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Il rapimento di Silvia in Kenya, giorno VI. Fermata una testimone chiave

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Una svolta nel rapimento della cooperante italiana, Silvia Romano, in Kenya, potrebbe arrivare dalle dichiarazioni della moglie di uno dei principali indiziati del sequestro. La polizia keniana, infatti ha arrestato la moglie di Said Adan Abdi, ritenuto il capo del commando dei rapitori. Lo ha riferito – come si legge sul Daily Nation – il coordinatore regionale Bernard Lemparamarai secondo cui la donna, Elima, era in contatto con il rapitore. Sono risaliti a lei dove aver tracciato una telefonato con il marito, Said Adan Abdi, ritenuto il capo del commando dei rapitori. La donna è stata fermata – insieme a un'altra persona, il cognato – nel villaggio di Tarasaa a Garsen, nella contea di Tana River.

"Li stiamo interrogando per ottenere maggiori informazioni sull'ubicazione della vittima e sulle sue condizioni", ha spiegato Lemparamarai che ha assicurato il massimo impegno per salvare Silvia Romano.

Per ora le uniche certezze, così come riferito dalla polizia, sono che Silvia è viva e che la matrice del rapimento non è riconducibile al terrorismo somalo di matrice jihadista. Una delle preoccupazioni degli inquirenti keniani, infatti, è stata che Silvia potesse essere venduta a questi gruppi. Fatto che è stato scongiurato, sempre secondo gli inquirenti, grazie ai pattugliamenti del confine nord-est del Kenya. La polizia ritiene che a mettere in atto il rapimento siano stati “banditi comuni”.

Vi è anche la certezza che i rapitori siano di etnia somala. Il governatore della contea di Kilifi, di cui fa parte Malindi e il villaggio dove è stata rapita la giovane donna, Amason Jeffah Kingi sostiene, come scrive Repubblica: “Che siano di etnia somala lo si capisce dai nomi e dalle fattezze somatiche”.

Sempre Repubblica riporta le dichiarazioni di Noah Mwivanda, coordinatore delle forze di polizia dell’intera area costiera keniana, che ribadisce che “Silvia è viva”. E la polizia conferma che la cooperante sia in “sicurezza”, e il comandante della Polizia del Kenya, Joseph Boinnet, insiste sottolineando che gli investigatori “sono molto vicini al luogo del nascondiglio e abbiamo dispiegato tutte le risorse in nostro possesso. L’area è remota e disabitata. Non è un’operazione facile ma stiamo procedendo nella giusta direzione”.

La polizia ha offerto una ricompensa molto cospicua, circa 8.500 euro, a coloro che forniranno informazioni che possano portare alla liberazione della volontaria italiana. Non si hanno notizie, ufficiali, se vi sia in corso una trattativa per il rilascio. Gli inquirenti, infine, hanno chiesto la collaborazione degli anziani dei villaggi vicini a quello del rapimento e anche “l’aiuto degli delle comunità di pastori Orma, Pokomo e Wadhei”. Il ministro degli Interni italiano, Matteo Salvini dice che le “notizie che arrivano sono incoraggianti”.

Vedi: Il rapimento di Silvia in Kenya, giorno VI. Fermata una testimone chiave
Fonte: estero agi


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