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Il 'Diario' di Fang Fang: vita e morte a Wuhan, senza censure

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Nottetempo, casa per casa. È arrivato così, sugli schermi accesi di tablet, smartphone, pc e in una metropoli spenta per 76 giorni, il “diario” quotidiano di Fang Fang. Lei è la scrittrice che ha tenuto compagnia ai residenti “imprigionati” nel lockdown per il coronavirus di Wuhan, da dove ormai tutti nel mondo sanno che tutto è cominciato.

Ha postato a ogni tarda sera sui social cinesi un resoconto oggettivo ma con emozione, fatto di testimonianze raccolte presso parenti, amici, conoscenti, medici e accademici che si sono intessute con la sua esperienza personale. Fang Fang, “la” scrittrice di Wuhan perché unica voce letteraria nazionale della metropoli, ha dovuto sopravvivere, fare la spesa, curare i suoi malanni cronici, gestire sconforti umorali e soprattutto ha cercato di non ammalarsi di coronavirus per non precipitare. Dal limbo della quarantena al baratro del cittadino contagiato.

Singolare la sorte del suo “Wuhan Diary”: è appena uscito per HarperCollins in inglese, uscirà in tedesco (in Italia si accinge a pubblicarlo Rizzoli), ma è stato già letto online a spezzoni da milioni e milioni: impossibile un conguaglio delle visualizzazioni, perché spacchettate tra migliaia di blog e inframmezzate da commenti, critiche, plausi, video amatoriali, immagini, meme, osservazioni degli utenti. Possibile solo dire che per quante copie venderà nella forma libro, saranno sempre meno di quei frammenti che del “Diario” sono stati già fruiti.

Giunge però, la voce di Fang Fang (un sussurro interiore che diventa a volte grido contro i pubblici funzionari incapaci o in malafede, contro un Partito assente ma onnipervasivo), finalmente a chi non legge il cinese per riferire cosa accadde a Wuhan. Non è lo stesso scrivere della pandemia in Cina e in Occidente: nel secondo caso si rischia lo scivolamento nel racconto intimista, nel primo il carcere e/o la disapprovazione di larghe fasce sociali.

Però Fang Fang, nell’introduzione con cui veste il “Diario” in libro, usa parole esplicite: “Abbiamo riposto troppa fede nel nostro governo”; “…avevo persino mandato un messaggio a uno dei miei gruppi WeChat affermando: ‘Il governo non oserebbe mai provare a nascondere qualcosa di così enorme’. Ma in realtà, per come le cose si sono evolute secondo quanto vediamo ora, sappiamo che una parte di colpa per questa catastrofe risiede nell’errore umano”.

L’occultamento della verità, con autorevoli scienziati che negavano la trasmissione interumana del coronavirus; la scarsa preparazione del sistema sanitario locale, con la gente che si trascinava per strada perché rifiutata da ospedali stracolmi e tornando a casa infettava l’intera famiglia; le sanzioni e il bavaglio al medico Li Wenliang, che aveva denunciato la nuova epidemia e poi, riabilitato, si è contagiato ed è morto; la sua fine, che ha acceso la consapevolezza della cittadinanza e migliaia di smartphone con cui i residenti illuminarono una delle tragiche notti di Wuhan. Questi, fra i molti altri, i passaggi toccanti del “Diario” che sono già costati a Fang Fang l’accusa di “offrire munizioni agli Stati Uniti” per attaccare la Cina.

Ma a volte, questa è una, la scrittura è anche testimonianza di cronista e atto dovuto. È per i morti fra cui tanti medici e per i vivi, fra cui medici disonesti per amore (o paura) del Partito: “Dopo avere ponderato le cose, sento davvero che non c’è modo di perdonare certi operatori irresponsabili; dovrebbero tutti pagare un prezzo per la loro incompetenza”.

Per le bugie e le reticenze in Cina, venti giorni di ritardo. Costati duemila vittime e migliaia di malati in più solo a Wuhan, per non parlare di quanto sarebbe accaduto nel resto del mondo. “Ma se piangi e rendi pubbliche le tue lamentele, pretenderanno di dirti che stai seminando panico, stai sabotando la guerra contro il coronavirus, e che sei diventata parte dell”energia negativa’. E la distruzione dell’energia negativa è compito spettante all’energia positiva…” perché è così, con l’insidiosa dizione energetica di ‘fu nengliang’, che il presidente Xi Jinping ha etichettato le critiche pubbliche alla linea del Partito.

Chi compila un diario non intimo ma destinato al pubblico, come Fang Fang, ne è ovviamente consapevole. Però a 65 anni, con una produzione e posizione non qualificabile dissidente quanto indipendente, la scrittrice di Wuhan non l’ha fatto per schierarsi da un lato o dall’altro, sicché rivolge una critica anche alle leadership occidentali: “Prima il negligente atteggiamento della Cina, poi l’arroganza dell’Occidente manifestata con la sua sfiducia nell’esperienza cinese di lotta al coronavirus, hanno contribuito entrambi a un’incalcolabile perdita di vite, a una innumerevole lacerazione di famiglie. L’intera umanità ha accusato un duro colpo”. Non è solo per i morti cinesi, è anche per quelli che dovunque sono stati e sono uccisi dal virus: “Ciò che non avrei mai immaginato – commenta l’autrice al termine del ‘Diario’, quando l’8 aprile la sua città riapre – era che proprio mentre il coronavirus iniziava a indebolirsi a Wuhan, si cominciava a diffondere attraverso l’Europa e gli Stati Uniti. Queste minuscole goccioline di virus invisibili a occhio nudo avevano velocemente messo il mondo in ginocchio”.

Una lezione per tutti: “Non possiamo pensare ancora a lungo di essere noi il centro del mondo né crederci invincibili, né possiamo sottostimare ancora la potenza distruttiva anche delle cose più piccole come un virus”.

Vedi: Il 'Diario' di Fang Fang: vita e morte a Wuhan, senza censure
Fonte: estero agi


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