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Il coronavirus mette in fuga i braccianti stranieri dalle campagne italiane

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Con l’emergenza coronavirus è fuga dei braccianti stranieri dalle campagne italiane. Anche per effetto delle misure cautelative adottate da alcuni paesi europei, dalla Romania alla Polonia fino alla Bulgaria, nei confronti dei loro lavoratori impegnati nelle regioni del nord Italia più direttamente colpite. È l’allarme lanciato dalla Coldiretti nel sottolineare che più di un quarto del Made in Italy a tavola viene ottenuto da mani straniere con 370 mila lavoratori regolari dall’estero impegnati ogni anno in Italia.

La Romania, sottolinea la nota, impone la quarantena ai suoi cittadini provenienti da Lombardia e Veneto dove rappresentano la comunità straniera più numerosa nei campi con oltre centomila lavoratori a livello nazionale ma misure restrittive sono state previste anche dalle autorità sanitarie polacche che raccomandano di adottare l’auto-monitoraggio mentre la Bulgaria chiede a tutti i passeggeri provenienti da tutte le Regioni italiane (sintomatici ed asintomatici) di compilare al rientro un questionario, in presenza di un ispettore sanitario con l’invito ad osservare una quarantena al proprio domicilio nel Paese.

Si tratta di decisioni che stanno provocando le disdette degli impegni di lavoro da parte di molti lavoratori stranieri in Italia che trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo l’analisi della Coldiretti.

La comunità di lavoratori agricoli più presente in Italia è proprio quella rumena con 107.591 occupati, davanti a marocchini con 35.013 e indiani con 34.043, che precedono albanesi (32.264), senegalesi (14.165), polacchi (13.134), tunisini (13.106), bulgari (11.261), macedoni (10.428) e pakistani (10.272) secondo le elaborazioni Coldiretti che ha collaborato al dossier statistico Immigrazione 2019.

Sono molti i ‘distretti agricoli’ del nord, viene spiegato ancora, dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti da latte e caseifici in Lombardia.

“Occorre un intervento sul piano nazionale e comunitario per evitare che vengano poste ingiustificate barriere alla circolazione dei lavoratori e delle merci con decisioni estemporanee delle autorità di Paesi comunitari e non che generano grande insicurezza ma anche danni economici ed occupazionali” ha sostenuto il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’emergenza coronavirus sta purtroppo impattando in modo sostanziale sulle attività delle imprese”. 

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Fonte: cronaca agi


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