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Jean Luc Godard e la nouvelle vague

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di Anthos

Rovistando tra i  ricordi e documenti di molti anni fa, mi sono imbattuto in un mio scritto sul regista cinematografico Jean Luc Godard. Era il periodo in cui mi occupavo del Centro Culturale ISES, strumento di promozione della conoscenza e della partecipazione dei cittadini alla vita culturale e sociale del Paese, con respiro europeo.  

Chi è Jean Luc Godard?

Jean-Luc Godard (Parigi, 3 dicembre 1930) è un regista e critico cinematografico francese. È uno degli esponenti più importanti della Nouvelle Vague. La sua carriera è contraddistinta da una grande prolificità, ma è importante soprattutto per le grandi innovazioni linguistiche apportate al mezzo cinematografico.

Nasce da una ricchissima famiglia protestante di origine svizzera che appartiene alla alta borghesia (il padre faceva il medico e la madre era figlia di banchieri) e compie i suoi studi in un collegio svizzero e nella città natale dove, dopo il liceo, frequenta la Sorbona ottenendo, nel 1949, un diploma in Etnologia.

Nei primi anni cinquanta si distingue per le sue radicali critiche cinematografiche su riviste come Arts e Cahiers du cinéma. «..è questa la condizione della dialettica cinematografica: bisogna vivere piuttosto che durare ».

L’esordio di Godard nel lungometraggio avviene nel 1959 con un film che diviene immediatamente il vessillo della nouvelle vague francese: Fino all’ultimo respiro.

Il primo periodo dell’attività godardania va dal 1960 al 1967 e viene caratterizzato da una grande vena creativa che porta Godard a realizzare ben ventidue film, tra cortometraggi e lungometraggi, con un attivismo senza limiti che culminerà nell’esperienza del “Sessantotto” vissuta dal regista in prima persona. Nel corso di questi anni, Godard rivolge la propria attenzione ai contenuti erotici dell’immagine contemporanea: manifesti di attori, pubblicità, fumetti, riviste patinate. In quest’ottica nascono film come: Agente Lemmy Caution, missione Alphaville, Il bandito delle ore undici, Due o tre cose che so di lei.

A partire dal 1966 Godard sposa definitivamente le teorie marxiste: il cinema diviene il luogo in cui mettere in atto una severa critica della civiltà dei consumi e della mercificazione dei rapporti umani, ma anche in cui si possa riflettere sullo stesso statuto dell’immagine come portatrice “naturale” di un’ideologia. Il problema della prassi diviene una costante della fase “politica” di Godard, nei film: La cinese e Week-end, Un uomo e una donna dal sabato alla domenica.

Dopo l’approdo alle tecnologie elettroniche e al video inizia il terzo periodo, quello dell’ultimo Godard, improntato ad una nuova e intensa sperimentazione in cui il video, che convive strettamente con il cinema, viene usato per una critica nuova, fatta per immagini, alle stesse immagini, anche le proprie.

Jean Luc Godard è stato uno dei fondatori e la massima espressione dellanouvelle vague, movimento cinematografico francese nato sul finire degli anni ’50, assieme a François Truffaut,  Jacques Rivette, Claude Chabrol e Eric Rohmer, un gruppo di amici con alle spalle migliaia di ore passate al cinema, la conoscenza profonda di centinaia di film, la stesura di decine di articoli, e l’articolazione di centinaia di dibattiti alle porte della Cinémathèque Française.

La Nouvelle Vague è il primo movimento cinematografico a testimoniare in tempo reale l’immediatezza del divenire, la realtà in cui esso stesso prende vita. Il termine Nouvelle Vague (“nuova onda” in francese) apparve per la prima volta sul settimanale francese L’Express il 3 novembre 1957, in un articolo a firma Françoise Giroud, e verrà ripreso da Pierre Billard nel febbraio 1958 sulla rivista Cinéma 58.

Con questa espressione si fa riferimento ai nuovi film distribuiti a partire dal 1959 ed in particolare a quelli presentati al festival di Cannes di quell’anno.  I film che ne fanno parte sono girati con mezzi di fortuna, nelle strade, in appartamenti, ma proprio per la loro singolarità, hanno la sincerità del diario intimo di una generazione nuova, disinvolta, inquieta. Una sincerità nata dal fatto che gli stessi registi che si sono riconosciuti in questo movimento, tutti poco più che ventenni, fanno anche loro parte di quella nuova generazione, di quel nuovo modo di pensare, di leggere, di vivere il cinema che fu chiamato Nouvelle Vague.

Per i giovani cinefili della Nouvelle Vague l’apprendistato naturale per approdare alla regia era recensire film degli altri come se ci si accingesse a girare i propri, fare della critica non solo una disquisizione orale tra amici, ma un vero e proprio mestiere giornalistico che trovò la sua collocazione ideale inCahiers du Cinéma, la più autorevole rivista cinematografica francese fino agli anni ’60, che raccolse progressivamente tra i suoi collaboratori tutti i principali autori della Nouvelle Vague. Cahiers du Cinéma era un vero e proprio manifesto del movimento, ogni testo ed ogni recensione al suo interno costituiscono un programma e una definizione di un cinema prossimo venturo.

Lo scopo cinematografico della Nouvelle Vague era catturare “lo splendore del vero”, come disse Jean-Luc Godard nel periodo in cui faceva il critico di“Cahiers du Cinéma”. A tale scopo nella realizzazione delle pellicole veniva eliminata ogni sorta di artificio che potesse compromettere la realtà: niente proiettori, niente costose attrezzature, niente complesse scenografie; i film vengono girati alla luce naturale del giorno, per strada o negli appartamenti degli stessi registi, con attori poco noti, se non addirittura amici del regista, e le riprese vengono effettuate con una camera a mano, accompagnata da una troupe tecnica essenziale costituita per lo più da conoscenti. In questo J.L. Godard fu un innovatore del linguaggio filmico fatto da lunghi viali o da abitazioni private o dai giochi della luce dei paesaggi reali e non costruiti.

Il vero riconoscimento ufficiale della Nouvelle Vague avverrà nel 1959, con la vittoria al Festival di Cannes de I quattrocento colpi di François Truffaut. Il trionfo accademico di un regista della Nouvelle Vague spinse il cinema francese a mettersi per la prima volta in discussione; centinaia di produttori “classici” davanti al successo di un film talmente anomalo si trovarono incredibilmente a porsi domande su come produrre film dello stesso genere. Possiamo definire questo film come il manifesto del movimento della Nouvelle Vague.


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