente Macron e la famiglia che leggerà brevi testi scritti dall’artista.  

All’interno della bara non ci sarà il corpo di Baker, che rimane sepolto al cimitero marino di Montecarlo, accanto a quello del marito e di uno dei figli, non lontano da quello della principessa Grace, alla quale era molto legata. All’interno del cenotafio sarà collocata terra proveniente da quattro luoghi simbolici in cui Baker ha trascorso parte della vita: Saint Louis, Parigi, Milandes in Dordogna e Montecarlo. La bara della Baker verrà collocata nella cripta 13 con Maurice Genevoix, di fronte all’area in cui sono sepolti André Malreaux, la coppia Veil e Jean Moulin. Sulla tomba figurerà il nome, la data di nascita e di morte dell’artista. 

Icona dei ruggenti anni 20′, Baker nasce nella miseria nel 1906 a Saint Louis, in Missouri, negli Stati Uniti, da cui fugge a causa della segregazione, trasferendosi in Francia. In poco tempo l’artista di music-hall conquista tutta Parigi, ballando il charleston col seno nudo e cintura di banane accanto ad una pantera nel famoso cabaret delle Folies Bergères, soprannominata la Venere di ebano.

Nel 1930, la prima canzone che interpreta – “Ho due amori, il mio Paese e Parigi” – al Casinò della capitale francese segna la sua consacrazione come diva. Nel 1937, sposandosi con Lion, Baker è naturalizzata francese e mette subito il suo talento musicale a disposizione per fare divertire i soldati francesi sul fronte. Durante la Seconda Guerra mondiale serve nelle forze di controspionaggio delle Forze francesi libere: trasmette a Londra delle relazioni top secret nascoste nei suoi spartiti.

Alla fine del conflitto, per il suo impegno è ricompensata con la medaglia della Resistenza e la Croce di guerra. Impegnata nel Nord Africa con le forze aree, sbarca a Marsiglia ad ottobre 1944 e a maggio 1945 si esibisce in Germania, davanti a dei deportati appena liberati dai campi di concentramento. 

È passato alla storia il suo rifiuto di esibirsi in un celebre club di Miami Beach in Florida, tra fine 1950 e inizio 1951, in segno di protesta per la segregazione razziale in atto negli Stati Uniti. Nonostante la sua celebrità e il suo successo mondiale, nel suo Paese di origine Baker è vittima di discriminazioni, come quando nel 1948 diversi alberghi newyorkesi si rifiutano di darle una camera assieme al marito bianco, il francese Jo Bouillon. Baker è determinata a lottare contro la segregazione razziale, tant’è che il proprietario del Copa City alla fine è costretto a cedere e concedere l’accesso a tutti i clienti, a prescindere dal colore della pelle.

Nel gennaio 1951 Baker si esibisce per la prima volta da 26 anni nel Paese di origine, in presenza di molte personalità nere venute da New York. In occasione dei suoi successivi tour negli Usa, riesce ad ottenere la partecipazione ai concerti anche del pubblico nero.

Non esita ad utilizzare il suo denaro e a fare leva sulla sua influenza per lottare pubblicamente contro il razzismo, come a Los Angeles dove ha fatto arrestare un uomo bianco che si rifiutava di mangiare nella stessa stanza con lei. Per le sue battaglie ha però perso alcuni contratti a New York e viene accusata di comunismo, arma abitualmente utilizzata per mettere a tacere le voci dissidenti americane all’epoca del maccartismo. Baker è allora costretta a lasciare gli Stati Uniti e durante tutti i suoi viaggi, con il passaporto francese, come in Sudamerica, non esita a denunciare la segregazione razziale in atto negli Stati Uniti. Nel 1963 è stata l’unica donna a prendere la parola accanto a Martin Luther King durante la storica marcia per i diritti civili e il suo celebre discorso “I have a dream”.   

Il resto della sua vita lo dedicherà a lottare contro le discriminazioni e a crescere12 bambini adottati ai quattro angoli del mondo con il suo quarto marito. Con la famiglia, definita “una tribù arcobaleno”, si stabilisce nel suo castello della Dordogna, nel Sud-Ovest della Francia e successivamente si trasferisce a Montecarlo, fino alla sua morte.

Source: agi


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