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IL NUMERO E LA MUSICA

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di Gianni De Iuliis

Abbiamo detto che il pitagorismo è una filosofia dualistica, di chiara derivazione peraltro anassimandrea. I pitagorici spiegano il reale sulla base della contrapposizione tra dispari e pari, limitato e illimitato.
Ma gli opposti sono conciliati da un principio di armonia universale, il cui modello è tratto dal mondo musicale, cioè dai perfetti rapporti numerici esistenti tra i suoni degli accordi musicali. Anzi, secondo altre interpretazioni l’archè pitagorico sarebbe l’armonia, determinata dal rapporto tra i numeri e le note musicali.
Proprio il concetto di armonia rappresenta per i pitagorici una chiave d’accesso alla cosmologia. Essa presuppone e comporta un ordine finalisticamente organizzato e numericamente esprimibile. Pertanto le opposizioni sono contemplate e superate in una sintesi superiore, in una conciliazione metafisica. L’universo per i pitagorici è armonico, è kósmos, è ordine.
L’armonia cosmica e metafisica deriva quindi dallo studio della musica, che è melodia (successione di note) e armonia appunto (esecuzione contemporanea di più suoni). Solo se le note sono eseguite secondo un «ordine» abbiamo una forma gradevole di musica. Ovviamente la condizione dell’essere ordine è la sua possibilità di conversione in forma di matematica.
Pitagora (571-570 a.C –490 a.C.) inventò uno strumento musicale, il monocordo, che gli serviva in particolare per perfezionare i suoi studi di teoria musicale. Era composto da una sola corda, tesa tra due ponticelli sopra una cassa armonica; sotto la corda un terzo ponticello intermedio e mobile consentiva di dividere la corda stessa a piacere, dando origine a suoni diversi. Pitagora fu il primo a fondare lo studio della musica su basi matematiche, infatti ogni nota è identificata da un numero, proporzionale alla propria frequenza.
(17. Continua)