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Il femminicidio: un prodotto del “narcisismo maligno”

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È una forma estremamente pericolosa di narcisismo che lo psicologo Fromm ha definito ‘la quintessenza del male’, qualificandola come la patologia alla radice della distruzione umana: si trova quindi a metà tra il disturbo narcisistico di personalità e quello antisociale e porta a comportamenti gravi come abuso infantile, violenza domestica, stalking, molestie di varia natura, e nei casi peggiori, omicidio

di Angela Medda

Narciso, colui che si innamorò della suo riflesso mostrato dalla limpidezza dell’acqua, rende l’idea e porge l’origine del suo nome verso un aggettivo che, normalmente, viene utilizzato per indicare qualcuno che si ama a dismisura, quasi in maniera tossica, ovvero il narcisista. D’altronde, il mito del giovane ragazzo finisce in tragedia, concludendosi con la sua morte sopraggiunta per
annegamento, nel tentativo di raggiungere quell’immagine bellissima riflessa in un laghetto. E la sensazione di annegamento è una di quelle che provano le vittime di quelle storie che vengono raccontante continuamente, pressate e chiuse in una spirale di manipolazione, violenze e morte.
Il termine narcisismo, è entrato nel lessico comune per indicare un soggetto talmente pieno di se da risultare arrogante e al di sopra degli altri. Tali caratteristiche possono rientrare nella sfera dei disturbi della personalità quando arrivano a debilitare la quotidianità del soggetto e di chi gli sta attorno, ma non tutti sanno che esiste una forma estremamente pericolosa di questo disturbo, che prende il nome di ‘narcisismo maligno’. Nel 1964, lo psicologo Fromm l’ha descritto come ‘la quintessenza del male’, qualificandola come la patologia alla radice della distruzione umana: si trova quindi a metà tra il disturbo narcisistico di personalità e quello antisociale (volgarmente chiamato sociopatia).
I tratti comuni di questi individui sono la scarsa empatia verso il prossimo, il controllo, la manipolazione e il godimento della sofferenza altrui, per la quale non mostrano il minimo risentimento. Ne consegue che i comportamenti gravi che si verificano comprendono abuso infantile, violenza domestica, stalking, molestie di varia natura, e nei casi peggiori, omicidio.
Tali caratteristiche risultano essere molto comuni in soggetti che commettono il reato di femminicidio: purtroppo in Italia, questa parola, rientra tra quelle più utilizzate nei casi di cronaca nera del paese. Infatti solo nel 2022, dall’inizio dell’anno, si sono registrati più di 50 casi di femminicidio, ai danni di donne la cui vita è stata tolta da un compagno, ex marito, parente o amico. Si tratta del godimento di trionfo sulla vittima, del controllo e della vendetta, della sensazione di sapere di ‘essere più forte’, fino al punto di deumanizzare, eliminando ogni parvenza di dignità umana.
Ed ecco la sensazione di annegamento di cui si è accennato all’inizio, una sensazione che parte pian piano con la manipolazione affettiva della vittima, lusingata da tutte quelle attenzioni, che non sono altro che preludio di violenze prima psicologiche e poi fisiche.
Seguendo sempre lo stesso modus operandi, il narcisista maligno vuole dimostrare il suo valore, vuole renderlo sacro agli occhi di chi individua come ‘più debole’, in modo da averne il pieno controllo.
Si crea quindi un rapporto di co-dipendenza, dove il narcisista maligno ha bisogno della vittima, che al contempo si auto-convince di necessitare di quell’uomo che lentamente la sta allontanando dalla famiglia, dagli amici e da tutti quei rapporti sociali che non comprendano lui e solo lui.
Questo processo fonda le sue radici in una società dove questa forma di manipolazione e controllo erano normalizzate e all’ordine del giorno, prima che si potesse raggiungere l’indipendenza del sesso femminile, o quanto meno una sua parvenza.
Per questo, l’idea di non essere più il centro del mondo di quella persona sembrerebbe troppo dolorosa da accettare, e per porre fine alle proprie sofferenze (sempre più importanti rispetto a quelle degli altri) la strada più sensata è quella di porre fine ad una vita. Una vita che tanto non valeva quanto la propria.