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Il contrattacco della Cina nei confronti di Usa e Hong Kong

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La Cina passa al contrattacco con gli Stati Uniti e sulla questione di Hong Kong, a poche ore dall’inizio dei lavori annuali del parlamento, l’Assemblea Nazionale del Popolo, dove si discuterà anche di una legge sulla sicurezza nazionale nell’ex colonia britannica.

Pechino ha minacciato “contromisure” se Washington imporrà sanzioni alla Cina per la gestione dell’epidemia di Covid-19. Le accuse americane sono “assolutamente senza fondamento”, ha dichiarato il portavoce dell’organo che si riunirà a partire da domani fino al 28 maggio prossimo, Zhang Yesui.

“Ci opponiamo fortemente e risponderemo con misure di conseguenza”, ha scandito, difendendo l’operato della Cina, che non intende farsi “infangare”. Il rapporto con gli Stati Uniti, ha proseguito, e’ a un “punto critico” e la Cina “non si tirerà indietro dai problemi” se gli Usa manterranno una mentalità da Guerra Fredda.

Pochi minuti prima della conferenza stampa, l’agenzia Xinhua aveva diffuso l’agenda dei lavori della sessione di lavoro di quest’anno, in formato ridotto e in ritardo di oltre due mesi rispetto al tradizionale appuntamento di inizio marzo a causa dell’epidemia. Nei prossimi giorni l’Assemblea valuterà una bozza di risoluzione che – con ogni probabilità – si tramuterà in una legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong, superando quindi lo scoglio della promulgazione da parte delle istituzioni dell’ex colonia britannica.

La legge sulla sicurezza nazionale è uno dei capitoli più controversi nel rapporto tra Pechino e la Regione Amministrativa Speciale: già in passato una proposta di legge aveva scaturito forte opposizione popolare, costringendo nel 2003 l’allora capo esecutivo Tung Chee-hwa, a ritirarla sull’onda delle proteste.

La legge è “estremamente necessaria” ha tuonato il portavoce del Parlamento cinese. La sicurezza nazionale è “il fondamento che sostiene la stabilita’ del Paese” e, “alla luce delle nuove circostanze”, l’Assemblea Nazionale del Popolo esercita i poteri della Costituzione “per salvaguardare la sicurezza nazionale di Hong Kong sotto il modello ‘un Paese, due sistemi'”, che regola il rapporto con il governo centrale cinese.

La proposta è destinata a far discutere e apre alla possibilità di nuove proteste nell’ex colonia. Pechino, ha commentato l’attivista pro-democratico di Hong Kong Joshua Wong, “sta tentando di zittire le voci critiche di Hong Kong con la forza e la paura”. La mossa annunciata è una “rappresaglia” contro il movimento di protesta che lo scorso anno ha per mesi paralizzato la città sul risentimento verso la proposta, poi ritirata, di emendare la legge sull’estradizione.

La legge mette in secondo piano quella che, fino a oggi, era considerata la novità più attesa dall’Assemblea Nazionale del Popolo di quest’anno: l’approvazione del primo Codice Civile unitario, su cui si lavora dal 2014, e che regolerà i campi della proprietà privata, dei contratti, dei diritti personali, del matrimonio e della famiglia, delle eredità e degli illeciti.

Il nuovo Codice, ha detto Zhang, rappresenta “un’aspirazione da lungo tempo cara al popolo cinese”, con l’auspicio che possa aiutare il governo cinese “a guidare lo sviluppo economico e ad andare incontro alle aspirazioni della gente”. Direttamente ispirato al codice romano e al codice giustizianeo Corpus Iuris Civilis dell’imperatore d’Oriente, il nuovo codice civile è frutto di anni di contatti tra Cina e Italia, guidati dai giuristi della Facoltà di Giurisprudenza de La Sapienza. 

Vedi: Il contrattacco della Cina nei confronti di Usa e Hong Kong
Fonte: estero agi


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