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Il museo che conserva i suoni perduti

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Ci sono oggetti che il progresso ha cancellato dal nostro radar. Comodità che, nei secoli passati, l’uomo era solito usare e che le nuove generazioni non hanno mai tenuto in mano. “Cose” strane, ingombranti, abbandonate dentro a teche in musei dedicati perché soppiantate dalla tecnologia più moderna, e che si caratterizzavano per un particolare suono, fautore oggi di nostalgie e ricordi. Dal rumore di una cinepresa che proietta un film in bianco e nero a quello della rotella che veniva girata per comporre un numero di telefono. Suoni che, inaspettatamente, possono anche ritrovare nuova vita come sta accadendo al fruscio della puntina di un giradischi.

CONSERVE THE SOUND – Teaser from CHUNDERKSEN on Vimeo.

Ci sono però invenzioni moderne, come quella di internet, che stanno permettendo di non disperdere questa enorme eredità storica. Testimonianze preziose che possiamo ascoltare, quando vogliamo, grazie a Conserve the Sound, un museo online che prova a catalogare questa moltitudine di suoni e di storie.

Un museo in continuo divenire

Nato in Germania nel 2013, per opera di Jan Derksen e Daniel Chun, il museo non ha mai smesso di essere aggiornato ed è rimasto, come alle sue origini, totalmente gratuito. La sua apertura è avvenuta grazie all’interesse e all’intervento della Film und Medien Stiftung, la fondazione dei media, della Nord Renania Westfalia, una delle zone più industriali e storiche del Paese.

Le sue pagine, come piccole bacheche virtuali, sono molto semplici e minimali. Ogni scheda comprende alcune foto, una breve descrizione, un audio, pulito e facile da ascoltare, che ripropone il suono specifico prodotto dall’oggetto in questione: dalle reflex analogiche alle macchine da scrivere Olivetti, dai Flipper ai Macinacaffé.

Ma se pensate che vi siano conservati solo testimonianze molto antiche vi sbagliate. Chun, ad esempio, ha voluto salvare il rumore dei tasti di un vecchio Ericsson prima ormai quasi dimenticato con l’avvento del sistema touch, o di un walkman, così caro ai nati negli anni ’70 e ’80 prima dell’arrivo del Mp3.

Le interviste

Accanto a questo catalogo c’è un ulteriore sezione dedicata ad alcune video-interviste sul tema della memoria che suoni di questo tipo posso evocare. Si passa da musicisti a bibliotecari, da esperti di comunicazione a direttori di museo. Tutti uniti da questo fil rouge rappresentato dal passato che deve essere tramandato ai posteri. Anche grazie alla rete e al contributo di una comunità sempre più vasta.

Vedi: Il museo che conserva i suoni perduti
Fonte: estero agi


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