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Il doppio cinquantenario del raid Roma-Tokyo con un aereo da turismo

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Il 15 novembre 1970, a un mese dalla partenza dall’aeroporto di Roma Urbe, atterrava all’aeroporto Haneda di Tokyo il velivolo monomotore da turismo SIAI-Marchetti S-205 pilotato da Mario Panvini Rosati (morto nel 1997 a 62 anni), con il cineoperatore della RAI Giancarlo Zane (oggi 85enne) come compagno di viaggio. La lunga trasvolata – circa 18.000 km – era stata compiuta in 26 tappe e 90 ore di volo complessive, per commemorare l’impresa che cinquant’anni prima, nel 1920, avevano compiuto sullo stesso tragitto, con due piccoli apparecchi in legno e tela, i piloti Arturo Ferrarin e Guido Masiero insieme con i loro motoristi Gino Cappannini e Roberto Maretto.

Per ricordare questa ricorrenza, che – a sua volta – celebrava il primo cinquantenario dell’altra, l’Aero Club d’Italia, AOPA Italia (di cui il comandante Mario Panvini Rosati fu il presidente negli anni ’90) e la Fondazione Italia Giappone hanno commemorato quella che nel 1970, in pieno miracolo economico, si dimostrò come una delle più importanti imprese di aviazione generale del secondo dopoguerra. La trasvolata di mezzo mondo verso Est costituì la dimostrazione di eccellenza dell’industria aeronautica nazionale, che da sempre realizza aeromobili estremamente affidabili per l’aviazione generale e da turismo, in grado – come confermò l’impresa di Mario Panvini Rosati – di raggiungere le stesse mete dei jet dell’aviazione commerciale.

I due protagonisti intesero ripercorrere il “ponte” (auspicato fin dai primi decenni del secolo scorso da Gabriele d’Annunzio, e appunto iniziato con il raid del 1920) tra Roma e Tokyo. Il Comandante Panvini Rosati è stato tra i pochissimi piloti civili ad aver ricevuto una medaglia dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare per il coraggio e gli sforzi affrontati per raggiungere il Giappone con un monomotore leggero a elica.

Grazie anche all’impresa del Comandante Panvini Rosati le affinità e i legami tra i due popoli, benché geograficamente distanti, sono oggi ben saldi e sono stati costantemente sviluppati negli ultimi decenni, in virtù anche del lavoro e dell’attività istituzionale svolta dalla Fondazione Italia Giappone. Lo ha sottolineato il Presidente della Fondazione, l’Ambasciatore Umberto Vattani, ricordando come le celebrazioni centenarie del primo volo Roma-Tokyo oggi coincidano singolarmente con quelle del cinquantenario del secondo raid, che voleva – a sua volta – commemorare il primo. “Queste celebrazioni – ha detto l’Ambasciatore Vattani – fanno parte di un ampio disegno rievocativo, che nel dicembre scorso abbiamo presentato presso il Senato della Repubblica e che poi ha preso le mosse con una grande mostra inaugurata dal Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica all’Aeroporto romano di Centocelle dal quale decollò l’impresa di Ferrarin e Masiero. Attraverso un suggestivo percorso multimediale – pannelli fotografici, contributi video e filmati originali, ricostruzioni virtuali e cimeli storici, testimonianze personali e documentali, la grande mostra allestita dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica, con la collaborazione del Museo e dell’Ufficio Storico dell’Aeronautica Militare, intende rievocare queste straordinarie imprese: testimonianza” ha concluso l’Ambasciatore Vattani “della capacità tecnologica della nostra industria aeronautica che, insieme con l’impegno e con l’ardimento dei piloti italiani, sin dai primi anni del secolo scorso seppe unire – nei cieli del mondo – l’Italia e il Giappone”.

Durante il viaggio del SIAI-Marchetti pilotato dal Comandante Panvini Rosati non mancarono momenti drammatici, soprattutto nel corso delle tratte aeree sull’Indocina, all’epoca teatro della guerra del Vietnam. Memorabile un provvidenziale ponte-radio attivato tra i cieli del mar di Tasmania con un volo di linea Alitalia, un DC-8 pilotato dal Comandante Costantino “Pedro” Petrosellini, ex pilota militare e capo collaudatore dell’Aeronautica Militare italiana. Il Comandane del DC-8 Alitalia riuscì ad entrare in contatto radio con il piccolo velivolo che, per le sue stesse caratteristiche di apparecchio da turismo, non disponeva ancora – in quell’epoca – di radar né di strumentazione adatta ai voli intercontinentali. Gli poté così indicare la rotta da seguire per arrivare allo scalo intermedio di Hong Kong, senza incappare in una tempesta tropicale che si stava avvicinando e che lo avrebbe costretto ad una variazione del piano di volo originario, tale da compromettere – anche per il poco carburante ancora contenuto nei suoi serbatoi – la conclusione della tappa.

La memorabile impresa di mezzo secolo fa fu realizzata con il contributo della SIAI-Marchetti (ora quella azienda è confluita nella Leonardo) e della British Overseas Airways Corporation – ora British Airways – che fornì l’assistenza a terra.

A causa delle limitazioni conseguenti all’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da Covid-19, alcune delle attività commemorative e una prossima pubblicazione sullo storico evento sono rinviate ai prossimi mesi.

Vedi: Il doppio cinquantenario del raid Roma-Tokyo con un aereo da turismo
Fonte: cultura agi


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