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In Cina c'è una relazione fra manovre autoritarie e andamento della Borsa

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C’è una corrispondenza tra le fasi al ribasso dei mercati azionari e l’autoritarismo politico della Repubblica Popolare Cinese: lo sostiene l’analista capo della Elliott Wave International per la regione Asia Pacifico, Mark Galasiewski, in una intervista all’AGI. E la tendenza, secondo Galasiewski, non riguarderebbe solo le politiche cinesi: “I cittadini di altri mercati mondiali in cui i valori azionari hanno segnato un significativo declino negli ultimi anni, come l’Europa e l’Italia in particolare – spiega – dovrebbero stare attenti ad analoghe erosioni delle libertà sociali nelle loro rispettive società”.

I corsi dei mercati a propria volta “riflettono il clima sociale, e quando questo va giù, così fanno i valori azionari e le prospettive di coesione sociale”.

Tornando al focus della Elliott Wave International sulla Cina e l’attuale crisi di Hong Kong, si rileva una effettiva corrispondenza tra il ‘bear market’ e le mosse a carattere più aggressivo o autoritario del governo di Pechino. L’analisi ha preso a riferimento l’indice di borsa di Shanghai a partire dal 2007. A durevoli fasi di ribasso, secondo Galasiewski, seguono “giri di vite”: quello di Hong Kong, con l’intervento normativo sulla sicurezza nazionale, “ne è solo l’ultima dimostrazione”.

Seguendo a ritroso l’andamento dello Shanghai Composite Index, un primo “deciso cambiamento sociale cominciò nel 2012 quando la Cina prese a collocare installazioni militari sulle isole nel Mar Cinese Meridionale. La tendenza – prosegue l’analista di Elliott Wave International – accelerò nel 2013, quando il Partito Comunista consolidò il potere attorno al nuovo leader Xi Jinping”. Ma il governo di Pechino, osserva Galasiewski, “ha manifestato le sue autentiche tinte orwelliane nel 2017, allorché il Consiglio per la sicurezza nazionale appena costituito ordinò la carcerazione di massa dei musulmani nei campi di rieducazione nello Xinjiang”.

Puntuale, a una successiva fase orso del mercato è seguita un’ulteriore svolta autoritaria nel 2018, quando l’Assemblea Nazionale del Popolo ha rimosso il vincolo costituzionale del doppio mandato al presidente, schiudendo a Xi Jinping la via per mantenere la posizione a vita.

Attualmente “la Cina si sta comportando con aggressività anche nei confronti dell’India, sulla questione del confine stabilito con la guerra del 1962”. E adesso, in una nuova fase di valori azionari al ribasso, “la Cina sta usando la crisi del Covid-19 per conseguire i suoi obiettivi autoritari a Hong Kong e in altre città, sostenendoli con un investimento da 1.400 miliardi di dollari in tecnologie che permetteranno di estendere il livello di sorveglianza”.

I periodi di ribasso dei mercati azionari sembrano offrire fertile terreno di coltura per gli scontri tra autoritarismi e anti-autoritarismi. Non solo a Hong Kong, sottolinea ancora lo studioso: “L’Europa, per esempio, non è stata immune a un sentimento anti-establishment seguendo il declino dei valori azionari negli ultimi due decenni. Dai ‘Brexiteers’ nel Regno Unito ai Gilet Gialli in Francia all’ascesa del Movimento Cinque Stelle in Italia, il clima negativo del mercato ribassista in Europa – conclude Galasiewski – ha dato fiato a movimenti sociali di ogni colore per diventare più chiassosi”. 

 

Vedi: In Cina c'è una relazione fra manovre autoritarie e andamento della Borsa
Fonte: economia agi


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