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Il filo rosso che lega il razzismo e la cultura del delitto d’onore

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I tre casi di Saman Abbas, Seid Visin e Nunzia Alleruzzo, giovani vite stroncate tragicamente in modo inaccettabile, portano a riflettere sulle caratteristiche e i limiti di una società multiculturale, nella quale bisogna imparare a conoscere e comprendere tutte le culture, assicurando sempre il rispetto delle leggi e delle nome che vigono nel paese in cui gli immigrati sono ospiti o cittadini acquisiti

di Antonino Gulisano

In questi giorni i giornali riportano tre notizie di omicidio e suicidio in tre diversi luoghi in Italia, dal Nord al Sud.

Nel mese di maggio la notizia del caso della 18enne di Novellara, Saman Abbas, scomparsa nelle scorse settimane, e su cui la Procura sta indagando i due cugini e lo zio. Le pagine di giornale hanno riportato anche l’episodio dello scorso anno, quando Saman Abbas si ribellò alla famiglia che voleva farla sposare attraverso un matrimonio combinato.

Seid Visin è morto suicida, non per un malore; ha scelto di togliersi la vita per il clima di razzismo che respirava in Italia: il 20enne calciatore di origine etiope adottato da bambino da una coppia di Nocera Inferiore (in provincia di Salerno), che aveva militato nelle giovanili del Milan e del Benevento, ha lasciato una lettera per spiegare le ragioni del suo gesto.

Nunzia Alleruzzo: uccisa dal fratello per motivi di “onore”. Il tragico fatto di sangue nel 1995. I carabinieri di Paternò, nel catanese, in seguito ad indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica etnea, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Alessandro Alleruzzo, di 47 anni. Alleruzzo avrebbe ucciso la sorella, figlia del capo di uno storico clan mafioso del Catanese legato a Cosa nostra, perché tradiva il marito con esponenti del suo clan e di uno rivale.

Tre fatti diversi ma con una trama comune, le vite di tre giovani stroncate in modo inaccettabile e drammatico in tempi e anni diversi.

Riflettevo su questi fenomeni delittuosi con un denominatore comune: il delitto d’onore e la cultura del razzismo verso il diverso.

Nel 1981 nell’ordinamento del Codice penale italiano è stato annullato il reato del delitto d’onore, che ancora vigeva e veniva praticato nelle regioni meridionali.

Perché ancora nel XXI secolo permane una cultura del delitto d’onore e il retro pensiero culturale dell’odio per il diverso?

In Italia, a quanto pare, il tema della cittadinanza agli islamici è sentito. Rispetto alla controversa proposta di inserire lo “Ius soli” nel nostro ordinamento desidero credo qualche riflessione vada spesa sui termini Multiculturalismo e Pluralismo.

Non si deve confondere il multiculturalismo che esiste di fatto in alcuni Paesi, e il multiculturalismo come ideologia. Il pluralismo valorizza e pregia la diversità, ma una diversità fondata su cross-cutting cleavages, (scissioni trasversali), su affiliazioni e appartenenze che si incrociano, che sono intersecanti, il che non avviene nel caso dell’ideologia multiculturale.

Un’altra confusione da evitare è tra conflitti religiosi e conflitti etnici. Come all’interno del mondo musulmano.

I rimedi, tutti si chiedono quali siano, eppure sono ovvi. È stato il bombardamento del «politicamente corretto» che ce li ha fatti dimenticare o dichiarare superati. A suo tempo i tedeschi accolsero milioni di turchi come «lavoratori ospiti»; noi avevamo e abbiamo i permessi di soggiorno a lunga scadenza; gli Stati Uniti concedono agli stranieri la residenza permanente.

Sono tutte soluzioni che occorre, migliorare e «umanizzare».

Il termine multiculturalismo, entrato nell’uso comune verso la fine degli anni ottanta, identifica una società in cui più culture, anche molto differenti l’una dall’altra, convivono mantenendo ognuna la propria identità. Pur potendo avere interscambi, conservano quindi le peculiarità del proprio gruppo sociale. Le minoranze in particolare mantengono il loro diritto ad esistere, senza omologarsi o fondersi ad una cultura predominante, diluendo o perdendo quindi la propria identità.

Il multiculturalismo si sviluppa tipicamente secondo una delle due teorie: la teoria del “melting pot” (elementi che si fondono) o la teoria della “ciotola di insalata”.

I fautori del multiculturalismo credono che le persone dovrebbero conservare almeno alcune caratteristiche delle loro culture tradizionali. 

In sociologia, il “melting pot” è un concetto che si riferisce a una società eterogenea che diventa più omogenea con i diversi elementi che si “fondono” in un insieme armonioso con una cultura comune.

Il concetto di melting pot è più comunemente usato per descrivere l’assimilazione degli immigrati negli Stati Uniti, sebbene possa essere utilizzato in qualsiasi contesto in cui una nuova cultura viene a coesistere con un’altra. In tempi recenti, i rifugiati dal Medio Oriente hanno creato melting pot in tutta Europa e nelle Americhe.

Una teoria più liberale del multiculturalismo rispetto al melting pot, la “teoria dell’insalatiera”, descrive una società eterogenea in cui le persone coesistono ma conservano almeno alcune delle caratteristiche uniche della loro cultura tradizionale. Come gli ingredienti di un’insalata, culture diverse vengono riunite, ma invece di fondersi in un’unica cultura omogenea, mantengono i propri sapori distinti.

La teoria dell’insalatiera afferma che non è necessario che le persone rinuncino al proprio patrimonio culturale per essere considerate membri della società dominante. Le società multiculturali sono caratterizzate da persone di razze, etnie e nazionalità diverse che vivono insieme nella stessa comunità. Nelle comunità multiculturali, le persone conservano, tramandano, celebrano e condividono i loro modi di vita, lingue, arte, tradizioni e comportamenti culturali unici. Riconoscendo e imparando a conoscere questi vari gruppi, le comunità creano fiducia, rispetto e comprensione in tutte le culture.

Ma un principio inalienabile della nostra civiltà e comunità occidentale è il rispetto del diritto umano alla vita e il rispetto delle leggi e delle nome che vigono nel paese in cui gli immigrati sono ospiti o cittadini acquisiti.