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In Europa tornano i confini. Bruxelles alla prova più dura

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Lunghe code ai valichi, camion carichi di merci fermi per ore a causa dei controlli, il rischio che supermercati e farmacie possano ritrovarsi con gli scaffali vuoti di cibo e medicinali. L’Europa colpita dal Coronavirus è costretta a capitolare su uno dei pilastri fondanti dell’Unione europea, ovvero la libera circolazione di merci e persone.

A dare l’annuncio è stato il presidente francese, Emmanuel Macron: a partire da mezzogiorno di oggi, 17 marzo, lo spazio Schengen è sospeso e chiude le sue frontiere esterne, “tutti i viaggi tra i Paesi non europei ed europei saranno sospesi per 30 giorni”.

Il Trattato di Schengen prevede la possibilità di deroghe in caso di emergenza o di minaccia e può essere sospeso fino a due mesi. Le deroghe sono state ampiamente utilizzate per l’emergenza terrorismo, ma il dilagare del Covid-19 sembra riportare il Continente ai tempi delle frontiere chiuse.

Un difficile coordinamento

La Commissione europea prova a mettere un freno e propone ai Paesi corsie preferenziali per garantire la circolazione di merci, a cominciare da cibo e materiale medico. Dopo che l’impegno assunto dagli Stati membri appena sei giorni fa di “coordinare” la risposta al Covid-19 non è stato rispettato.

Finora otto paesi – Austria, Ungheria, Repubblica ceca, Danimarca, Polonia, Lituania, Estonia e Germania – hanno notificato alla Commissione l’introduzione di controlli alle frontiere. A questi si sono aggiunti Svizzera e Norvegia che, pur non essendo membri Ue, appartengono alla zona Schengen. Altri – come la Spagna e la Slovenia – non lo hanno ancora fatto. Le misure introdotte sono diverse: dai semplici controlli sanitari su chi entra, al divieto totale di ingresso per chi non è residente.

Risultato, la Commissione ha già constatato lunghe code di camion ai valichi di frontiera. Le merci sono bloccate e questo aggrava l’impatto economico del Coronavirus. “Abbiamo prove di chilometri e chilometri di code in alcuni posti di frontiera. I camion non sono stati in grado di passare a causa dei controlli a quella frontiera o dell’effetto domino a causa di frontiere chiuse in un altro Paese”, ha detto il portavoce della Commissione, Eric Mamer, spiegando le ragioni delle linee guida sui controlli alle frontiere presentate oggi.

Uno scenario da incubo

In un’economia altamente integrata come l’Ue, il rischio è che non arrivino più prodotti alimentari, medicinali, materiale medico, ma anche le componenti per la produzione nelle fabbriche degli Stati membri. Lo scenario nel medio periodo è da incubo. Mascherine e materiali protettivi potrebbero non arrivare negli ospedali. Gli impianti di produzione si ritroverebbero paralizzati.

Sugli scaffali dei supermercati rischierebbero di scomparire i prodotti che arrivano da altri Paesi. “È vitale mantenere la continuità del trasporto delle merci nell’Ue. Per questo proponiamo delle corsie rapide, preferenziali, per il trasporto di medicinali ed equipaggiamenti medici, cibo e servizi essenziali”, ha detto von der Leyen.

“Cerchiamo di anticipare”, ha spiegato il portavoce della Commissione: “Siamo in un’economia in cui il ‘just in time’ è’ un fattore chiave. Molte imprese operano con livelli di stock molto bassi e dipendono da un flusso continuo di componenti per continuare a operare”.

La domanda è se i singoli governi ascolteranno la Commissione e salvaguarderanno un minimo il mercato interno, oppure se preferiranno continuare con misure alle frontiere che sono giudicate inefficaci ma che gli occhi delle opinioni pubbliche nazionali appaiono forti. La certezza è che il Coronavirus, molto più delle precedenti crisi del debito sovrano o dei migranti, sta facendo tremare le fondamenta dell’Ue.

Vedi: In Europa tornano i confini. Bruxelles alla prova più dura
Fonte: estero agi


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