Type to search

Il 30 maggio la scuola italiana si ferma

Share

Sono iniziate le assemblee nei luoghi di lavoro delle sigle sindacali che  aderiscono indetto da CGIL, CISL, UIL, SNSLS e GILDA. I sindacati all’unisono dicono no al decreto del governo che riforma sistemi di reclutamento e formazione e minacciano il blocco degli scrutini

di Anna La Mattina

I sindacati scuola di CGIL, CISL, UIL, SNSLS e GILDA dicono no, all’unisono, al decreto varato dal governo Draghi che riforma sistemi di reclutamento e formazione ed hanno proclamato lo sciopero nazionale di tutto il personale scolastico per il 30 maggio, minacciando in prospettiva anche il blocco degli scrutini.

Ma il Ministro Bianchi non ci sta: “Rispetto le decisioni sindacali. Voglio ribadire però che questo governo ha sempre investito sulla scuola fin dal suo insediamento e sta continuando a farlo (…) Il nuovo decreto, che fa parte del disegno riformatore previsto nel Pnrr, delinea regole chiare per chi vuole entrare nella scuola, compresi i precari, e un preciso percorso formativo per accedere all’insegnamento e durante tutta la vita lavorativa. Il decreto non compie tagli di spesa e, come già annunciato insieme al ministro Franco, è intenzione del governo continuare a investire nel settore”, conclude il ministro.

Tutto sembra “filare” per il suo verso… ma allora perché le più importanti sigle sindacali non ci stanno? Cerchiamo di capire cosa chiedono i rappresentanti dei lavoratori.

Secondo FLC CGIL, che ribadisce la propria ferma contrarietà a questo decreto, il quale smentisce totalmente gli accordi sottoscritti con il Patto per la Scuola al centro del Paese, il decreto conferma la subalternità del Ministero dell’Istruzione al Ministero dell’Economia, nonché alla Presidenza del Consiglio.  Il decreto inoltre dismette di fatto il Contratto Collettivo Nazionale di lavoro su una materia fondamentale, facendo un passo indietro di 30 anni nella gestione dei rapporti di lavoro nel pubblico impiego; prevede un meccanismo per l’acquisizione dell’abilitazione poco qualificato, ignora le tutele necessarie per i precari che, in numero sempre più elevato, garantiscono l’ordinario funzionamento delle scuole.

Con questo decreto si disegna un sistema di reclutamento pensato come una corsa ad ostacoli con una serie interminabile e ripetitiva di prove e test, incoraggia una tipologia di formazione in cui la collegialità viene esautorata e marginalizzata e si introduce l’ennesima struttura burocratica denominata “Scuola di Alta Formazione”. Si aumenta l’orario di lavoro con costo a carico dei fondi di istituto e si introduce la valutazione individuale sui percorsi di formazione

Il provvedimento governativo prevede incentivi una tantum individuali e selettivi, non per tutti, reperendo le poche risorse dall’ennesimo taglio degli organici e utilizzando progressivamente i soldi della card docente!

Si confermano per l’ennesima volta le politiche di disinvestimento degli ultimi decenni, con l’ulteriore riduzione degli organici e la scarsa considerazione sociale ed economica di chi opera quotidianamente nel sistema di istruzione, con poche risorse aggiuntive per il rinnovo del CCNL e il pesante attacco alla contrattazione operato con il DL 36/22.

Ci sono tutte le ragioni per condividere la scelta di indire unitariamente per il 30 maggio lo sciopero generale della scuola.

Di tutto già dal 16 maggio si discute con i lavoratori della scuola. Mi sembrano temi da non sottovalutare. La scuola è da tempo sotto attacco di politiche scellerate che, nel tentativo di alzare gli standard formativi (almeno così vogliono far credere), in realtà privano il sistema dell’istruzione, termometro della volontà e della capacità di crescita di una nazione, delle sue peculiarità: alto standard di istruzione e formazione, che si realizza sostanzialmente con la valorizzazione delle risorse umane e finanziarie, fuori dalla logica della competizione: un cancro che si propaga da quando è nata la cosiddetta Autonomia scolastica, salutata con entusiasmo da tutte le parti politiche del tempo, sindacati compresi.

Nessuno di loro ravvisò il pericolo della trasformazione della Pubblica Istruzione in una realtà gestita come “azienda privata”, con tanto di dirigenti super pagati, con bonus a pioggia, in virtù di progetti su progetti, PON, FSE e quant’altro. Il tutto poggiato su un sistema che prevede un fare scuola basato su orari tradizionalmente concepiti e senza strutture di supporto, come mense e mezzi di trasporto.

Il governo neo-liberista ci ha preso gusto: si continua a girare la vite sugli insegnanti, per vedere quanto i docenti e gli studenti (vere vittime di questo scellerato sistema) siano disposti a subire. Pertanto sarebbe opportuno che, parallelamente agli insegnanti e ai lavoratori della scuola, anche gli studenti cominciassero a discutere sul tipo di scuola che vorrebbero e di cui hanno bisogno, per il loro domani, in vista della possibilità del blocco degli scrutini. L’unione fa la forza!

A questo punto come pensano i sindacati di impostare la reazione? Sarà il solito rito, come da copione, oppure si vorrà davvero cominciare un percorso diverso, autentico che possa portare ad uno “scontro” proficuo, per aprire un vero tavolo di contrattazione, con concrete possibilità di successo?

Si vedrà nei prossimi giorni. Noi lo auspichiamo, ma di questi tempi, in cui la democrazia parlamentare è ridotta ai minimi termini, la partita si presenta piuttosto difficile, ma non impossibile. Volere è già potere.