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INGIURIA E DIFFAMAZIONE. ATTENZIONE AI SOCIAL

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Avv. Vincenzo Randazzo

 

Nozione

L’art 594 c.p. Prevede che: “Chiunque offende l’onore o il decoro di una persona presente è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a cinquecentosedici euro.

Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa

La pena è della reclusione fino a un anno o della multa fino a milletrentadue euro, se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato

Le pene sono aumentate qualora l’offesa sia commessa in presenza di più persone”

Il bene giuridico tutelato

La fattispecie incriminatrice come configurata dall’art 594 c.p tutela i beni giuridici dell’onore e della reputazione, da intendersi come “l’insieme delle qualità morali che concorrono a determinare il valore di una persona, e del decoro, concernente il rispetto (o il riguardo) di cui ciascun individuo è degno” (Cass. n. 34599/2008), da ogni attacco diretto alla dignità personale e sociale dell’individuo immediatamente percepibile.

L’estrema variabilità dei concetti di “decoro ed onore” rende difficile rintracciare una netta linea di separazione tra ciò che può essere considerato come ingiuria e ciò che, invece, rientra nei canoni della mera scortesia. Tale valutazione viene lasciata all’apprezzamento del giudice la cui decisione, circa la sussistenza o meno della fattispecie, avverrà contestualizzando l’offesa: Cioè “rapportarla all’ambito spazio-temporale nel quale è stata pronunziata” (Cass. n. 30790/2014; n. 37105/2009),

tenendo conto della sua obiettiva capacità offensiva e dei rapporti tra le parti (Cass. n. 10188/2011; n. 3931/2010; n. 37301/2013).

Soggetto attivo e passivo nel reato di ingiuria

Il soggetto attivo del reato di ingiuria può essere chiunque, considerato che il reato in esame rientra all’interno della categoria dei  reati comuni, pertanto, può essere commesso nei confronti di qualsiasi individuo, a prescindere dalla presenza di particolari condizioni soggettive o determinate qualifiche possedute.

Oltre a tutte le persone fisiche, si ritiene possano diventare soggetti passivi del reato de quo anche le persone giuridiche, le associazioni, le organizzazioni, le comunità religiose (ecc.) considerati lesi nell’onore sociale, collettivo quale bene comune a tutti i membri, senza che ciò escluda la configurazione delle offese anche nei confronti dei singoli.

Elemento oggettivo

Secondo quanto disposto dall’art. 594 c.p., l’ingiuria deve essere commessa in presenza del soggetto passivo del reato; in mancanza di tale requisito, infatti la condotta incriminata rientrerà nell’alveo della condotta diffamatoria di cui all’art 595 c.p connotata da una maggiore carica lesiva dei beni dell’onore e della reputazione.

Il requisito della presenza, tuttavia, secondo la giurisprudenza prevalente, non va inteso come una “contiguità fisico-spaziale” tra la vittima e l’autore del reato, potendo configurarsi la fattispecie anche quando “la vittima delle espressioni offensive non possa dirsi effettivamente presente”, essendo sufficiente, per la consumazione del reato che l’ingiuria, pur non proferita direttamente alla persona interessata, sia divulgata a terze persone, in modo che venga comunicata all’offeso. Risponde, infatti, del reato, anche colui il quale si serva di un intermediario, con la consapevolezza “che l’ingiuria sarà comunicata all’offeso e che questi ne abbia effettiva comunicazione” (Cass. n. 29221/2014; n. 2781/1962).

La condotta

Il delitto di ingiuria rientra tra i reati a forma libera, per cui può configurarsi mediante una varietà di condotte e con qualsiasi mezzo. In giurisprudenza si è soliti distinguere tra:

  • Ingiuria verbale commessa tramite l’utilizzo della parola, così come, secondo quanto disposto dall’art. 594, 2° comma, c.p., potrà configurarsi la fattispecie incriminatrice se l’offesa è manifestata “mediante comunicazione telegrafica o telefonica, o con scritti o disegni, diretti alla persona offesa”.
  • Ingiuria reale che si ha ogni qualvolta i comportamenti materiali posti in essere “costituiscono una manifestazione di disprezzo nei confronti di colui al quale sono diretti” (Cass. n. 37301/2013), con l’obiettivo di causare una sofferenza morale e non fisica (si pensi ad es. ad uno sputo, ad uno schiaffo, ecc.).

Elemento soggettivo

Secondo l’orientamento giurisprudenziale dominante Il reato di ingiuria è “figura giuridica caratterizzata dal dolo generico e riguarda ogni espressione lesiva della dignità e dell’onore della persona” (Cass. n. 26936/2014).

Ritorsione e provocazione

La punibilità del reato di ingiuria è limitata o esclusa nelle ipotesi espressamente previste dall’art. 599 c.p.

Nel primo caso, parliamo di ritorsione come causa di limitazione in quanto “se le offese sono reciproche”, il giudice può dichiarare non punibili “uno o entrambi gli offensori”.

Nel secondo caso, parliamo della provocazione, che si determina laddove le offese siano arrecate in uno “stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso”, che viene considerata come causa di esclusione della colpevolezza.

Tutela

Il decreto legislativo n°7 del 2016 ha depenalizzato la fattispecie analizzata sin qui, di conseguenza  il fatto non è più previsto dalla legge come reato, ma resta salvo il diritto del danneggiato di agire in sede civile per il risarcimento del danno.

L’insulto sui social

Si incappa nel reato quando si pubblica un commento offensivo visibile a tutti o a una cerchia di persone, ad esempio in un gruppo su Facebook o pubblicando un post offensivo e oltraggioso sulla propria bacheca visibile anche solo ad alcuni.

Sui social network si configura il reato di diffamazione aggravata, punita più severamente.

La diffamazione sui social si può manifestare attraverso commenti su Facebook o sui social in generale, accompagnati da un insulto, una critica forte e falsa

Con la sentenza n.33219/21, la Corte di Cassazione ha stabilito che la pubblicazione di messaggi offensivi nei confronti di una persona sul proprio stato di whatsapp, integra il reato di diffamazione, di cui all’art.595 c.p.