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Il Ramadan non ha fermato la politica diplomatica di Erdogan

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AGI – Non si può certo dire che il digiuno imposto dal Ramadan ai fedeli musulmani abbia fermato l’attività diplomatica del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che durante il mese sacro dell’Islam ha avuto colloqui con ben 21 capi di Stato, oltre al Segretario Generale della Nazioni Unite, Antonio Guterres.

Con il numero uno dell’Onu Erdogan nell’ultimo mese ha parlato tre volte al telefono, oltre ad aver ospitato lo stesso Guterres ad Ankara, prima che il Segretario Onu volasse alla volta di Mosca e Kiev. Guterres ha poi telefonato nuovamente ad Erdogan per metterlo al corrente della missione.

Nello stesso lasso di tempo Erdogan ha anche sentito tre volte al telefono il presidente russo Vladimir Putin, per cercare di dare un seguito al negoziato andato in scena lo scorso 29 marzo a Istanbul e arenatosi nell’ultimo mese senza aver prodotto grandi risultati.

Tra le chiamate con Putin, Erdogan ha anche parlato con il presidente ucraino Volodimir Zelensky, da cui si è poi recato in visita il portavoce e consigliere del leader turco, Ibrahim Kalin. Segno evidente della priorità che il presidente turco riserva alla risoluzione della crisi in Ucraina, un conflitto che costa ad Ankara decine di miliardi di dollari, rispetto al quale Erdogan vorrebbe fungere da mediatore e insiste per far incontrare Putin e Zelensky.

Una mediazione da far ripartire, che tante speranza aveva creato senza produrre grandi risultati. Una offensiva diplomatica di cui Erdogan ha tenuto al corrente nei giorni seguenti il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il premier olandese Mark Rutte, il cancelliere austriaco Karl Nehammer, il presidente finlandese Sauli Niinisto, il primo ministro ungherese Viktor Orban, il presidente bulgaro Rumen Radev, il presidente serbo Aleksandar Vucic, il presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev, il presidente sloveno Borut Pahor, il primo ministro pakistano Shahbaz Sharif e il premier giapponese Fumio Kishida

La guerra in Ucraina è stato uno degli argomenti in agenda dell’incontro con il presidente azero Ilham Aliyev, con cui Erdogan ha parlato anche della situazione in Nagorno Karabakh, rispetto a cui Baku ha preparato una prima bozza di accordo da presentare all’Armenia.

I prossimi obiettivi di Erdogan

Significativa è stata la visita ad Ankara del premier del Kurdistan Iracheno (KRG) Masrour Barzani il mese scorso. Sul piatto degli (ottimi) rapporti tra i curdi del nord dell’Iraq ed Erdogan le riserve di gas e petrolio su cui Ankara ha messo gli occhi per allentare la dipendenza dalla Russia, ma anche l’operazione militare, non a caso partita 3 giorni dopo l’incontro con l’esercito di Ankara che ha lanciato una offensiva aerea e terrestre contro le basi del Pkk nel nord Iraq.

In vista delle elezioni del 2023 Erdogan è deciso a eliminare il Pkk totalmente, dopo averlo respinto al di fuori dei confini del Paese. Altra priorità di Erdogan la normalizzazione delle relazioni con Israele, dopo aver ospitato il 9 marzo scorso ad Ankara il presidente israeliano Isaac Herzog, il dialogo e’ andato avanti e per ben due volte i due si sono sentiti al telefono.

Colloqui preparatori al viaggio del ministro degli Esteri turco nello stato ebraico e alla probabile nomina degli ambasciatori dopo un lungo periodo di rottura delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Tuttavia il colloquio che ha avuto luogo a inizio Ramadan è stato l’occasione per Erdogan per condannare gli atti di violenza a danno dei palestinesi presso la moschea di Al Aqsa a Gerusalemme.

Scene di violenza che hanno innescato un intenso traffico telefonico tra il presidente turco e il Presidente Palestinese Abu Mazen, il re di Giordania Abdullah II oltre che on Herzog e Guterres. Erdogan ha in passato sempre usato toni pesanti e non ha mai mancato di accusare apertamente Israele per l’occupazione in atto. Al contrario stavolta ha scelto la strada della diplomazia, evitato polemiche e privilegiato il riavvicinamento ad Israele, in attesa del momento di riproporre la questione palestinese e il sostegno della Turchia alla soluzione dei due Stati.

Negli ultimi giorni di Ramadan il presidente turco e’ volato in Arabia Saudita, dove ha avuto una importante cena di Ramadan con re Salman e ha incontrato il principe erede al trono Mohammed Bin Salman (MBS). Una visita resa possibile dalla fine della vicenda giudiziaria reativa il giornalista saudita e dissidente Jamal Khashoggi, assassinato e fatto sparire nel consolato saudita di Istanbul nel 2018.

Una vicenda per cui Erdogan non risparmiò accuse dirette ad MBS e che portò alla rottura delle relazioni tra i due Paesi. Non a caso l’ultimo viaggio di Erdogan a Riyad risale al 2017. Erdogan ha parlato di una nuova era nei rapporti politici, militari ed economici e nella cooperazione tra i due Paesi. Una nuova era resa possibile dal trasferimento a Riyad del fascicolo del processo ai 26 funzionari accusati per la morte del giornalista.

Durante la visita in Arabia Saudita Erdogan ha colto l’occasione per compiere la Umrah, il rituale pellegrinaggio alla Mecca da Jeddah, insieme alla folta delegazione di ministri giunta al suo fianco. Ultimo in ordine di tempo, ma non di importanza di tutti gli impegni di Erdogan in questo intensissimo Ramadan.

Source: agi


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