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IL SOFFERTO INTIMISMO DI SILVIO SOLDINI

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Il regista milanese torna nelle sale dopo quattro anni con un dramma metropolitano dalla chiusa speranzosa

di Franco La Magna

Un dramma metropolitano – sommesso, sussurrato – e il regista lo ricorda più volte con improvvise e abbaglianti aperture sulla città (una Milano dei piani alti, ma altresì dei marciapiedi e della difficile quotidianità), costruito con un altalenante andamento da thriller che tende a cedere di fronte al vero tema del film: la scoperta di un’interiorità tanto imprevedibile quanto pacificatrice. 3/19, ultimo film diretto dal milanese Silvio Soldini – anche sceneggiatore con la sua storica factory Doriana Leonteff e Davide Lantieri – punta l’obiettivo su un argomento sempre glissato, i morti senza nome (il “3” si riferisce ai deceduti senza identità) e ne fa scaturigine (a seguito d’un incidente in cui perde la vita un “anonimo” immigrato, sicuramente clandestino) d’una profonda crisi interiore da parte di chi, forse per distrazione, lo ha provocato.

Protagonista un’apparentemente algida avvocatessa in carriera, già separata, precariamente legata ad un compagno, afflitta (si scoprirà alla fine) da inestirpabile senso di colpa, che finalmente rivelerà alla figlia in qualche modo liberandosene, ristabilendo con l’inquieta adolescente un rapporto meno conflittuale. Una relazione, probabilmente meno precaria, s’insinua tuttavia ottimisticamente nella renovatio esistenziale della protagonista Camilla (convincente prova dell’attrice e modella polacca Kasia Smutniak, naturalizzata italiana) con Bruno, il direttore dell’obitorio (Francesco Colella), per l’epifanico happy end forse foriero di cessazione dell’inquietudine della donna, di certo consolatorio anche per gli spettatori.

Nuovo e ulteriore tassello d’una galleria di personaggi alla sofferta ricerca del nosce te ipsum (già al centro dei film precedenti da L’aria serena dell’ovest alla deliziosa commedia Pane e tulipani, da Un’anima divisa in due a Le acrobate ad Agata e la tempesta…) costruita nel corso della carriera artistica iniziata già dalla fine degli anni ‘80, con 3/19 Soldini conferma l’inclinazione all’indagine intimista, scandita dall’irrefrenabile inquietudine esistenziale dei personaggi, una perlustrazione dell’anima che pochi riscontri trova nel panorama del cinema nazionale e ne fa uno dei registi più originali, dotati d’una non comune sensibilità.