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Il Mercato Comune Europeo

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di Lelio Iapadre – Dizionario di Economia e Finanza (2012) fonte@treccani.it

Nella teoria dell’integrazione economica, m. costituito da un insieme di Paesi, in genere appartenenti alla stessa regione, tra i quali si realizza la libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. Si tratta dunque di uno stadio di integrazione più avanzato rispetto alle aree di libero scambio (➔ area di libero scambio) e alle unioni doganali (➔ unione doganale), che assicurano soltanto la liberalizzazione degli scambi di merci. Tuttavia, il m. c. non prevede esplicitamente il coordinamento o la centralizzazione delle politiche macroeconomiche, che caratterizzano stadi di integrazione più profonda, come le unioni economiche.

IL MERCATO COMUNE DEI SERVIZI

Mentre per le merci è possibile conseguire un grado elevato di integrazione dei m. anche con la sola liberalizzazione degli scambi, il settore terziario (➔ terziario) ha caratteristiche diverse. Il fatto che i servizi siano beni intangibili, la cui fornitura richiede spesso la presenza simultanea del produttore e del consumatore nello stesso luogo, limita il ruolo del commercio transfrontaliero. In molte circostanze, la possibilità dei consumatori di recarsi in altri Paesi per acquistare i servizi, o quella dei produttori di accedere direttamente ai m. esteri, come imprese o come persone fisiche, rappresentano una condizione essenziale perché la fornitura internazionale dei servizi abbia luogo. Da questo punto di vista, la libertà di circolazione dei servizi può essere resa effettiva soltanto liberalizzando anche i movimenti di persone e di capitali.

IL MERCATO COMUNE EUROPEO

Il concetto di m. c. è uno dei fondamenti del processo di integrazione europea (➔ anche mercato interno p). Se ne trova conferma già nel Trattato del 1951 che istituiva la CECA (➔ Trattato che istituisce la Comunità Europea del carbone e dell’acciaio), in cui il m. c. viene definito nell’art. 4 tramite l’indicazione di un insieme di barriere con esso incompatibili e quindi da rimuovere. Tale insieme include non soltanto le tariffe e le restrizioni quantitative sugli scambi, ma anche misure e pratiche discriminatorie che interferiscono con la libertà di scelta degli acquirenti, sussidi pubblici e pratiche restrittive tese alla spartizione o allo sfruttamento dei mercati. La nozione di m. c. fu ripresa nell’art. 2 del Trattato di Roma (1957) che istituiva la Comunità Economica Europea (➔ Trattato che istituisce la Comunità Economica Europea), indicando il m. c. come lo strumento essenziale per il raggiungimento dei suoi fini. Nelle versioni consolidate del Trattato sull’Unione Europea e del Trattato che istituisce la Comunità Europea (2006), l’art. 2 stabilisce che: «La Comunità ha il compito di promuovere nell’insieme della Comunità, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri».

Una caratteristica specifica e importante del m. c. europeo, presente fin dall’inizio, è lo stretto coordinamento delle politiche della concorrenza, realizzato tramite la fissazione di principi comuni cui devono conformarsi le autorità nazionali, e l’attribuzione alla Commissione europea (➔ p) di poteri di intervento diretto in questo campo, e in particolare nel prevenire la formazione di concentrazioni di m. troppo forti, nonché nel contrastare le pratiche anticoncorrenziali, gli abusi di posizione dominante (➔) e gli aiuti di Stato (➔ aiuto di Stato). L’idea sottostante è che il corretto funzionamento del m. c. richieda non soltanto l’eliminazione delle barriere di confine e delle regole discriminatorie che limitano gli scambi internazionali, ma anche la rimozione delle distorsioni derivanti dalle pratiche anticoncorrenziali delle imprese o dai sussidi pubblici.